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Ultimo debutto operistico del 99° Opera Festival

La Turandot delle stelle: il ritorno della Netrebko con la principessa di gelo

L'acclamato soprano sul palco assieme al marito Yusif Eyvazov, nel cast anche Leva e Furlanetto
In Arena Anna Netrebko con il marito Yusif Eyvazov
In Arena Anna Netrebko con il marito Yusif Eyvazov
In Arena Anna Netrebko con il marito Yusif Eyvazov
In Arena Anna Netrebko con il marito Yusif Eyvazov

All'Arena di Verona va in scena la Turandot di Giacomo Puccini, ultima inaugurazione del Festival lirico 2022. Sono trascorsi quasi cent'anni da quando nel 1924 il maestro lucchese intonava l'ultima composizione teatrale lasciata incompiuta per il sopravvento del male incurabile che lo sopraffece a metà del terzo atto, alla morte di Liù, il personaggio femminile positivo della novella, due battute dopo il verso «Dormi, oblia, Liù, poesia!», ultima pagina di musica completata dall'autore. Un cast delle stelle per l’opera in programma questa sera alle 21, con Anna Netrebko sul palco insieme al marito Yusif Eyvazov, Maria Teresa Leva, all’esordio areniano, e Ferruccio Furlanetto. Liù è la donna vista come simbolo di purezza, che si prende cura del vecchio Timur facendo dono di sé, del suo tempo e della sua vita; fino all'eroismo dell'estremo sacrificio per non rivelare il nome di Calaf, il principe che al termine canta «Nessun dorma», la romanza che tutti straziano sotto la doccia « Ma il mio mistero è chiuso in me, il nome mio nessun saprà!».

L’angelo del focolare Il tema della donna era un tema comune nell'arte e nella letteratura di fine secolo, in questa accezione del personaggio di Liù, angelo del focolare, oppure del suo opposto. Turandot è irresistibile e fatale, come Medusa e Salomè, Calaf, quando essa si presenta in scena per ordinare di decapitare il principe di Persia che non ha risolto i suoi tre enigmi, è preso da un'incontenibile passione e decide di affrontare anch'egli la sfida. Le donne sono i soggetti prediletti dell’Art Nouveau, protagoniste dell'immaginario comune, come l'attrice teatrale e cinematografica francese Sarah Bernhardt che ne diviene l'icona e per la prima volta nel corso della storia utilizza la sua immagine per far pubblicità a cosmetici, articoli di moda, cibi, come i biscotti Lefèvre-Utile. Ma il personaggio di Turandot non è frutto del mondo novecentesco parigino e internazionale ma tutto veneziano, uscito dalla penna di Carlo Gozzi nel 1762. Fiaba scritta nell'epoca in cui fu imperatrice Maria Teresa d'Austria, in pieno fermento delle idee dell'illuminismo radicale, quelle per cui sotto il paravento del mondo immaginario del racconto si poteva concepire che era possibile cambiare il mondo e come Semiramide e Turandot, per una donna governare assoggettando tutti gli uomini. Furono poi due veronesi Renato Simoni e Giuseppe Adami, entrambi attivi nel mondo giornalistico milanese, a scrivere il libretto di Turandot per Puccini.

I sogni Nel frattempo nella cultura europea si erano affacciate le teorie dell'inconscio e dell'interpretazione dei sogni di Freud che costituivano nuovi temi da esplorare e una nuova attenzione al mondo interiore; Verklärte Nacht di Schoenberg, poema sinfonico decadente sul rapporto fra uomo e donna, è di oltre vent'anni prima. Il punto conclusivo per Puccini fu l'ultimo coro funebre dedicato alla morte di Liù benché il compositore portò con sé nella clinica di Bruxelles dove morì 23 fogli su cui sono sparsi i suoi ultimi schizzi creativi. Quando il figlio Antonio, con Arturo Toscanini, decisero di affidare la conclusione al napoletano Franco Alfano, Direttore del Conservatorio di Torino, questi considerò quegli appunti liberamente e non fu attento a rispettare la sintonia con il resto della partitura d'orchestra, per cui gli fu richiesto di realizzare una seconda versione. Una diversa versione del finale, realizzata studiando gli abbozzi pucciniani è stata realizzata da Janet Maguire.

Il finale Nel 2001 un nuovo finale fu commissionato a Luciano Berio e oggi ufficialmente riconosciuto dalla Ricordi. Nel momento del bacio, punto culminante dell'opera in cui avviene la trasformazione di Turandot da principessa spietata a donna innamorata dopo le prime 56 battute il resto è esteso, tuttavia appena abbozzato. Alfano lo ridusse in 16 battute, ridotte ancora nella versione definitiva a un solo accordo seguito da pochi colpi di timpano. Berio nella sua versione della conclusione ne ha realizzato un esteso episodio sinfonico ma rimane aperto il problema d'uno schizzo precedente in cui Puccini impiega per la conclusione lo stesso materiale tematico che Turandot aveva cantato sulle parole «No, mai nessun m'avrà! Dell'ava lo strazio non si rinnoverà», uguale musica per la trasformazione radicale di Turandot, quasi il manifesto della contraddizione che c'è in ciascuno di noi.  

Elena Biggi Parodi

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