<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

«La Lezione» di Marco Franzoso alla Feltrinelli: l'autore si cimenta in un thriller e incontra i lettori

Marco Franzoso e il suo nuovo libro
Marco Franzoso e il suo nuovo libro
Marco Franzoso e il suo nuovo libro
Marco Franzoso e il suo nuovo libro

Un thriller che costringe ad andare sempre oltre, pagina dopo pagina. In cui è così facile mettersi nei panni della protagonista da non saperne uscire, fino alla fine del libro. Forse perché a tutti noi è successo di sentirsi ingabbiati da certi compromessi, e desiderare fortemente una fuga dal ruolo che gli altri, spesso, ci vorrebbero riservare nostro malgrado.
 
Con La lezione (Mondadori, 2022) Marco Franzoso racconta la discesa agli inferi di una donna come tante. E obbliga i suoi lettori a porsi molte domande, a volte scomode.
 
Incontrerà il pubblico oggi alle 18 alla libreria La Feltrinelli di Via Quattro Spade.
 
Lei è già una penna nota e molto amata, autore di libri come Le parole lo sanno, Gli invincibili, Il bambino indaco. Ma questa volta presenta ai lettori un lavoro completamente diverso.
Volevo confrontarmi con il thriller, un genere che ho riscoperto durante la pandemia. Ho letto molti autori nordici e mi è venuta la voglia di scrivere il thriller che avrei voluto leggere io. Da una parte ho lavorato sulla godibilità della scrittura. Dall’altra ho affrontato un tema che mi sta particolarmente a cuore e che ho già affrontato in altre opere, la questione della violenza contro le donne, dando la voce a una figura femminile che è anche la voce narrante.
 
In che modo la coinvolge il tema della violenza di genere?
La prepotenza, l’idea che si usi violenza contro chi è più debole mi tocca, mi infastidisce, mi coinvolge profondamente. Esistono diversi gradi di violenza, dalla più eclatante a quella più subdola, fatta di risolini, di piccoli soprusi quotidiani. Ho provato a immedesimarmi in una donna per vedere cosa significhi tutto questo.
 
Parlando di femminile, inevitabilmente emerge anche la sua opinione sul ruolo del maschile.
Credo che fino a oggi si sia affrontato il tema osservandone sempre le conseguenze e prendendo sotto gamba, invece, le cause. Siamo di fronte a un problema culturale, un atteggiamento che affonda le sue radici nella storia e ha alla sua origine la gestione del potere. È necessario un lavoro di rieducazione dell’uomo, di riflessione sui diritti che lui ritiene siano acquisiti e naturali. Penso che il lavoro di noi artisti in questo senso sia davvero essenziale. Allo stesso tempo, comunque, sono convinto che certi cambiamenti debbano passare anche attraverso le donne. Ho osservato spesso come, nel momento in cui una donna acquisisce una posizione di potere, il suo atteggiamento cambi e diventi quasi maschile. Serve un punto di incontro: le donne non dovrebbero barricarsi in certe posizioni, gli uomini non dovrebbero pensare che mettersi in discussione comprometta la loro mascolinità.
 
Tornando al suo romanzo, la protagonista si ritrova ad affrontare all’improvviso un evento inaspettato. Ci sono stati dei momenti di svolta epocale anche nella sua vita?
Certo, alcuni eventi costringono a ridisegnare i propri valori e se necessario a rivoluzionare la propria esistenza. È incredibile ma a volte dei fatti eclatanti sono talmente vicini ai nostri occhi che non li vediamo. O forse non vogliamo vederli. Poi si prende atto di quanto avvenuto e si riparte, con percorsi di cambiamento che possono durare anche anni, e alla fine ti portano a non essere più disposto ad accettare certi compromessi. Un tema, quello dei compromessi, affrontato nel libro, insieme a quello della libertà.
 
E lei lo ha scritto proprio durante il lockdown.
A guardarla bene, questa storia è anche una metafora del lockdown. Abbiamo vissuto un disastro, eppure ci è stata data l’opportunità di capire, di costringerci a fermarci. I lutti vissuti ci hanno fatto comprendere cosa ha veramente valore per noi, e cosa non lo ha. Abbiamo vissuto per anni con il costante bisogno di conformarci, di essere sempre sul pezzo, di sorridere, e alla fine siamo diventati un po’ sordi nei confronti di noi stessi. Forse il lockdown ci ha portati a prendere atto che tutto quello che abbiamo è un regalo. O almeno, dovrebbe essere così. Nel mio caso, avevo voglia di raccontare di una donna che a un certo punto, per una serie di ragioni, è costretta suo malgrado a fermarsi, a rivedere le sue relazioni, a dirsi: mi trovo dentro una vita che non è la mia, una vita che ho scelto per assecondare gli altri. Ma se si vive per gli altri, quando si pensa realmente ai propri bisogni? Allora, se il mondo ti porta alla deriva, arriva il momento di prendere in mano il timone e tornare verso riva.
 
Il lettore attento è attratto però anche da un altro aspetto, oltre alla storia: una profonda attenzione verso la lingua.
Mi fa piacere, perché volevo arrivare a un thriller scritto bene, come si deve. Abbiamo in mano uno strumento pazzesco, le parole, così come il pittore ha in mano la tavolozza con tutti i colori. E le parole devono essere rispettate. Avevo in testa da moltissimi anni questa storia e ho affinato nel tempo il personaggio di lei e di lui. Ma di fatto ho scritto tutto in meno di un mese. Poi, però, per più di un anno ci ho rimesso mano, con continue riscritture. Volevo che ogni parola fosse collocata all’interno di una sintassi ben precisa. È stato un lavoro di pulizia sfiancante ma necessario. Il ritmo, la lingua, la velocità sono al servizio del lettore, e sono gli elementi che consentono di visualizzare la parola scritta.

Silvia Allegri

Suggerimenti