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L'incontro in Società Letteraria

«L'attualità del male», il libro che parla della tratta degli esseri umani

L'incontro in Società Letteraria
Rifugiati in coda
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Non si può restare indifferenti: al libro, alla verità processuale, ma soprattutto a «L’attualità del male», sintesi efficace in un titolo di che cosa rappresentino oggi il nostro paese, l’Europa e la tragedia dell’immigrazione. Mentre abbiamo governanti che si vantano di chiudere i porti e rendere sicure le case, riducendo drasticamente gli sbarchi di profughi, le Corti d’assise italiane riconoscono le atrocità che accadono nei lager in Libia come verità processuale: donne seviziate e spesso gravide per gli stupri, uomini e bambini prigionieri di luoghi e pratiche atroci, sequestrati e rinchiusi, ricattati, torturati oltre il concepibile, fino alla morte.

La sistematica tratta degli esseri umani è diventata in Libia attività imprenditoriale e un’Europa indegna dei propri valori firma accordi con governi fantoccio e finanzia milizie purché i migranti vengano trattenuti altrove, ripetendo un dramma vissuto dentro i propri confini solo ottant’anni fa. «L’attualità del male», scritto a più mani da un gruppo di avvocati di Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) coordinati da Maurizio Veglio e che unisce le competenze psicanalitiche e di etnoclinico di Fabrice Olivier Dubosc, ha la prefazione dell’inviato de La Stampa Domenico Quirico ed è pubblicato dalla piccole e coraggiose torinesi Edizioni Seb27 (136 pagine, 16 euro).

Sarà presentato oggi alle 18 alla Società Letteraria (piazzetta Scalette Rubiani 1), presenti il magistrato a riposo Antonino Condorelli e Alessandra Cordiano, professore associato di Diritto privato a Verona, con gli autori Alberto Pasquero, Maurizio Veglio e Piergiorgio Weiss, moderati dal giornalista Raffaello Zordan, in un incontro patrocinato da Asgi, Dipartimento di Scienze giuridiche dell’università scaligera, Cestim (Centro studi immigrazione) e Cait (Camera degli avvocati immigrazionisti del Triveneto). Partendo da una significativa sentenza emessa dalla Corte d’assise di Milano contro un cittadino somalo identificato dalle sue vittime come uno degli aguzzini del campo di Bani Walid, il libro denuncia l’orrore che si sta perpetrando nei centri di prigionia per migranti in Libia e il cinismo delle politiche europee in materia di immigrazione. Anche grazie a sentenze come quella esaminata, nessuno potrà più dire di non sapere. «È il momento di scuotersi, bisogna scuotersi» è l’incipit di Quirico, che denuncia la capacità di rassegnazione dell'Occidente, che si trasforma in compiaciuta complicità, dal momento che «la compassione non è più un dolore», in quella che definisce «la seconda morte dell’Occidente dopo l’apocalisse dei totalitarismi». In Libia si è imposta un’economia fondata sulla schiavitù e questo accade alla luce del sole e con la compiacente soddisfazione di politici europei che credono di aver risolto così un problema “di altri”. Sono racconti allucinanti quelli descritti dai sommersi e dai salvati: ragazze invitate dagli stessi intermediari sudanesi a ricorrere a iniezioni contraccettive di progesterone, efficaci fino a tre mesi, per superare gli stupri senza gravidanze o altre che si tagliano nelle parti intime durante il viaggio per simulare il ciclo mestruale ed essere risparmiate. L’85 per cento dei migranti sbarcati in Italia tra il 2014 e il 2017 ha subito torture in Libia e chi dovrebbe vigilare sulla loro integrità, come la guardia costiera, addestrata in Italia e attrezzata di mezzi forniti dal nostro governo deviando i soldi destinati alla cooperazione, è invece trafficante stesso di quel traffico che dovrebbe bloccare, chiamato a fare quel lavoro sporco che gli europei non farebbero mai alla luce del sole.

Il libro analizza una sentenza esemplare e fornisce le basi giuridiche sulla scorta della giurisprudenza per dire che la Libia non è un porto sicuro e rimandarvi i migranti è una grave e consapevole violazione dei diritti umani, ma il cinismo con cui sono gestite verità come le morti in mare e le torture, resterà per sempre una macchia indelebile sul continente che si vanta di essere la culla del diritto e come ricordava Primo Levi, ciò che è accaduto può ancora ripetersi.

Vittorio Zambaldo

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