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STAGIONE SINFONICA

Barocco, Cadario dirige l’orchestra areniana in Bach e Stravinsky

Stasera, 5 maggio, alle 20 e domani alle 17 al Filarmonico l’ottavo concerto, con un programma che unisce Settecento e Novecento
Stagione sinfonica   Il maestro Alessandro Cadario, direttore ospite principale dei Pomeriggi Musicali
Stagione sinfonica Il maestro Alessandro Cadario, direttore ospite principale dei Pomeriggi Musicali
Stagione sinfonica   Il maestro Alessandro Cadario, direttore ospite principale dei Pomeriggi Musicali
Stagione sinfonica Il maestro Alessandro Cadario, direttore ospite principale dei Pomeriggi Musicali

Dopo il debutto veronese con la prima esecuzione della rara Missa di Cimarosa nel 2019, torna al Filarmonico Alessandro Cadario, maestro particolarmente versatile nel repertorio lirico, sinfonico e corale.

Nato a Varese, milanese d’adozione, richiesto nelle maggiori istituzioni italiane e all’estero, è direttore ospite principale della storica istituzione dei Pomeriggi Musicali. Per il suo nuovo incontro con l’Orchestra di Fondazione Arena, stasera alle 20 e domani alle 17, impagina un programma che unisce Settecento e Novecento nel segno del Barocco, come è inteso oggi dal grande pubblico.

Massimo esponente (ma poco rappresentato a Verona) ne è Johann Sebastian Bach, qui colto nel massimo fulgore della sua creazione “profana” per orchestra, sperimentata tra la fine del 1717 e il 1723, periodo in cui fu Kapellmeister al servizio del principe di Anhalt-Cothen. Famosissima è la Suite n. 3 (o anche Ouverture), composta da sei brani che sono altrettante danze in stile francese: fenomenale sospensione del tempo è la celeberrima Aria (erroneamente ma popolarmente definita “sulla quarta corda”) al centro della Suite.

Segue il coevo Concerto brandeburghese n. 3: con gli altri cinque concerti della stessa serie fu dedicato al margravio di Brandeburgo ma probabilmente mai eseguito. Entrambe le composizioni devono la loro rinascita ad un altro compositore più volte presente nella programmazione sinfonica 2023 di Fondazione Arena: Felix Mendelssohn-Bartholdy, che come direttore del Gewandhaus di Lipsia lanciò il Bach-revival in epoca romantica.

Di tutti i compositori del Novecento storico, forse il più rivolto al passato è stato il russo (naturalizzato francese e americano) Igor Stravinsky: spesso etichettato come neoclassico, in realtà esplorò come pochi le forme di oltre tre secoli di musica precedente per riproporle a modo proprio. La stessa mano partorì tanto la lussureggiante orchestra tardoromantica rimsikjana, quanto la barbarica rivoluzione ritmica e timbrica del Sacre du printemps, sperimentazioni dodecafoniche, austere atmosfere sacre e molto altro ancora, in una curiosità linguistica incessante.

Al 1936 risale il Concerto in mi bemolle “Dumbarton Oaks” (località in cui risiedevano i committenti) per orchestra da camera. Un esperimento stimolante e riuscito, grazie alla conoscenza del barocco italiano, che Stravinsky aveva studiato e sperimentato già dal provocatorio Pulcinella composto nel 1920 per i Ballets russes di Diaghilev. L’autore stupì tutti con questa suite di frammenti di Domenico Scarlatti (1685-1757) “oggettivizzati” e rielaborati con gusto nuovo per orchestra da camera e tre voci (a completare la prima concorrevano scene di Picasso e coreografie di Massine). Dal balletto Stravinsky trasse una suite strumentale, eseguita a coronamento di un ponte fra due epoche. 

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