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Soldini, il realista: «Ma il prossimo film sarà un noir»

SILVIO SOLDINI

Silvio Soldini
Silvio Soldini
Silvio Soldini
Silvio Soldini

Verona.  «Quando faccio film io sono alla ricerca della verità. Non vado certo a mettere un impiegato, che fatica ad arrivare a fine mese, in un appartamento di duecento metri quadri. Le fiction di questo se ne fregano, anzi: l'importante è che la casa sia bella, perché la gente che le guarda non cerca la realtà, cerca rassicurazioni».
Silvio Soldini, regista vincitore del David di Donatello e del Nastro d'Argento, autore di film di successo come Pane e tulipani e Giorni e nuvole, ha presentato a Schermi d'Amore il suo ultimo lavoro Cosa voglio di più, con Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher e Giuseppe Battiston. Lo fa entrando subito nel vivo di quelle motivazioni, artistiche e ideologiche, che lo hanno portato ad ambientare la pellicola lontano dal benessere (a cui il recente cinema italiano ci ha assuefatti) e proiettandosi nella periferia milanese. Lì la crisi colpisce duro e le famiglie non possono neanche aggrapparsi all'idea della ricchezza che fu, come la coppia borghese di Giorni e nuvole.

Lei guarda con simpatia a personaggi riccamente motivati, mai cattivi, a partire da quello interpretato da Battiston.
Scrivendo il personaggio di Alessio ho pensato quasi subito a Giuseppe e in quel momento ha acquisito la simpatia congenita dell'attore. Ci abbiamo lavorato comunque molto, cercando di capire quanto quest'uomo tradito dalla compagna si renda conto di ciò che sta succedendo e quanto voglia convincersi che tutto va bene. Fin dall'inizio le idee su come dovevano essere i personaggi erano molto chiare: non si può raccontare una storia così tracciando confini tra buoni e cattivi. Quello che ci interessava è proprio il contrario: arrivare a comprendere senza giudicare.

Nel film si parla spesso di crisi. Pensa che questo momento storico lascerà cicatrici o sarà metabolizzato, dimenticato?
Anni fa era scontato che i figli avrebbero trovato un posto migliore e guadagnato più dei genitori. Ora è cambiato. Lo sguardo verso il futuro è mutato, perché il domani appare più insidioso. Ma conoscendo un po' gli italiani non credo che la crisi lascerà cicatrici.

Dal film esce un'immagine della coppia assai poco rassicurante, artificio narrativo o scelta più personale?
Secondo la mia esperienza personale e di spettatore delle coppie che vedo attorno a me, è un momento difficile. Gli uomini e le donne sono molto diversi tra loro, checché se ne dica ed è difficile riuscire a capire e ad ammettere cosa succede dentro ognuno di noi col passare del tempo. Avere una relazione a lungo termine, mettere su famiglia: sono veri e propri lavori, perché a volte ci si stacca lentamente, senza accorgersene. Bisogna stare attenti.

Lei fino a oggi ha girato commedie e drammi, vorrebbe esplosare qualche altro genere?
Mi piacerebbe provare a fare un noir. Mi sentirei abbastanza portato per quel tipo di esperienza. O anche una commedia musicale, magari dai toni surreali.

Lei ha vissuto e studiato per due anni a New York. Abbiamo qualcosa da imparare dal cinema americano?
Degli States importerei il metodo di apprendimento. La scuola che feci era molto pratica, le cose s'imparavano facendo. A Milano abbiamo messo in piedi il "Corso Officine", basato proprio sull'idea di arrivare alla teoria dalla pratica.

Adamo Dagradi

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