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Sgarzarie, la Zai degli Scaligeri

LAVORI ANTICHI. Nel Medioevo la lavorazione della lana era la principale attività dei veronesi


Fu Alberto I della Scala a dare impulso all’economia e alle corporazioni dei mercanti cittadini
Corte Sgarzarie
Corte Sgarzarie
Corte Sgarzarie
Corte Sgarzarie

A pochi passi da piazza Erbe, in corso Porta Borsari, c'è un altro importante luogo della storia di Verona quasi del tutto dimenticato, se non addirittura ignorato: corte Sgarzarie.
Una lapide sopra l'arco romanico sotto cui si passa per entrare nella corte ricorda che «Qui furono i lanifici ond'ebbe tanto lustro e potenza il Veronese Comune dal secolo terzo al quattordicesimo dell'era volgare».
Una grande Loggia, al centro, riempie tutta la corte: era un edificio scaligero, per il mercato delle lane. E' una lunga tettoia a due piani, sostenuta da colonne di marmo rosso, aperta sotto, chiusa e divisa in stanze, nella parte alta.
Nell'età degli Scaligeri, le Sgarzarie furono quello che, nel nostro tempo, è la Zai, la zona principale dell'economia cittadina. Nel medioevo, infatti, la lavorazione della lana era l'attività principale dei veronesi, attestata in un documento addirittura del 923 del vescovo Raterio e la stessa Casa dei Mercanti, nel 1210, nacque come Casa dell'Arte della lana, la più importante fra le Arti cittadine. I panni veronesi erano rinomati fino a tutto il Trecento a livello europeo.
Per raccontare la storia di corte Sgarzarie, si deve ricordare Alberto I della Scala (1277-1301), di fatto il fondatore della Signoria. Dopo l'uccisione del fratello Mastino, si fece eleggere, in sua sostituzione, capitano del popolo a vita, con la possibilità di modificare o promulgare disposizioni con valore di leggi.
A lui si deve l'impulso all'attività delle corporazioni maggiori, con misure legislative ed anche edilizie.
Finanziò la costruzione della Casa dei Mercanti e, nel 1299, restaurò gli edifici dell'area circoscritta tra corso Porta Borsari, in vicolo Monte, via Emilei e via Fama, dove concentrò le botteghe dei garzatori, i lavoranti della lana: erano nate le Sgarzarie, la zona artigianale e commerciale della lana, motore economico della città. Da come si può dedurre, però, un piccolo rione, non una semplice corte come è oggi.
Pare che vi fossero 14 «staci», botteghe-laboratori, ognuna con una propria insegna, dove vi lavorava una sessantina di artigiani. Ma quali erano i principali momenti di questa lavorazione? Si incominciava con il purgo, cioè con il lavaggio e la pulizia della lana, svolti sull'Adige, nella zona dell'odierno ponte della Vittoria; dove vi è il Capitello dell'agnello, simbolo della Corporazione, poi il vello veniva filato, tessuto e avviato alle follerie, che erano a Veronetta, in fondo al canale del ramo minore dell'Adige.
Qui i panni, imbevuti in una soluzione saponosa e pigiati in file, venivano sottoposti ai colpi di maglio della gualchiera, una macchina azionata dall'acqua che li rendeva sodi e li infeltriva.
La lavorazione si concludeva negli opifici delle Sgarzarie: si grattava il pelo col garzo (un cardo selvatico con squame uncinate) e si cimava l'eccedenza con le forbici.
Il toponimo Sgarzarie, uno dei pochi che provengono dal dialetto veronese, dunque fa riferimento al complesso delle scardasserie o carderie, luoghi dove si compivano le operazioni indispensabili per la trasformazione della lana nelle varie gamme dei tessuti.
In questa area fu costruito anche il fondaco delle balle (il magazzino dove venivano depositati i tessuti), le stanze per i cimatori e la Loggia, l'unica struttura rimasta. Qui i lavoranti avevano la possibilità di misurare, pesare e timbrare le pezze al momento di mercanteggiarle. Gli storici sostengono, però, che questo edificio non fu costruito nel 1299, ai tempi di Alberto, ma più tardi: è probabile risalga al periodo di Mastino II (1329-1351), quando un terzo dei veronesi produceva stoffe pregiate e l'industria laniera raggiunse a Verona un eccezionale livello di produzione, come attestano varie iniziative prese per organizzare meglio l'intera manifattura.
Probabilmente la Loggia (più volte in seguito rimaneggiata) fece parte del complesso chiamato «Fondaco del segnoro», sorto attorno alla corte, dove non c'erano solo i laboratori dei garzatori, ma venivano svolte tutte le funzioni amministrative e di controllo della qualità dei panni, che dovevano essere conformi alle norme previste dagli Statuti dell'Arte della lana.
Infine, un'annotazione curiosa. Già nella prima metà del Duecento, l'attività degli artigiani lanieri veronesi superò i confini locali: un centinaio di loro venne ingaggiato e finanziato con la cospicua somma di 9.000 libbre di denari dal Comune di Bologna per costruire opifici in grado di produrre panni fini secondo la tecnica di Verona.
Dunque, la Loggia delle Sgarzarie testimonia un'attività di «made in Verona» di sette secoli fa. L'edificio è stato recentemente restaurato e nei locali al piano superiore hanno trovato sede alcune associazioni. D'estate, sotto la loggia, i tavolini dei vicini bar.
Non è più questo il cuore economico della città, come nel Medioevo, ma resta un ambiente assai curioso. E.CERP.

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