<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Saviano alla Gran Guardia: «Ora spera anche il Sud»

PENNA ANTIMAFIA. Rigorose le misure di sicurezza nell'auditorium. Roberto Saviano «presentato» da padre Zanotelli
Roberto Saviano durante la sua narrazione su Castelvolturno
Roberto Saviano durante la sua narrazione su Castelvolturno
Roberto Saviano durante la sua narrazione su Castelvolturno
Roberto Saviano durante la sua narrazione su Castelvolturno

Verona. «Mi piace dei comboniani il loro senso di cittadinanza che non si basa sulla nascita o sul sangue ma sull'amore per la terra in cui vivono, è il loro sogno di rendere città di tutti quella che era la città di nessuno, di trasformare in bellezza il deserto con azioni concrete». Roberto Saviano, circondato dai suoi «angeli custodi» che non lo perdono di vista un istante, comincia così la sua narrazione in un auditorium blindato e stracolmo. Il tema è «Castelvolturno: Africa».
Quando entra, accompagnato da padre Alex Zanotelli, viene accolto da un applauso incessante. Degno di una star. «Un paese che trasforma in eroe un Saviano», aveva confidato poco prima ad alcuni amici, «non è un paese normale». Solo le poltrone riservate al Comune rimangono vuote. Per l'amministrazione c'è solo l'assessore Mario Rossi. Assenze clamorose poiché l'autore di Gomorra è, per decisione del Consiglio comunale, cittadino onorario della nostra città.
La serata si caratterizza per le severe misure di sicurezza. All'ingresso gli addetti al servizio d'ordine controllano una ad una le circa 700 persone che fanno la fila davanti alla Gran Guardia. L'ex direttore di Nigrizia lo presenta con parole bellissime: «Il suo lavoro consiste nel liberare la parola». E «parole di verità» Zanotelli le pronuncia sui rifiuti di Napoli, un'emergenza che lo vede in prima linea accanto alle popolazioni che si ribellano a nuove megadiscariche. Il suo è un grido di aiuto: «Stiamo morendo, no: ci stanno ammazzando con i rifiuti tossici prodotti dall'industria del centro-nord, le diossine colpiscono donne incinte e neonati e fa morire la gente di leucemia». E aggiunge: «Abbiamo 14 chilometri di ecoballe che infettano una terra che una tempo era chiamata "Taverna del re" tanto era ricca, ma i potentati non vogliono la raccolta differenziata ma l'incenerimento, il nuovo grande affare, perché conta solo il profitto».
Il racconto che il giornalista dalla vita blindata per le minacce di morte della camorra, fa sulle vicende esemplari di Castelvolturno è una sorta di teatro civile intervallato da immagini e filmati. Il ritmo è incalzante. Si comincia dagli anni '60: «Era bellissima, con una immensa pineta sul mare». Un paradiso travolto dal «sogno delirante» che si tradusse «in 800mila metri quadrati di cemento armato, completamente abusivo». E col tempo diventa luogo di disperazione, dove persino la sabbia del litorale viene depredata dalle cosche, presto riempita da immigrati africani schiavizzati dall'alleanza tra mafia nigeriana e camorra». E in una situazione all'apparenza disperata, sottolinea Saviano, la presenza dei comboniani «ha del miracoloso perché consente agli africani di avere un'alternativa». E.S.

Suggerimenti