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Sant'Eufemia, scrigno dell'arte veronese

DA VEDERE. Quanti, parrocchiani a parte, sono entrati a visitare la chiesa che si trova a pochi passi da Porta Borsari e dal ponte della Vittoria?

Senza togliere nulla alla sua sacralità, si tratta di una grande e splendida pinacoteca con capolavori del Cinquecento
La facciata della chiesa di Santa Eufemia
La facciata della chiesa di Santa Eufemia
La facciata della chiesa di Santa Eufemia
La facciata della chiesa di Santa Eufemia

Quanti veronesi, parrocchiani a parte, sono entrati a visitare la chiesa di Santa Eufemia? Eppure, senza togliere nulla alla sua sacralità, si tratta di una grande e splendida pinacoteca. Invece di soffermarci sull'esterno e sulla storia di questo edificio sacro, costruito dagli Agostiniani nel secolo XII, entriamo in questa chiesa ad unica navata, con sette altari per lato e con il soffitto a volte, a botte ribassata. Verso l'altare maggiore un grande arco centrale, con porte laterali, divide l'interno, come una specie di crociera. Essendo impossibile descrivere tutte le opere d'arte qui accolte, illustriamo quelle al di là dell'arco, nel braccio destro della crociera, dove troviamo le più importanti. C'è un affresco, staccato e restaurato nel 1969, con l'Incoronazione della Vergine di Martino da Verona: è un'opera tardo-gotica della fine del XIV-inizi XV secolo, di straordinaria suggestione.
Poi, la cappella Spolverini-Dal Verme, dedicata agli Angeli: è di grande rilevanza architettonica e pittorica. Fu iniziata alla fine del 1390 da Niccolò da Ferrara, con una volta ogivale, slanciata da agili nervature. E' tutta decorata di affreschi, realizzati in due momenti: i più antichi, tardo-trecenteschi furono ricoperti da altri del Cinquecento di Giovan Francesco Caroto (1480-1555). Oggi, i dipinti di entrambi i periodi si ammirano insieme. Nei vari frammenti più antichi, vediamo san Dionigi che sostiene la propria testa con la mano. La Vergine è rappresentata in piedi e non in trono come nella tradizione veronese. Poi vi è un frammento con san Rocco, san Sebastiano e forse san Lorenzo. Ma molto belli sono anche gli affreschi successivi, dipinti probabilmente intorno al 1508 da Caroto. Narrano le storie di Tobiolo e dell'arcangelo Raffaele. Il quadro centrale, con i tre Arcangeli e Tobia, è una copia (l'originale è a Castelvecchio).
Suggestive e dolci le atmosfere di questo ciclo pittorico, con colori teneri e una luce delicata che scivola su figure e paesaggi. Anche la volta della cappella, prima affrescata con medaglioni stellati e racemi, fu ridipinta da Caroto con una ricca ornamentazione e con quattro tondi con i busti degli evangelisti.
Anche nella cappella maggiore sono riaffiorati affreschi tardo-gotici: in particolare, sulla parete destra, alcuni brani del Giudizio Universale, dipinto da Martino da Verona nel 1412. Si ammirano gli apostoli, i beati e i dannati, in una composizione ritmica di figure dipinte con colori tenui e lucenti. Questo affresco è in parte occultato da un'enorme tela del Settecento di Paolo Panelli, con il Martirio di sette santi agostiniani.
Sulla parete di sinistra della cappella maggiore, sono conservati alcuni tratti di un altro grande affresco con una Madonna in trono tra santi, del quale rimane soltanto la figura di sant'Agostino. Questo dipinto tardogotico era completamente coperto dall'Annunciazione di Claudio Ridolfi (1570- 1644).
Nell'abside della cappella maggiore si trova la Trinità con la Vergine, santi e patriarchi di Felice Brusasorzi del 1573. La composizione si basa su un efficace ritmo dinamico che passa dalle solide figure in basso alla incorporee forme di Dio e di Cristo di sgargianti colori. Sotto questa tela, il monumento funebre della famiglia Dal Verme, importante esempio di arte sepolcrale veronese, voluto nel tardo Trecento da un discendente, Jacopo. Elegante e ricco l'impianto, con otto raffinate statuette, che rappresentano Gesù, la Madonna, san Giuseppe e altri santi.
A sinistra dell'altare maggiore, la cappella del Sacramento o di sant'Agostino, iniziata nel 1379. Qui è stato collocato il capolavoro di Sant'Eufemia e una delle opere più belle del gotico internazionale veronese: la Gloria di sant'Agostino di Stefano da Verona (1375 circa-1438). Questo grande affresco, che porta la firma del pittore, staccato nel 1958, era sopra l'ingresso laterale. E' purtroppo assai deteriorato. Davanti ai nostri occhi solo un modesto tratto di ciò che l'affresco doveva essere quando l'oro, l'azzurro e la pasta vetrosa risplendevano su una massa pittorica intensa preziosa.
Fra tutte le opere d'arte, fuori dell'arco della crociera, da ammirare, sul lato destro, entrando in chiesa, il settimo altare, uno dei più belli. Dedicato a San Tommaso da Villanova, fu realizzato intorno alla metà del Settecento. Il tabernacolo è arricchito da tre piccole sculture con San Giuseppe e due graziosi putti realizzati da Diomiro Cignaroli (1718-1803). Morbidissime le tonalità rosate e azzurrine della pala con la Vergine e san Tommaso, opera di Giambettino Cignaroli del 1768. Sul lato di sinistra, invece, sul quarto altare di sinistra, una scultura inconsueta a Verona: una Pietà, attribuita a un maestro renano della seconda metà del Trecento. Eseguita in gesso duro, mostra un realismo assai crudo nell'ostentazione del corpo di Cristo straziato, con veri e propri grappoli di sangue che sgorgano dalle ferite. Si ritiene un'opera importata dalla Germania, che rimanda alle Pietà nordiche, giunta in città, probabilmente con i Cavalieri brandeburghesi al servizio degli Scaligeri.

Emma Cerpelloni

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