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Lampedusa, l'isola che c'è
E gli immigrati svaniscono

di Alessandra Vaccari
Lampedusa
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Lampedusa, l'isola che c'è. Eccome. A dimostrazione che se la macchina organizzativa funziona, accoglienza e convivenza sono possibili. In questi giorni di sbarchi, anche per questa notte sono previsti 200 arrivi tra cui 16 tra donne e bambini, in giro per l'isola tra centinaia di turisti non si vedono profughi. Sono raccolti nel centro di accoglienza dove hanno trovato impiego gli stessi lampedusani. Come Isaia, che ha il nome di un profeta. Di giorno lavora al Cie, la sera cerca clienti sulla strada per un ristorante locale. Guadagna due euro e mezzo per ogni persona che entra con il bigliettino del locale su cui ha scritto il suo nome.

Gli isolani sono stati costretti a fare di necessità virtù. I tempi in cui i profughi erano lo stesso numero dei residenti (era il 2011 non molto tempo fa) e i clandestini dormivano perfino per strada sono lontani. Nel frattempo su questo lembo di fraglia africana c'è un nuovo e moderno aeroporto, la centrale via Roma é stata lastricata, si organizzano trofei di pesca alla traina e manifestazioni di takendoo.

L'attore Massimo Ciavarro, cittadino onorario, organizza una rassegna di film visto che da vent'anni sull'isola manca una sala cinema. Nuovi negozi hanno aperto. Nuovi non isolani hanno iniziato attività e quelli vecchi osservano e accolgono. Perfino il centro del WWF che per anni era stato chiuso ha di nuovo una propria sede vicino alla biglietteria del porto.

I volontari, che sono giovanissimi e arrivano da tutta Italia si alternano una settimana dopo l'altra, ricevono i visitatori, illustrano la loro opera, tentano di sensibilizzare poco intenzionati ad ascoltarli turisti sul rispetto di flora e fauna locale. Spiegano che per fare una foto con una stella marina fuori dall'acqua si rischia di ucciderla e che una tartaruga per riprodursi ha bisogno di almeno vent'anni. Tutto questo mentre le vie del paese sono costellate di auto di carabinieri, polizia e finanza. Uomini inviati qui per garantire la sicurezza degli sbarchi. Non che siano tutte rose e fiori. Qualche notte fa dal Cie sono scappati in otto. A ritrovarli ci è voluto qualche giorno. Si erano rifugiati in una casa non abitata. Si sono fatti fuori la dispensa. Ma alla fine sono stati riaccompagnati al Centro.

«Ogni lampedusano è cacciatore e ha almeno cinque fucili e un paio di pistole», racconta Tano, uomo tutto fare in uno dei residence più noti dell'isola. Noi siamo buoni, ma questi si debbono comportare bene», dice. È lui che negli anni passati era stato fatto prigioniero dei libici o meglio gli arabi, come li definisce lui, non bada tanto al protocollo, ma alla sostanza.

Con la «cattiva pubblicità», che i media fanno dell'isola parlando soltanto degli sbarchi quest'anno, dati ufficiali, c'è stato un calo del trenta per cento delle presenze. E i dati sono stimati sugli arrivi dei voli. In realtà la percezione è che sull'isola di turisti ce ne siano, e davvero tanti. Le spiagge dov'è più comodo arrivare come la famosa Isola dei Conigli, cala Croce o la Guitgia sono zeppe di turisti. Certo non sono spiagge grandi come quelle dell'Adriatico, ma di gente in giro ce n'è parecchia. I lampedusani sono accoglienti. E non soltanto perchè ormai tradizione da «sbarco» lo vuole.

Amano chiacchierare con i turisti e raccontare aneddoti di una Lampedusa che non c'è più, quando il turismo era davvero di nicchia. E poi l'isola essendo così piccola che la giri tutta in meno di due ore, è facile sentire di saghe familiari, vecchie storie di mare. I giovani lampedusani hanno voglia di lavorare, di migliorare, anche loro stessi. C'è Giovanni, per esempio, figlio di una famiglia di albergatori che di fare il maestro di nuoto potrebbe fare a meno. Siccome sa che molti conterranei, anche pescatori non sanno nuotare, ha deciso di insegnare nuoto ai bambini dell'isola. E tre pomeriggi a settimane insegna loro come non annegare. Piccole storie, che fanno unica ancora di più questa piccola isola in mezzo al mare.

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