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L'aula magna che conserva un capolavoro

LA VERONA NASCOSTA: IL FREGIO PITTORICO DI PALAZZO RIDOLFI-DA LISCA.L’opera di Brusasorzi illustra la cavalcata di Carlo V e del papa Clemente VII a Bologna

Era un dipinto «compromettente» perché indicava le simpatie imperiali della potente famiglia veronese dei Ridolfi

 La Cavalcata di Carlo V e Clemente VII, l&#146;affresco del Brusasorzi all&#146;interno di Palazzo Ridolfi
 La sede del liceo scientifico Messedaglia in stradone Maffei FOTO PECORA
La Cavalcata di Carlo V e Clemente VII, l&#146;affresco del Brusasorzi all&#146;interno di Palazzo Ridolfi La sede del liceo scientifico Messedaglia in stradone Maffei FOTO PECORA

 La Cavalcata di Carlo V e Clemente VII, l&#146;affresco del Brusasorzi all&#146;interno di Palazzo Ridolfi
 La sede del liceo scientifico Messedaglia in stradone Maffei FOTO PECORA
La Cavalcata di Carlo V e Clemente VII, l&#146;affresco del Brusasorzi all&#146;interno di Palazzo Ridolfi La sede del liceo scientifico Messedaglia in stradone Maffei FOTO PECORA

Ancora per poco è l'aula magna del liceo scientifico «Angelo Messedaglia»; poi, a quanto si sa, diventerà una delle sedi del liceo «Montanari». In stradone Maffei, c'è un luogo nascosto ai veronesi, ma non per le generazioni di studenti e di professori che dal 1952 frequentano il prestigioso istituto scolastico cittadino. Si tratta del salone di palazzo Ridolfi-Da Lisca, con l'affresco che corre tutto attorno alla grande stanza, opera di Domenico Brusasorzi che illustra la cavalcata dell'imperatore Carlo V e del papa Clemente VII a Bologna. In questo ambiente, sul lato corto, tra le finestre, troneggia uno splendido camino con la cappa decorata a stucchi e, tra volute e cartigli. compare una Venere affiancata da due Amorini. Quest'opera è attribuita a Bartolomeo Ridolfi decoratore e stuccatore di fama.
Ma ad imporsi è l'affresco, una delle opere più celebrate della pittura veronese, realizzato intorno al 1565. È ritenuto il capolavoro di Domenico Brusasorzi (1515-1567), ormai artista maturo e affermato, capostipite di una famiglia di pittori (Felice, Giambattista e la nipote Cecilia) e fondatore di una importante bottega pittorica frequentata anche da Paolo Veronese. Le sue opere sono state lodate per l'armonia delle forme nello spazio, di impianto manierista. Il salone di palazzo Ridolfi-Da Lisca venne eretto nel 1545, su disegno dell'architetto e ingegnere Bernardino Brugnoli, nipote del famoso architetto Michele Sanmicheli. Il fregio dipinto da Brusasorzi corre tutto attorno al perimetro: è alto 2 metri e 30 e si spiega lungo le pareti per una lunghezza complessiva di 40 metri. Il tema era stato trattato da altri artisti in vari palazzi d'Italia, ma l'affresco di Brusasorzi fu lodato come il migliore da Giorgio Vasari, il primo grande storico dell'arte italiana, e, a Verona, riscosse un grande successo, tanto da essere imitato alla fine del secolo. Trae spunto da un vero e proprio evento, il magnifico corteo trionfale per le strade di Bologna del 24 febbraio 1530, dopo l'incoronazione dell'imperatore Carlo V nella basilica di San Petronio da parte del papa Clemente VII. Questo avvenimento consentì il ritorno della pace anche se di breve durata in Italia e in Europa, dopo la guerra della Lega Santa tra Carlo V e la Francia.
L'aspetto ancora oggi più interessante di questo affresco, oltre alla sua bellezza cromatica e all'impianto narrativo di indubbia efficacia, è costituito dal fatto che si tratta di un'opera “compromettente” in quanto mostra le simpatie imperiali della potente famiglia veronese dei Ridolfi, in un'età nella quale Venezia consolidava la sua signoria su Verona. Ma i Ridolfi non erano i soli ad essere filo-imperiali fra la nobiltà veronese: questa malcelata simpatia imperiale condivisa dalla parte più consistente della nobiltà veronese. Dal punto di vista estetico, è stato notato che la monumentalità delle figure è resa grazie all'accorgimento del punto di vista ribassato, per cui piedi e zoccoli poggiano direttamente sulla cornice di stucco che delimita la base dell'affresco.
Ma chi sono le figure di questo affresco, che potremmo guardare come se fosse una telecronaca di cinque secoli fa? Innanzitutto va detto che Carlo V venne a Bologna per decidere il nuovo assetto dell'Italia e per essere incoronato imperatore dal papa: aveva da pochi mesi concluso il trattato di Cambray, con il quale aveva ottenuto di fatto dal re di Francia, Francesco I, la nostra penisola: da subito, Napoli e il ducato di Milano, alla morte di Francesco II Sforza, mentre Firenze tornò ai Medici, a fedelissimi. Giunse a Bologna da Genova, con un imponente corteggio di mille cavalli e novemila fanti spagnoli e ottomila tedeschi.
Il papa Clemente VII lo accolse in modo sfarzoso e sottomesso. Il 24 febbraio 1530 fu così incoronato, ma contrariamente all'uso degli imperatori precedenti, non invitò gli elettori della Germania e, invece dei soliti cavalieri tedeschi, fece schierare in piazza numerose genti di varie nazioni, comandate dal capitano imperiale Anton de Leyva. Brusasorzi, da fotoreporter in differita di 35 anni, ci racconta quindi la cavalcata: si vede, infatti, con la massima pompa, sotto il baldacchino sorretto dai senatori di Bologna, il papa cavalcare alla destra dell'imperatore. Intorno ad essi, in lunghissima sfilata, varie personalità: il marchese di Monferrato, i duchi di Baviera, di Urbino e di Savoia, i cardinali, i grandi di Spagna e d'Italia, Andrea Doria, Alessandro de' Medici, Gian Luigi Carafa, Alessandro, Ferrante, Gian Francesco e Luigi Gonzaga, Gianfrancesco e Giovanni Trivulzio, Alberto Pio, Giovanni del Carretto, Gianfrancesco Pico, Giacomo e Giovanni dal Verme e molte altre personalità dell'epoca, un gran numero di prelati e dignitari ecclesiastici, di inviati di Stati vassalli, tutti vestiti a festa.
Un “evento” rimasto immortalato ancor oggi, sebbene il palazzo sia stato colpito dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e sia crollato il soffitto. Così, nel 1950, si provvide a coprire il salone con due soffitti carenati in legno del tardo Quattrocento, prelevati da casa Scopoli, in vicolo Borgo Tascherio.

Emma Cerpelloni

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