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L'arte onora i Caduti di Cefalonia

LA VERONA NASCOSTA: IL MONUMENTO ALLA DIVISIONE ACQUI. Si trova nell’omonimo parco in circonvallazione Oriani e ricorda una tra le più tragiche pagine di storia

Opera di Mario Salazzari, uno dei più grandi artisti del Novecento, ricorda i 9.000 militari trucidati dopo l’8 settembre 1943

 Un&#146;immagine dell&#146;eccidio di Cefalonia del settembre del 1943
 Il monumento alle vittime dell&#146;eccidio perpetrato dai nazisti nell&#146;Isola di Cefalonia
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 Il monumento alle vittime dell&#146;eccidio perpetrato dai nazisti nell&#146;Isola di Cefalonia
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È un angolo nascosto per problemi di degrado sociale: in passato frequentato da prostitute e tossicodipendenti ed ora anche da clandestini, il parco della Divisione Acqui, in circonvallazione Oriani, a pochi passi da Porta Nuova, sui bastioni, mostra uno dei capolavori della scultura veronese del Novecento: il monumento nazionale dedicato alla Divisione Acqui. È stato inaugurato il 23 ottobre 1966 dall'allora presidente del Consiglio, Aldo Moro ed è opera di Mario Salazzari, uno dei grandi artisti veronesi del Novecento.
MONUMENTO. Al di là del significato storico, questo monumento si può ritenere la più bella opera scultorea contemporanea della città. Merita descriverlo. È composto da figure maschili intere in movimento, unite da funi che sembrano serpenti. In primo piano c'è una figura giacente, mentre altre tre sono dietro e sono raffigurate per presentare sofferenza e disperazione. Una curiosità: questi personaggi sono modellati secondo le forme anatomiche con la più completa accuratezza scultorea, ma sono asessuati. Si tratta di un'opera di una notevole imponenza, alta sette metri e mezzo.
LA STORIA. Venne commissionato dal governo italiano a un artista veronese, sensibile ai valori della libertà e della Resistenza, realizzato grazie all'impegno dell'onorevole Alessandro Canestrari. È un'opera in bronzo che sulla fronte mostra una targa in marmo che recita L'Italia ai martiri della divisione Acqui, Cefalonia, Corfù. Settembre 1943. È anche scritto 9000 uomini della Divisione Acqui nelle isole di Cefalonia e Corfù vollero il sacrificio cruento per dare alla patria lontana onore e pegno di resistenza. Ma come mai un monumento così importante è a Verona? Due le ragioni. Dei 9.000 soldati italiani uccisi, 1.200 erano veronesi e, inoltre, la nostra città è sede nazionale dall'Associazione Divisione Acqui, fondata nel 1945, che rappresenta tutti i superstiti dell'eccidio di Cefalonia e Corfù del settembre 1943 ed ha lo scopo di onorare e ricordare le vittime di quegli eventi terribili.
LA DIVISIONE ACQUI. Il monumento racconta uno dei più tragici fatti della seconda guerra mondiale. La Divisione Acqui, una delle più gloriose divisioni dell'esercito italiano, con 525 ufficiali e 11.500 soldati, presidiava le isole di Cefalonia e Corfù agli ordini del generale Gandin, quando l'8 settembre 1943, all'annuncio dell'armistizio, decise di non arrendersi e cedere le armi ai Tedeschi, ma di affrontare la resistenza armata. Il 15 settembre cominciò la battaglia che si protrasse fino al 22. I nostri soldati si difesero con coraggio, ma non ci fu scampo: la città di Argostoli fu distrutta, 65 ufficiali e 1.250 i soldati caddero in combattimento. L'Acqui allora si arrese, ma la vendetta tedesca, senza giustificazione, fu spietata. Il 24 settembre Gandin venne fucilato alla schiena e 600 soldati italiani con i loro ufficiali furono falciati dal tiro delle mitragliatrici; 360 ufficiali furono uccisi a gruppetti. Altre fucilazioni vennero eseguite in mare, al largo, con l'ordine di affondare i corpi in punti diversi dopo averli zavorrati. Inoltre, tremila superstiti furono caricati su tre piroscafi per essere portati nei lager tedeschi, ma, appena preso il largo, finirono su un'area minata. I piroscafi saltarono in aria ed i soldati che riuscirono a trovare scampo in mare furono uccisi, colpiti dal tiro al bersaglio dei tedeschi. Le cifre dell'eccidio restano impressionanti: in tutto 9.640 furono i caduti. Di essi, 446 gli ufficiali. Queste che noi riportiamo sono le cifre ufficiali, anche se, di recente, sono state messe in discussione e ridimensionate da alcuni studiosi.
L'OPERA. L'orrore della vicenda, simboleggiato dal biscione di bronzo che trapassa i corpi, è stato espresso con grande arte da Mario Salazzari. L'artista nacque a Lugagnano il 16 novembre 1904 e morì a Verona il 6 giugno 1993. Nessuno meglio di Salazzari era in grado di mostrare quell'orrore, visto che lo scultore subì torture da aguzzini nazisti, quando venne arrestato e imprigionato, con una condanna di 30 anni, come partigiano nel carcere di Padova, da dove, qualche giorno prima del 25 aprile '45, riuscì a fuggire.
LE ALTRE OPERE. Prima del capolavoro del monumento alla Divisione Acqui, Salazzari, che si occupò anche di poesia, pittura e musica, realizzò il Monumento ai Caduti di Borgo Roma e nel 1924 fu scelto per un'opera di grande prestigio: il grande monumento al Pontiere d'Italia, a Piacenza, inaugurato nel 1928 dal re Vittorio Emanuele III. A Verona ha lasciato le sue sculture più celebri: i gruppi equestri del ponte della Vittoria del 1934 che, nel dopoguerra, quando vennero installati, suscitarono polemiche con il sindaco Uberti, che riteneva sconvenienti i particolari anatomici dei cavalli; il monumento al partigiano in piazza Bra del 1946; la Targa commemorativa della divisione Pasubio del 1960. Giusto per non dimenticare.

Emma Cerpelloni

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