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L'alluvione un anno dopo. «Oggi rischieremmo ancora»

Vertice a Vicenza con tecnici e politici. Il commissario delegato all'emergenza: «Terminati molti lavori di messa in sicurezza ma la situazione rimane ancora delicata»
Alluvione a Soave causata dalla tracimazione del fiume Tramigna a novembre 2010. FOTO ARCHIVIO
Alluvione a Soave causata dalla tracimazione del fiume Tramigna a novembre 2010. FOTO ARCHIVIO
Alluvione a Soave causata dalla tracimazione del fiume Tramigna a novembre 2010. FOTO ARCHIVIO
Alluvione a Soave causata dalla tracimazione del fiume Tramigna a novembre 2010. FOTO ARCHIVIO

Verona. Se in questi giorni il Veneto venisse investito da un’ondata di maltempo simile a quella che il 31 ottobre e il 1 novembre di un anno fà colpì la regione la catastrofe non registrerebbe i numeri pesanti e impensati di allora ma non ne uscirebbe comunque indenne.

Perchè, hanno spiegato oggi il Commissario delegato all’emergenza Perla Stancari (che dal 16 agosto ha preso il ruolo che per primo ricoprì dal 13 novembre il governatore Luca Zaia) l’assessore regionale all’Ambiente Maurizio Conte e il segretario regionale per l’Ambiente Massimo Carraro, centinaia di lavori per la sistemazione idraulica del territorio sono stati fatti «ma la situazione rimane delicata perchè non esiste il rischio zero».

Il piano di cui si sta dotando il Veneto per permettersi un grande e solido ombrello ha il prezzo di 2mld 220 mln di euro. «Impossibile garantire lavori per un simile importo - ha detto Conte - ma sulla base di questo piano si individuano le priorità e stiamo chiudendo alcune opportunità di ottenere risorse: abbiamo chiuso con il ministero un accordo di programma per 45 mln di euro e 60 mln di fondi Fas, europei».

La chiave di volta per evitare che un capoluogo come Vicenza e altri 261 tra piccoli e medi Comuni di quasi tutto il Veneto finiscano ancora sott’acqua saranno, hanno confermato oggi i tecnici, i «bacini di laminazione» migliaia di ettari di pianura padana pronti a trasformarsi in laghi naturali per evitare il carico eccessivo d’acqua nei fiumi che attraversano i centri abitati.

Tre sono attualmente i bacini già avviati con adeguata copertura finanziaria garantita dal decreto "Mille Proroghe": quello di Caldogno (costo 41,5 mln di euro) dedicato al Timonchio, l’affluente del Bacchiglione che nel proprio nel piccolo centro alle porte di Vicenza ruppe un’argine provocando l’alluvione di Cresole e Rettorgole «salvando» in parte proprio il capoluogo di provincia; il bacino di Trissino e Arzignano (44,6mln) valvola di sfogo per il fiume Agno-Guà e quello di Riese Pio X (13,8mln) destinato al Lastego-Muson.

Se le procedure dedicate a queste realizzazioni non troveranno ostacoli le immense «piscine» saranno pronto entro tre - quattro anni. Più lunghi i tempi per altri nove bacini di laminazione ora in fase di progettazione distribuiti tra le province di Vicenza (su tutti l’estensione dell’invaso di Montebello, ultima opera di salvaguardia idraulica realizzata in Veneto nel 1935), Verona (il più importante l’invaso a Monteforte d’Alpone) e Padova (soprattutto con la costruzione del bacino Anconetta tra S.Urbano e Vighizzolo d’Este).

Complessivamente bacini e invasi garantiranno una trattenuta a monte di 135 milioni di metri cubi d’acqua. In attesa di questi grandi salvagente, il Veneto un anno fa si mise in marcia subito: la conta dei danni partì mentre la pioggia - 300 mmm di media con punte di 500 mm un record per gli ultimi 50 anni - stava ancora cadendo così come si attivarono la corsa alla solidarietà, i primi progetti e i primi cantieri.

Oggi dagli uffici dei Geni Civili escono statistiche confortanti: tra tutte le province colpite 277 sono le opere definite «di somma urgenza»: 202 sono già concluse 40 sono in corso 35 da avviare. Da mesi sono stati già avviati i finanziamenti per i privati, soldi gestiti dagli stessi Comuni che hanno consegnato acconti o addirittura in qualche caso saldi dei danni subiti.

Per consentire ai sindaci di operare adeguatamente valutando caso per caso il commissario straordinario ha chiesto e ottenuto la proroga di un dell’incarico. E per evitare che, soprattutto qualche ente pubblico faccia «il furbetto dell’acquitrino» chiedendo soldi senza averne reale necessità nel febbraio di quest’anno è stato firmata un’intesa con la Guardia di Finanza incaricata di un controllo di secondo grado su eventuali anomalie finanziarie.

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