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Il sogno della colonia svanito con il conflitto

GUERRA. Le peripezie di chi aveva confidato nella «quarta sponda». Francesco Biondaro va con la famiglia in Libia Tornato nel 1940 rivede la mamma dopo tre anni
Francesco Biondaro nel 1942
Francesco Biondaro nel 1942
Francesco Biondaro nel 1942
Francesco Biondaro nel 1942

Quanti cambiamenti in 14 anni: sono tutti raccontati nel ritratto in divisa da Balilla di Francesco Biondaro. Gliela scattarono nel 1942 a Mentone nell'estate di quell'anno.
Céchina, questo il suo soprannome, era arrivato nella città sulla Costa Azzurra (ora in Francia, ma dal 1940 annessa all'Italia) alla fine di un anno e mezzo di nomadismo. Era nato a San Giovanni Ilarione nel 1928, ultimo degli otto figli di Cesare Biondaro e Anna Mazzasette.
La famiglia nel 1938 si era trasferita in Cirenaica, al villaggio Cesare Battisti. Come altri coloni italiani, avevano avuto una casa e un podere, 40 ettari da coltivare.
Nel 1940, all'entrata in guerra dell'Italia, fu ordinato il rimpatrio dalla Libia dei minori tra i 6 e i 13 anni. Francesco salutò mamma e papà e assieme ad altri 5.000 bambini delle colonie italiane cominciò a passare da una colonia a un collegio, da Rimini a Bari, da Spinazzola a Barletta, poi a San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno.
Infine, nell'estate del 1942, l'arrivo a Mentone assieme ad altri 500 bambini. Dalla Libia ritorneranno anche la mamma e il papà, malato, che morirà all'ospedale del Celio a Roma.
Gli altri figli rimangono in Cirenaica: Maria (1922), Antonia (1923), Giuseppe (1915), Angelo (1920) e i fratelli più grandi Antonio, Giovanni e Luigi. La famiglia si ricomporrà a San Giovanni Ilarione solo nel 1943. P.D.C.

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