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Hanno fatto il giro del mondo
senza mai prendere un aereo

IL VIAGGIO. Prima di partire hanno lasciato casa e lavoro. «La scoperta più bella? Capire che insieme funzioniamo bene». Elisa Bocca, 32 anni, e Alessandro Gloder, 37, sono rientrati a Negrar dopo 321 giorni L'avventura è stata seguita dai fan attraverso il sito che hanno creato: 40mila i contatti
Elisa Bocca e Alessandro Gloder con la coppa ricevuta per aver fatto il giro del mondo «Con i piedi per terra»
Elisa Bocca e Alessandro Gloder con la coppa ricevuta per aver fatto il giro del mondo «Con i piedi per terra»
Elisa Bocca e Alessandro Gloder con la coppa ricevuta per aver fatto il giro del mondo «Con i piedi per terra»
Elisa Bocca e Alessandro Gloder con la coppa ricevuta per aver fatto il giro del mondo «Con i piedi per terra»

«È finito il telefilm». E ancora: «Adesso come faremo senza il vostro sito?». Sono alcuni dei commenti che i fan hanno lasciato su www.coipiediperterra.com (40 mila contatti in 11 mesi), la «finestra» su Internet di Elisa Bocca, 32 anni, e Alessandro Gloder, 37, protagonisti di un'avventura durata ben 321 giorni.  Un'avventura nell'avventura, perché la coppia non ha solo deciso di misurarsi con un giro attorno al mondo, ma con un giro attorno al mondo senza usare l'aereo. Da qui il nome del loro sito e della loro pagina Facebook attraverso cui hanno raccontato quasi in diretta come procedeva il viaggio, coinvolgendo i fan e arrivando a preoccuparli quando non pubblicavano il quotidiano reportage di viaggio. Sabato sera il «telefilm» è finito. La coppia è tornata a casa: è arrivata alla stazione a Porta Nuova, via Monaco, alle 18.58. «A casa per modo di dire», commenta sorridendo Alessandro Gloder. «Siamo dai miei genitori a Santa Maria di Negrar, perché una casa non l'abbiamo più».  Prima di partire i due avventurosi coniugi hanno lasciato l'appartamento in affitto. Non solo. Lei, interprete, ha lasciato il lavoro a tempo indeterminato nell'azienda dove si occupava di marketing, mentre lui, fotografo professionista, ha congelato l'attività per un anno. Un «colpo» di testa» accolto subito con preoccupazione da familiari e amici e poi invece appoggiato, anche con una punta di invidia. «Volevamo fare quest'esperienza», spiegano. «E dovevamo essere liberi per viverla al meglio, senza vincoli e date certe per il ritorno. Ora ripartiremo da zero, ma siamo ottimisti. Viaggiando abbiamo affrontato mille peripezie e imprevisti, affronteremo con serenità anche la ricerca di casa e lavoro».  «Un master in viaggiologia»: così avevano battezzato il viaggio prima di partire. Lo è stato?, chiediamo. «È stato molto di più», rispondono entusiasti. «Abbiamo avuto la possibilità di conoscere altri usi, tradizioni, mentalità, accorgendoci che nel mondo c'è più gente disposta ad aiutare che a “remare contro”. Tante persone che non conoscevamo ci hanno ospitati e non solo nei Paesi tradizionalmente accoglienti, ma anche dove mai avremmo pensato, come in Colombia ad esempio. E poi siamo rimasti sorpresi dalla nostra adattabilità».  «Ma la scoperta migliore», aggiungono, «è stato capire che insieme “funzioniamo” benissimo. Non è facile quando si trascorre insieme quasi un anno, 24 ore su 24». Anche perché non è stata una vacanza tutta cocktail e hotel a quattro stelle, ma un viaggio durante il quale i coniugi Gloder hanno dormito in ostelli, sui sedili di pullman strapieni di gente, hanno camminato per chilometri, sono rimasti giorni senza potersi lavarsi e hanno viaggiato per quasi un mese su un cargo. Non solo. Lui è finito due volte in ospedale per un'infezione intestinale, che gli ha procurato dolori così forti da farlo svenire e si è manifestata la prima volta di notte in un paesino sperduto dell'Equador. E poi si sono trovati in mezzo a un'alluvione paradossalmente nel deserto di Atacama, in Cile, da cui sono riusciti a scappare dopo 24 ore di paura (senz'acqua da bere, col fango alle ginocchia, dividendo un quarto di pollo fortunosamente recuperato), grazie a un passaggio sulla jeep di un privato pagato profumatamente. «Viaggiare sul cargo è stata un'esperienza spartana, ma bellissima», racconta Elisa. «Abbiamo impiegato 28 giorni per attraversare l'oceano Pacifico e a bordo eravano gli unici passeggeri tra 22 marinari, tutti uomini, srilanchesi, tranne gli ufficiali che erano tedeschi e polacchi. C'erano giorni in cui non si vedeva nessuno dell'equipaggio. Sembrava di essere soli in mezzo al mare e la sera le stelle erano pazzescamente belle. E c'è stato pure un fatto curioso: alle 24 del 7 aprile abbiamo oltrepassato il 180° meridiano e così ci siamo ritrovati direttamente alle 00.01 del 9 aprile, perdendo un giorno». La coppia ha toccato tutti i meridiani, visitando 25 Paesi. «Il nostro scopo era fare il giro del mondo facendo la strada più lunga per tornare a casa», dicono. «Da Verona abbiamo raggiunto Copenaghen, poi via nave Miami, abbiamo visitato Stati Uniti, Messico, l'America del Sud. Quindi col cargo dal Cile siamo arrivati ad Hong Kong. Abbiamo attraversato la Cina e infine con la Transiberiana siamo rientrati in Europa, visitando Russia, Mongolia, poi Estonia, Lettonia e Lituania».  Non mancano gli aneddoti. «In Cina ci siamo sentiti delle star», raccontano. «Nelle città fuori dalle rotte turistiche tutti volevano farsi fotografare con noi. Erano attirati soprattutto dalla barba di Alessandro. E poi è bello scoprire come certi gesti all'estero abbiano tutt'altro significato. In Mongolia per dire “no” incrociano i polsi con i pugni chiusi, lo stesso simbolo che noi usiamo per le manette». Durante il viaggio Elisa ha tenuto un diario che ora vorrebbe trasformare in libro, mentre Alessandro ha scattato la bellezza di 47 mila foto che userà per alcuni progetti ai quali sta lavorando.  Ripartireste domani?, chiediamo. «Prima faccio una lavatrice», rispode allegro Alessandro. «No, subito no, ma mi piacerebbe rifare questo viaggio, magari con i nostri futuri figli», risponde invece Elisa.  Infine un messaggio per i numerosi fan: il loro sito non chiuderà i battenti, sono in arrivo nuove foto racconti.

Chiara Tajoli

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