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Gardaland, nuovo incontro per salvare il lavoro

LA CRISI DEI PARCHI A TEMA. Tavolo interlocutorio in Provincia tra responsabili dell'azienda e sindacati con l'assessore Sachetto e Confindustria. A rischio mobilità ci sono 65 dipendenti, tra le ipotesi la trasformazione dei contratti
Uno scorcio di Gardaland
Uno scorcio di Gardaland
Uno scorcio di Gardaland
Uno scorcio di Gardaland

Incontro interlocutorio, ieri mattina nella sede della Provincia di via Franceschine a Verona, fra la proprietà di Gardaland e le rappresentanze sindacali dopo l'avvio, da parte della società che controlla il più importante parco a tema italiano, della procedura per la messa in mobilità di 65 dipendenti.
Al tavolo si sono seduti per l'azienda il direttore generale Enrico Santi e il responsabile delle risorse umane Giorgio Padoan, per i sindacati Riccardo Consolati Cgil, Cesare Ierulli Uil e Andrea Sabaini Cisl; con loro Massimo Gasparato, responsabile area relazioni industriali e affari sociali Confindustria e Fausto Sachetto, assessore provinciale al Lavoro. Le parti si sono date nuovo appuntamento per venerdì prossimo, nella stessa sede, termine ultimo per la sottoscrizione del verbale di accordo.
«O di non accordo, nel qual caso Gardaland proseguirebbe con la procedura avviata di mobilità», commenta Sachetto, che sottolinea: «C'è disponibilità anche da parte dell'azienda di arrivare ad una soluzione condivisa perché questo risponde sicuramente di più alla storia di una realtà da sempre fortemente legata al territorio. Da parte mia in questi giorni sentirò informalmente i sindaci dei Comuni più interessati dal punto di vista della ricaduta in termini occupazionali ovvero Castelnuovo, Peschiera e Lazise. È però evidente che qualunque accordo si riuscirà a raggiungere sarà sempre una soluzione a metà strada tra quello che si proponeva l'azienda e ciò che vogliono i lavoratori».
E l'obiettivo, lo confermano i sindacalisti presenti all'incontro, «è la conservazione dei posti di lavoro. Per noi questo è fondamentale anzi, irrinunciabile. In questo senso abbiamo chiesto all'azienda il ritiro della procedura di mobilità e l'attivazione di uno strumento diverso che è la cassa integrazione in deroga, perché per questo settore non sarebbe prevista, e che comunque preserva posti di lavoro». «Utilizziamo insomma gli ammortizzatori sociali alternativi che abbiamo», dice Consolati a nome anche dei colleghi, «questo ci permetterebbe di avere davanti a noi sei mesi di tempo in cui si alleggerisce la tensione e in un'ottica più serena si possono cercare e trovare le soluzioni più opportune, incluse la trasformazione di alcuni contratti di lavoro sfruttando la stagionalità della struttura. Oltretutto, anche da un punto di vista economico, con la mobilità l'azienda va comunque incontro ad un esborso, invece la cassa integrazione comporta un alleggerimento dei costi a bilancio. Detto questo è evidente che anche noi auspichiamo di arrivare ad una soluzione condivisa e di scongiurare il mancato accordo e gli eventuali licenziamenti unilaterali da parte dell'azienda».

Giuditta Bolognesi

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