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Falciò un ragazzo Tre anni di carcere

IN TRIBUNALE. La vittima era diciassettenne. La tragedia un anno fa
La patente gli è stata sospesa per 4 anni

 La madre di Alberto Benato e gli amici con la maglietta FOTO FADDA
La madre di Alberto Benato e gli amici con la maglietta FOTO FADDA

 La madre di Alberto Benato e gli amici con la maglietta FOTO FADDA
La madre di Alberto Benato e gli amici con la maglietta FOTO FADDA

«Vorrei che chi ha ucciso mio figlio, facesse vent'anni di carcere».
Patrizia Pisi è la mamma di Alberto Benato. Poco più di un anno fa, ha perso la sua unica creatura di soli 17 anni in un incidente in stradone Santa Lucia a Verona. Chi guidava quell'auto aveva bevuto quattro volte oltre il limite previsto dalla legge. «Da quel giorno», dice, «la mia vita è cambiata. mentre quella di chi ha ucciso mio figlio no».
Pronuncia queste poche parole un paio d'ore prima del verdetto, letto dal giudice dell'udienza preliminare Laura Donati alle 15.10 di ieri. Chi le ha portato per sempre via il figlio, promessa del calcio veronese, è stato condannato per omicidio colposo con il rito abbreviato a tre anni di carcere e la patente gli è stata sospesa per quattro anni. Luca Pinna, 36 anni, dovrà risarcire con diecimila euro anche l'Associazione vittime della strada, assistita ieri dall'avvocato Alberto Franchi. «È la prima volta», afferma soddisfatto il presidente, Alberto Pallotti «che la nostra richiesta di costituzione di parte civile è stata accolta senza sentire il parere dei parenti delle vittime». È soddisfatto anche l'avvocato Guariente Guarienti, difensore dei genitori di Alberto, Stefano Benato e Patrizia Pisi: «Una sentenza storica. Si tratta di una decisione severa, notevolmente superiore a casi analoghi nei dibattimenti celebratisi a Verona». Se la difesa di Pinna non fosse ricorsa al rito alternativo, spiega ancora il legale, «il trentaseienne sarebbe stato condannato a quattro anni e mezzo di carcere».
La notte del 15 marzo Alberto Benato si trovava con alcuni amici in stradone Santa Lucia. Improvvisamente è sbucata la Punto di Pinna che viaggiava ad «una velocità eccessiva rispetto alle condizioni di tempo e luogo (centro abitato, ora notturna, presenza di pedoni e veicoli in sosta)». Il veronese, in stato di ebbrezza, perdeva il controllo della sua auto, finiva fuoristrada e andava a travolgere la Lancia Y sulla quale stava salendo Alberto. L'impatto fu violentissimo: l'auto investì Alberto Benato ed un suo amico. Le condizioni del calciatore si rivelarono subito gravissime, fu portato all'ospedale di borgo Trento dove morì due giorni dopo. Il suo amico riportò seri guai ad un gamba e guarì molto tempo dopo. Sul posto, si recarono i vigili urbani che identificarono subito il Pinna. L'automobilista in un primo momento, si rifiutò di sottoporsi al test alcolico. Ci ripensò all'alba di quel tragico giorno e risultò che aveva bevuto quattro volte di più di ciò che gli era permesso. Ieri l'epilogo del giudizio di primo grado. Il difensore di Pinna, l'avvocato Marcella Mazzeo, ha già annunciato il ricorso in appello. Ieri gli amici di Alberto hanno stesso un piccolo striscione lungo i corridoi del tribunale con la richiesta di giustizia per il loro amico. Non era presente, invece, il Pinna che tra l'altro aveva un precedente per spaccio di stupefacenti.
Pochi minuti dopo in un'altra aula di tribunale, davanti al giudice monocratico, si è celebrato un nuovo processo per omicidio colposo. A Leonello Dal Molin, 57 anni, residente a Tregnago, è andata meglio rispetto a Pinna. L'autista, difeso da Claudio Fiorini, ha patteggiato una pena a sei mesi di carcere, convertita in una pena pecuniaria di 7200 euro. Il 25 giugno 2007, il motociclista Bruno Peroni, 43 anni, titolare della pizzeria al Villaggio di Colognola ai Colli, andò a schiantarsi con la sua moto contro il tir, guidato dal Dal Molin. Il ristoratore perse la vita sul colpo. GP.CH.

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