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Vespa velutina, minaccia
per gli apicoltori veneti

Arnie: le api sono minacciate dalla Vespa velutina
Arnie: le api sono minacciate dalla Vespa velutina
Arnie: le api sono minacciate dalla Vespa velutina
Arnie: le api sono minacciate dalla Vespa velutina

Nelle campagne di Bergantino (Rovigo) è arrivata la temuta Vespa velutina, o calabrone a zampe gialle, originaria dell’Asia sud-orientale, comparsa in Europa nel 2004, probabilmente attraverso merci di origine cinese. In Francia, a causa dell’insetto, sono state segnalate perdite fino al 50% degli alveari. Il calabrone asiatico è un efficiente cacciatore di api, bottino che utilizza poi per nutrire le sue numerose larve.

«Siamo preoccupati per questa nuova minaccia», commenta Francesco Bortot, portavoce degli apicoltori di Confagricoltura Veneto, «perché in Francia i nostri colleghi hanno visto distrutti, in pochi anni, tutti gli alveari e sono stati costretti ad andarsene in cerca di posti indenni dalle vespe. Solo nel Montello, ad esempio, nel periodo di fioritura dell’acacia, abbiamo 20mila alveari, con una produzione di 30 chili di miele ciascuno, ma tutto il territorio veneto, dall’Altopiano di Asiago alle Dolomiti bellunesi, dalla Lessinia ai Colli Euganei, pullula di alveari. È importante fermare subito questo dannoso insetto prima che metta a repentaglio un’importante fonte di reddito per gli agricoltori. Per questo abbiamo già iniziato a mettere esche in maniera preventiva». Anche la Regione ha avviato una campagna di distribuzione di trappole sul territorio regionale e ha stanziato 70mila euro per un piano di monitoraggio e sorveglianza, in collaborazione con il Centro di apicoltura e il laboratorio di parassitologia dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie.

«Il monitoraggio di 200 apiari, cioè di postazioni di arnie in tutto il territorio regionale, è il primo atto di un piano di azione per debellare l’insetto che depaupera gli alveari», chiarisce Giuseppe Pan, assessore all’Agricoltura. «Se non interverremo subito e con azioni mirate, la vespa velutina potrebbe diventare una vera minaccia per gli apicoltori della regione». In Veneto si stima la presenza di 60mila alveari, con una produzione regionale di oltre 2.000 tonnellate di miele, di cui il 50% di acacia, il 20% di millefiori, il 15% di castagno e il 15% di altri mieli come il tiglio, il tarassaco, la melata di abete, la barena e piccolissime quantità di rododendro. Alta la produzione di polline, propoli, pappa reale e cera d’api. «Questa è l’ennesima calamità per gli agricoltori. Deriva dall’assenza di controlli su importazioni provenienti dal Far east. Quello che la Regione e le istituzioni possono fare è d’aiuto per un settore già messo ogni anno a dura prova da molti aspetti, alcuni imprevedibili come il clima», spiega Dino Boni, apicoltore e vicedirettore di Confagricoltura Verona, provincia dove si stima siano attivi circa 500 apicoltori, per circa 10mila alveari. «La campagna 2016 ha sofferto i danni di un clima freddo e piovoso in fioritura, a cui si sono sommate pioggia e grandine a maggio e giugno, che hanno tagliato la produzione d’acacia. La riduzione è stata tra il 40 e il 50%, mentre i prezzi, anche all’ingrosso, sono saliti alle stelle, toccando gli 8 euro al chilo rispetto ai 4,5 di alcuni anni fa, con un +40%». Trend negativo che si ripete negli ultimi 5 anni, caratterizzati da umidità e freddo tra la primavera e l’estate, condizioni che penalizzano la produzione di questo tipo di miele, il più richiesto dal mercato. E l’ape non è importante solo per il miele, ma anche perché è il principale insetto impollinatore, dalla cui sopravvivenza dipende la capacità riproduttiva di almeno 130.000 specie di piante.

Elisa Costanzo

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