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Suini, lo stop cinese frena il settore veneto

Ettore Prandini
Ettore Prandini
Ettore Prandini
Ettore Prandini

Il blocco della carne suina italiana in Cina preoccupa il comparto veneto. Sono 700mila i capi allevati in Veneto e destinati alla produzione di prosciutti Dop, un patrimonio zootecnico che vale 200 milioni di euro e coinvolge più di 300 allevamenti. «Se non si mette in campo tutta la diplomazia le ripercussioni saranno inevitabili anche per la realtà suinicola regionale», commenta Maurizio Milani, responsabile del gruppo suinicoltori Arava nonché allevatore associato a Coldiretti. «Lo stop alle esportazioni di carne di maiale Made in Italy imposto dalla Cina con il pretesto dei rischi per il contagio da Covid è una cosa assurda», continua Maurizio Milani, «e suona come una beffa se si considera che avviene a pochi giorni dalla firma dell’accordo sugli investimenti tra Cina e Unione Europea giustificato dall’obiettivo di favorire un maggiore accesso al mercato secondo lo stesso presidente cinese Xi Jinping». «L'intervento tempestivo del presidente della Coldiretti Ettore Prandini dopo l’allarme lanciato da Opas (Organizzazione prodotto allevatori suini), continua Milani, deve essere sostenuto trasversalmente mettendo in campo tutte le capacità politiche e di dialogo diplomatico affinchè la situazione si sblocchi». Al 3 gennaio, i rilievi in dogana segnalavano container di carne congelata e cartonata ferma perché ritenuta rischiosa per la diffusione del Covid. Si tratta, sostiene la Coldiretti, di una accusa paradossale e palesemente infondata. Le autorità cinesi minacciano ora di impedire a Opas e ad altre società europee di esportare la carne italiana e di distruggere tutta la merce congelata arrivata in container al porto di Yantian e ora bloccata alla dogana interna di Dong Guan. I container sono stati venduti a Cofco, la più importante società cinese di importazione di carne a partecipazione statale (6 miliardi di fatturato). «Un grave danno per l’agroalimentare Made in Italy che ha investito sulle prospettive di crescita delle esportazioni sul mercato asiatico», afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, nel chiedere «l’intervento delle autorità nazionali e comunitarie per fermare una pretestuosa guerra commerciale dagli esiti preoccupanti». Si teme infatti che dietro la decisione cinese ci sia in realtà, precisa Coldiretti, la volontà di creare ostacoli per sostenere la produzione locale di carne suina come dimostrano gli ingenti acquisti di alimenti effettuati sul mercato internazionale dal gigante asiatico per l’alimentazione del bestiame allevato. Lo scambio commerciale dell’Italia con la Cina è peraltro profondamente sbilanciato a favore del paese asiatico. •

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