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Stalle venete, la crisi non si arresta
Allevamenti sotto quota tremila

Un allevamento di bovini
Un allevamento di bovini
Un allevamento di bovini
Un allevamento di bovini

L’emorragia di aziende agricole venete, specializzate nel lattiero caseario, non si arresta. Nei primi otto mesi dell’anno sono state chiuse 147 stalle. A lanciare l’allarme è Confagricoltura regionale, che analizza i dati Aprolav, l’associazione dei produttori latte, secondo i quali, nel 2016, il numero di allevamenti è sceso per la prima volta sotto quota tremila, passando dai 3.131 del dicembre 2015 agli attuali 2.984.

Il quadro, identico all’anno precedente quando in Veneto sono cessate 431 imprese del settore, conferma il perdurare della crisi e la difficoltà di chiudere i bilanci a causa dei prezzi che non riescono a coprire i costi di produzione. Vicenza, da gennaio ad agosto, registra le perdite maggiori: da 1.009 a 965 stalle (- 44).

Seguono Padova, da 495 a 454 (-41) e Verona, 626 a 596 (-30), che in un biennio lascia sul campo 140 stalle. Infine, Belluno, da 328 a 303 (-24), Venezia da 134 a 114 (-20), Rovigo da 37 a 35 (-2). Unica provincia stabile Treviso, a quota 529 dopo aver registrato, nel solo 2015, la fine attività per 135 allevamenti.

La situazione resta emergenziale. «Siamo ancora lontani da remunerazioni che consentano ai nostri allevatori di raggiungere la soglia della sopravvivenza», spiega Fabio Curto, presidente del lattiero caseario di Confagricoltura Treviso e Veneto. «La multinazionale Lactalis paga 30 centesimi al litro, a fronte di un costo di produzione variabile tra i 40 ed i 44 centesimi». «Ad aggravare il quadro è il focolaio appena esploso di Blue Tongue, la febbre catarrale che colpisce ovini e bovini, con alcuni casi di malattia a Belluno e Treviso, in allargamento al Vicentino», aggiunge. Inoltre lo stallo dei consumi, «che comporta l’accumulo di grandi quantità di formaggi invenduti nei magazzini dei caseifici», segnala.

Qualche spiraglio riguarda il latte spot, venduto sfuso sul libero mercato a 37 centesimi, in risalita verso i 40. «Conseguenza dei contributi comunitari erogati per contenere la produzione di alcuni Paesi», dice Curto.

«Constatiamo, però, che ad un anno e mezzo dalla fine delle quote latte l’Unione europea ha già stanziato in due tranche un miliardo di euro, insufficiente a risollevare le imprese dalla gravissima crisi». Va.Za.

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