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CONSUMI.

Pandori e panettoni a Natale
confermano i volumi del 2012

Gran concentrazione di vendite a ridosso delle feste, più che in passato. Soddisfazione di Bauli, Melegatti, Paluani e Dal Colle
Pandori e panettoni a Natale<br />confermano i volumi del 2012
Pandori e panettoni a Natale<br />confermano i volumi del 2012
Pandori e panettoni a Natale<br />confermano i volumi del 2012
Pandori e panettoni a Natale<br />confermano i volumi del 2012

Panettone e pandoro non lievitano nei consumi ma tengono le posizioni dell'anno precedente, pur con una notevole concentrazione delle vendite a ridosso delle feste, molto più che in passato.
Forte di una tradizione ormai secolare e di un buon 65% delle famiglie italiane che per pranzi e cenoni spenderà la stessa cifra dell'anno scorso, anche in tempo di crisi i player veronesi dei dolci lievitati da ricorrenza mantengono un moderato ottimismo. «Rispetto al 2012 siamo in crescita nella produzione» commenta Alberto Bauli, quasi sorpreso per l'andamento della campagna produttiva 2013. «A dispetto di previsioni piuttosto pessimiste, notiamo un certo incremento dei volumi sostenuti soprattutto dalle politiche commerciali della grande distribuzione. Con i tempi che corrono non prevedo un aumento dei consumi, ma nemmeno un calo».
Il primo bilancio in casa Bauli è quindi positivo. Leader di comparto, grazie anche alla recente acquisizione di Bistefani, con il marchio Motta il gruppo di Castel d'Azzano ha portato oltre il 40% la propria quota di mercato nei lievitati da ricorrenza, con un fatturato che quest'anno raggiungerà il mezzo miliardo di euro grazie soprattutto alla notevole diversificazione di prodotti tra lievitati, croissanteria, biscotti e crackers.
Con una quota di comparto vicina al 15%, anche la Melegatti (seguita da Balocco con il 12% e da Maina con il 7%) ha di recente diminuito l'esposizione al mercato dei lievitati facendo scendere al 70% la quota di panettoni, pandori e colombe con l'acquisto della Marelli. Per Emanuela Perazzoli, presidente della storica azienda veronese, la stagione produttiva si chiude in crescita rispetto ad un 2012 che, al contrario, aveva risentito della contrazione dei consumi in misura più vistosa. «La stagione era inizia bene» afferma «grazie soprattutto alla visibilità data al prodotto dalla grande distribuzione. Poi il mercato si è sostanzialmente ingessato fino a metà di dicembre, quando gli ordini sono ripartiti su livelli soddisfacenti». Positiva è la previsione sul fatturato che dovrebbe assestarsi sui 56 milioni. Buone prospettive anche per gli altri player veronesi come Dal Colle e Paluani, le cui quote di mercato oscillano fra il 3 e il 4%.
LA PRODUZIONE REGGE. In generale, dopo il marcato calo del 2011, la produzione natalizia di comparto del 2012 è stata in leggera flessione, con un calo di volume dell'1% e del 2% sui prezzi. I quantitativi sono stati pari a 87 mila tonnellate per un valore di 591 milioni di euro. È una performance tutto sommato positiva se paragonata ad altre categorie di largo consumo.
Nel veronese si concentra come noto il 70% della produzione nazionale di lievitati da ricorrenza: dai forni della provincia escono più 90 dei 130 milioni di pezzi tra pandori (il 33%), panettoni (il 50%), colombe e prodotti speciali grazie al lavoro di circa 3 mila addetti fra fissi e stagionali per un totale di quasi 600 milioni di fatturato, cresciuto di oltre il 15% negli ultimi dieci anni. In lenta crescita sono i dati sull'export di prodotto, pari a circa il 10% del totale, diretto soprattutto in nord America, Germania e Russia. Un filone, quello del prodotto da vendere oltre frontiera, cui i produttori guardano con una certa attenzione anche per i maggiori margini che l'export concede.
Non è mancata anche quest'anno una certa tensione sulle materie prime, pur se in misura minore rispetto agli anni precedenti. «Da qualche mese i prezzi sono tutto sommato stabili, ma prodotti come il burro continuano a mantenere livelli di prezzo francamente elevati» conclude Emanuela Perazzoli «specie per “prodotti civetta” come i nostri, che la spesso la grande distribuzione tende a vendere ad un prezzo inferiore di circa il 20% rispetto a quello di costo».

Alessandro Azzoni

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