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La crisi

L'inflazione brucia i risparmi delle famiglie veronesi: una stangata da 3,4 miliardi di euro

La giacenza media è superiore ai 20mila euro. Tra le soluzioni suggerite ci sono piani di accumulo polizze, azioni e obbligazioni
Le famiglie hanno mantenuto in banca più o meno gli stessi risparmi che avevano a inizio anno
Le famiglie hanno mantenuto in banca più o meno gli stessi risparmi che avevano a inizio anno
Le famiglie hanno mantenuto in banca più o meno gli stessi risparmi che avevano a inizio anno
Le famiglie hanno mantenuto in banca più o meno gli stessi risparmi che avevano a inizio anno

Un’erosione lenta, impercettibile. Ma assolutamente reale. La sta producendo l’inflazione sui nostri risparmi da oltre un anno. Il conto è presto fatto: nel corso del solo 2022 la perdita di potere d’acquisto del denaro darà vita ad una stangata che a livello nazionale è calcolata in almeno 92 miliardi di euro. Tanti se ne mangerà l’inflazione – vista ormai al 12% - dai depositi in denaro degli italiani parcheggiati sui conti correnti. Il calcolo è dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha recentemente stimato l’entità della decurtazione subita dalla liquidità bancaria e postale per effetto del caro vita.

 

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Per il denaro depositato sui conti di Verona e provincia, una cifra vicina ai 30 miliardi, negli ultimi 12 mesi la «legnata» è di circa 3,4 miliardi di euro. E non è finita, perché nella migliore delle ipotesi il tasso di inflazione previsto dalla Bce nel 2023 non scenderà al di sotto del 5%. Una simile «mattanza» non accadeva nel Belpaese dall'inizio degli anni Ottanta. A livello nazionale le province più penalizzate sono quelle più popolate, quindi con livelli di ricchezza più alti: a Roma, infatti, negli ultimi 12 mesi l’inflazione si è mangiata 7,42 miliardi di euro di risparmi, a Milano 7,39, a Torino 3,85, a Napoli 3,33, a Brescia 2,24 e a Bologna 1,97.

 

Contro più alto per chi vive nelle città

A pagare il conto più salato sono quindi le famiglie residenti nelle grandi città, dove il caro vita si fa sentire in misura più incisiva. La stima del denaro bruciato dall'inflazione parte dall’ipotesi che le famiglie abbiano mantenuto nel proprio istituto di credito più o meno gli stessi risparmi che avevano a inizio anno. Ipotesi pienamente realistica perché, come confermato da tutti gli istituti bancari, la liquidità sta continuando ad aumentare.

 

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A segnalarlo è anche Bankitalia nei periodici bollettini. Un esempio arriva da casa nostra. A fine giugno i veronesi tenevano parcheggiata sui propri conti liquidità per più di 29 miliardi di euro, una cifra lievitata di oltre tre miliardi rispetto ai 26 miliardi del 2020 (erano 25 nel 2019), con una giacenza media largamente superiore ai 20 mila euro. Non ultimo il fatto che il 45% dei conti correnti contenga liquidità superiore ai 10 mila euro. Il 4% ne contiene addirittura più di 50 mila. «Pur essendo leader in Europa nella cosa più difficile da fare, ovvero risparmiare, gli italiani continuano a lasciare ingenti somme di denaro sui conti correnti per il “non si sa mai”» spiega Stefano Volpato, direttore commerciale di Banca Mediolanum. «Così facendo abbiamo accumulato una montagna di liquidità che sfiora i 2 mila miliardi, lasciata sempre più in balia della svalutazione. Quanto erode in un anno un’inflazione al 9% su 2 mila miliardi di euro? 172 miliardi. Ogni giorno di titubanza nella decisione di investimento erode un pezzetto di valore al risparmio che abbiamo accumulato con tanti sacrifici».

 

Un patrimonio distrutto. Cosa fare?

Sul tema è recentemente intervenuto anche il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, sottolineando che solo nei primi sei mesi dell'anno la ricchezza netta degli italiani è diminuita di oltre il 6% (con percentuali maggiori nel Nordest e nelle isole), anche in relazione al cattivo andamento dei mercati azionari. Quali allora le alternative alla lenta distruzione del nostro patrimonio mobiliare? «Rispetto al passato, l'atteggiamento dei risparmiatori deve necessariamente cambiare», commenta Gianfranco Venuti, responsabile del coordinamento privati di Banco Bpm.

«Per quanto ci riguarda siamo sempre più attenti ad offrire soluzioni diversificate per ogni investitore poiché attraverso una gestione professionale è oggi possibile salvaguardare e addirittura veder crescere il proprio patrimonio. Riteniamo infatti che in un momento come quello attuale un intervento progressivo sui mercati finanziari attraverso i piani di accumulo e polizze assicurative multiramo possano rappresentare soluzioni da prediligere per ottenere risultati positivi». Per Venuti, una maggiore quota, in relazione alla propria propensione al rischio, dovrà essere rivolta ai mercati azionari cogliendo quelle opportunità che, con un adeguato orizzonte temporale e la diversificazione consentita dal risparmio gestito, può offrire l’investimento in società quotate.

 

Ritorni positivi dagli investimenti obbligazionari

«Oltre a ciò», conclude, «anche l'investimento obbligazionario, sempre diversificato, ha oggi potenziali ritorni positivi che potranno essere colti da un investitore saggiamente attento». Per la conservazione del capitale reale al netto dell'inflazione, anche i Btp Italia continuano a rappresentare per i risparmiatori una valida opzione. Per valutare i loro rendimenti reali, è utile sapere che in ottobre questo titolo di stato ha staccato una maxi cedola superiore al 4% semestrale portando il rendimento all'8%.

Buona parte della perdita di potere di acquisto del denaro è insomma compensabile dall’aumento degli interessi sui depositi, a patto che la liquidità sia effettivamente investita in uno strumento azionario, obbligazionario, di stato o corporate, in una polizza vita oppure su una forma di deposito più o meno vincolato. Sono questi ultimi, in particolare, ad essere tornati in voga come una decina d'anni fa riconoscendo alla clientela tassi compresi fra il 3 e il 4% annuo. Notizie interessanti, infine, anche per i 47,7 milioni di correntisti italiani (a Verona sono quasi 700 mila, compresi quelli delle attività commerciali) per i quali potrebbe arrivare a breve una piccola sorpresa. Grazie all'ultimo rialzo dei tassi operato dalla Bce - ne arriverà un altro, più contenuto, entro l'anno - dopo quasi un decennio dovrebbero tornare le condizioni per una parziale remunerazione dei conti. Interessi minimi, fra lo 0,25 e l'1%, ma già qualcosa rispetto al nulla degli ultimi anni.

Alessandro Azzoni

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