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VALPOLICELLA

Il Consorzio avvia una causa contro le Famiglie dell'Amarone

Tutte quelle che erano ancora socie hanno dato le dimissioni dall'ente di tutela. Il presidente Marchesini: «Ci muoviamo su delega del Ministero»
Christian Marchesini
Christian Marchesini
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Il Consorzio di tutela vini Valpolicella ha avviato un'azione legale nei confronti dell'associazione Le Famiglie dell'Amarone d'arte, per l'utilizzo del termine Amarone associato ad altre parole: si tratta di una denominazione protetta a livello comunitario, che come tale può essere abbinata soltanto al termine Valpolicella, come previsto anche dal disciplinare di produzione. «L'utilizzo della denominazione Amarone all'interno del nome Le Famiglie dell'Amarone d'arte è improprio: su questo punto abbiamo interrogato il Ministero dell'Agricoltura, che ci ha invitati a intervenire per ripristinare la legittimità. Quindi come Consorzio stiamo agendo in sede legale, su delega del Ministero stesso, a salvaguardia della denominazione, una dop che è patrimonio di tutti». A spiegare i motivi del contendere è Christian Marchesini, presidente del Consorzio del Valpolicella che ieri ha informato con una newsletter i propri soci - complessivamente 2.600 circa tra produttori, imbottigliatori e cantine cooperative - riguardo all'azione legale avviata dall'organismo di tutela nei confronti dell'associazione di aziende. Di queste, dodici in tutto, quelle che ancora facevano parte del Consorzio, cioè otto, hanno comunicato il proprio recesso. «Altrimenti avremmo dovuto quantomeno sospenderli», prosegue Marchesini. «È un'iniziativa che dispiace anche a noi; ma eravamo in pieno conflitto d'interessi». Per il Consorzio, infatti, a una dop non può essere abbinato alcun termine laudativo, come prescrive il disciplinare di produzione; inoltre, aggiunge Marchesini, le leggi comunitarie non permettono che un gruppo vada ad utilizzare indebitamente una denominazione, in questo caso il termine Amarone, «che è patrimonio di tutti». «Il decreto legislativo 61/2010 che tutela le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche dei vini», prosegue il presidente, «prevede regole precise. Ora stiamo agendo su delega del Ministero stesso, perché siamo detentori della tutela delle denominazioni. Il ministero ci ha invitati a intervenire perché non è possibile da parte di un privato registrare un marchio che contenga al suo interno una denominazione di origine protetta, ovvero una menzione tradizionale, o un marchio collettivo: circostanze, queste, tutte riconducibili all'Amarone della Valpolicella docg». Il Consorzio non ha nulla contro di loro, tiene a sottolineare Marchesini, e «se si fossero chiamati Famiglie del vino d'arte non ci sarebbe stato nulla da eccepire. Tutti coloro che usano una denominazione sono assoggettati a una serie di regole; queste aziende non possono utilizzarla all'interno della loro attività promozionale, anche perché in questo modo si viene a creare una dicotomia tra un gruppo d'arte e un gruppo che non lo è». La disputa riguarda un brand che è trainante per l'intero settore vitivinicolo italiano: la Valpolicella esprime complessivamente un fatturato di 550 milioni di euro, di cui ben 325 milioni sono generati dall'Amarone (dati 2013).Nel 2014 il prezzo medio di questo vino è cresciuto del 7% con incrementi significativi nei mercati tradizionali, come l'area euro, a +5,9%; in Russia ha raggiunto addirittura un + 28,5%.La produzione complessiva del Consorzio di tutela è di circa 60 milioni di bottiglie tra Amarone, Valpolicella, Ripasso e Recioto.

Laura Zanoni

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