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Economia

Gioco d’azzardo in crescita: Verona spende 900 milioni di euro l'anno

di Alessandro Azzoni

Due mondi a confronto. Prima che diventi uno scontro. Da una parte il gioco, la scommessa, la speranza di vincere: lotterie, gratta e vinci, casinò, videolottery, scommesse sportive solo per citarne alcuni. Dall’altro una fonte di gettito fiscale non indifferente, pari a 12 miliardi all’anno, e un indotto che solo nel settore slot dà lavoro a circa 1200 persone. In mezzo c’è l’esigenza sempre più forte di tutelare la salute da una forma di dipendenza che può diventare patologica.

In continua crescita
I primi dati del 2023 dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sono chiari: parlano di un ammontare di spesa in giochi e scommesse per almeno 149 miliardi, quasi l’8% del Pil, con un gettito complessivo per le casse erariali di oltre 12 miliardi. Il dato cresce poi di 13 miliardi sui 136 giocati nel 2022, che a sua volta era cresciuto del 22% rispetto al 2021, quando gli italiani avevano scommesso 112 miliardi. Va poi considerata la dimensione «sommersa» del fenomeno, quella illegale, pari a al 15/20% del totale. Numeri enormi, quindi, che fanno dell’Italia il primo Paese d’Europa per entità di spesa. È come se ogni cittadino maggiorenne avesse giocato nel solo 2023 una cifra di 2.880 euro. Per il solo Gratta e Vinci – 7,4 milioni di tagliandi venduti – vengono spesi 1.405 euro pro capite. Fra le regioni italiane, nella classifica assoluta di raccolta su rete fisica, il Veneto è al quarto posto con giocate per circa 5 miliardi e vincite per 3,6. Nella provincia di Verona l’ammontare delle giocate è di 900 milioni di euro all’anno (dato 2022), 280 dei quali in città.

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Dal fisico al digitale
Il tema è stato recentemente affrontato a Verona nella sede dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere nel corso di un seminario dal titolo «Sport, legalità e azzardo» promosso dall’associazione Avviso Pubblico e patrocinato dal Comune di Verona. «La tendenza che osserviamo è quella di un incremento costante della quantità di denaro speso nel gioco d’azzardo, specie quello on line, letteralmente esploso a seguito delle chiusure imposte dalla pandemia» osserva Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico. «Negli ultimi anni è cambiata infatti la modalità di gioco. Se fino al 2019 a primeggiare era quello sulla rete fisica, dal 2020 la tendenza si è invertita: oggi il gioco on line assorbe quasi il 55% del totale delle giocate. Ed è questo un motivo di preoccupazione perché grazie a smartphone, tablet e pc le occasioni di accesso al gioco d’azzardo si sono moltiplicate. È quindi sempre più stringente la necessità di coniugare il settore dei giochi con la salute dei giocatori, giochi che in taluni casi sfociano nel tunnel della dipendenza».

Emergenza minori
Le esigenze di tutela vanno poi estese ai minori. L’Osservatorio del Gioco d’Azzardo ha rilevato che, nel 2022 il 43% dei giovani compresi tra i 14 e i 19 anni ha iniziato a praticare il gioco. Il 5% di loro è classificato come «frequent player», ovvero scommette almeno una volta alla settimana, mentre l’1% gioca ogni giorno. «A fronte di questi dati occorre agire con una certa determinazione sul fronte normativo», commenta Diego Bonavina, assessore del Comune di Padova e coordinatore provinciale di Avviso Pubblico. «Ancora non abbiamo ad esempio un testo unico che regoli e disciplini tutte le norme sul gioco d’azzardo. Sono poi personalmente contrario alla compartecipazione al gettito da parte degli enti locali; ciò comporterebbe una crescita del gioco legalizzato per nuove fonti di cassa e renderebbe alquanto difficile la riduzione dell’offerta richiesta invece a più riprese dagli enti locali e da molti soggetti attivi nel campo della prevenzione e del contrasto al gioco patologico. Non secondaria l’azione di contrasto alla criminalità organizzata, che del gioco illegale ha sempre fatto una delle principali voci del proprio operato», conclude Bonavina.

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