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Geopolitica, mercati e rinnovabili: perché aumenta l’energia

Gasdotto Un lavoratore controlla l’impianto nel più importante gasdotto in Ucraina
Gasdotto Un lavoratore controlla l’impianto nel più importante gasdotto in Ucraina
Gasdotto Un lavoratore controlla l’impianto nel più importante gasdotto in Ucraina
Gasdotto Un lavoratore controlla l’impianto nel più importante gasdotto in Ucraina

I prezzi dell’energia alle stelle stanno mettendo a dura prova la tenuta delle aziende e delle famiglie italiane e veronesi. Da aprile a dicembre 2021 il gas è aumentato dell’84,4% l’elettricità dell’86,9%. Dopo un’impennata terribile di novembre c’è stato un lieve rallentamento, dovuto soprattutto al calo dei consumi, e nei primi tre mesi del 2022 si prevede che il gas aumenti di quasi un altro +50% e l’elettricità del 55%. Le aziende che hanno ricevuto e firmato ordini (e ce ne sono moltissimi dal mercato nazionale, europeo ed extraeuropeo) nella prima parte del 2021, ora non riescono a evaderli perché i margini non solo sono azzerati dai nuovi costi di materie prime ed energia ma addirittura dovrebbero produrli in perdita. Non conviene, ne va della sopravvivenza della stessa attività. Perché c’è stata questa impennata mai vista prima. Da più parti si parla di tempesta perfetta data da una concomitanza di diversi fattori. Prima di tutto la ripresa economica Il 2021, dopo un anno segnato dalla pandemia mondiale con lo svuotamento di magazzini e scorte, ha visto una vera e propria corsa all’acquisto di materie prime con una forte ripartenza della macchina produttiva, non solo italiana ma anche europea, americana e soprattutto cinese. Addirittura con previsioni di crescita superiori a quelle del 2019. Più produzione, più richiesta di energia. Da dove arriva l’energia con cui noi accendiamo le nostre lampadine, i frigoriferi, le macchine della nostra manifattura made in Italy, seconda solo alla Germania in Europa? Dipendenza da gas e Russia In Italia oltre il 50% dell’elettricità viene prodotta dal gas e i nostri fornitori storici sono Libia, Algeria, Nord Europa e Russia. Il tema quindi dell’approvvigionamento della materia prima (il gas) è uno dei nodi della crisi che stiamo vivendo, con una tensione sui mercati che il direttore operativo di Agsm Energia, Floriano Ceschi, nei giorni scorsi ha definito «peggiore di quella degli anni Settanta», ai tempi dello shock petrolifero. Ora di petrolio si parla sì - la benzina verde è aumentata del 23% e il diesel del 24,5% - ma non è la fonte principale che sta determinando i giochi sullo scacchiere geopolitico. L’aumento del metano infatti, rispetto agli altri carburanti, ha toccato +90% e il Gpl ha superato il +30%. Come se questi fossero diventati i carburanti «puliti» della transizione energetica. Torniamo alla geopolitica: i prezzi funzionano con la regola della domanda/offerta, se di gas ce n’è poco e la domanda è grande, il prezzo rimbalza. Attualmente il gas sul mercato scarseggia rischiando di lasciare a secco molti acquirenti (stati sovrani e compagnie private). Non c’è gas a sufficienza. Per tre motivi: primo perché Libia e Algeria non sono più fornitori tanto affidabili, data la loro instabilità politica, inoltre i rapporti tra Europa (Germania in particolare) e Russia sono diventati molto più tesi, sia per la questione politica dell’Ucraina sia per il passaggio del gasdotto Nord Stream. E quindi la Russia di Putin tra la forte richiesta di Cina (che in pochi anni raddoppierà il consumo di gas) e l’Europa che va in ordine sparso sta indirizzando il gas verso Pechino, e lo fa sia per una prova di forza politica sia per realizzare maggiori guadagni. Il 40% dell’energia elettrica europea dipende dal gas russo. Troppo rischioso. La finanza se n’è accorta e nei mesi scorsi ha soffiato sui mercati surriscaldando i listini. Politica energetica Ue e rinnovabili Questa instabilità sui mercati energetici è madre di un altro fattore: le carenze di una vera politica energetica europea. La produzione di elettricità in Italia e in Europa è troppo dipendente dal gas e troppo vincolante all’unico fornitore, la Russia. Il prezzo del gas è costruito a livello europeo e non sugli stati singoli: l’Italia ha un buon stoccaggio di gas e potrebbe spuntare un prezzo migliore, ma il prezzo va misurato sulla domanda complessiva. Inoltre, l’Europa ha puntato molto sulle fonti rinnovabili ponendo come prioritario il passaggio in tempi brevi all’autosufficienza energetica attraverso fonti green (eolico, solare, geotermico, fotovoltaico) sganciandosi dalla dipendenza dalla Russia. Peccato che nel 2021 la produzione di queste fonti energetiche sia stata sotto le previsioni: nel Nord Europa c’è stato poco vento e i campi eolici non hanno prodotto quanto sperato. Solare, eolico e fotovoltaico hanno ancora due problemi, che a detta di alcuni osservatori internazionali, l’Europa ha sottovalutato: la mancanza di produzioni certe e la difficoltà di stoccare l’energia prodotta e non consumata. Tanto che paradossalmente deve essere consumata durante il giorno e non di notte perché è più difficile stoccarla. A differenza della produzione di energia da gas, nucleare, carbone o idroelettrica che è a produzione continua, diventa più conveniente di notte essendoci la stessa produzione energetica ma meno utenti attivi diventa più conveniente. Sempre legato alla politica energetica c’è un altro fattore: alla forte spinta sulle fonti rinnovabili Europa e Italia hanno disincentivato a investire nel gas e in particolare nel trovare e gestire nuovi giacimenti di gas. Nelle nostre bollette lo Stato, oltre al canone Rai, ha prelevato negli ultimi anni circa 15 miliardi all’anno da investire nelle nuove fonti rinnovabili e nella sostenibilità (incentivi impianti, motori etc). Questa somma è stata congelata da dicembre e in questa rientrano i 9,5 miliardi messi a disposizione negli ultimi sei mesi dal governo per raffreddare il caro-bollette. Transizione e nucleare Non c’è quindi una strategia energetica Ue comune, e lo si è visto anche nei giorni scorsi quando si è tentato di affrontare il nodo bollette e considerare (tassonomia) nucleare e gas fonti necessarie alla transizione green: da una parte i Paesi del Nord guidati dalla Germania anti-nucleare che non vogliono modificare le regole del mercato energetico Ue, dall’altra gli Stati del Sud Europa con in testa Italia (pro-gas) e Francia (pro-nucleare) che vogliono sganciare il prezzo dell’energia elettrica dal gas. La Germania produce la metà dell’energia elettrica con il carbone e ha già fermato alcune industrie convinta che questa fiammata sia destinata a rientrare a marzo. Contratti di acquisto più lunghi E ora? A detta di molti operatori del settore, bisogna iniziare ad abituarci ad avere prezzi più alti dell’energia. Ma non solo. «La transizione energetica ha un costo e deve essere gestita evitando che diventi una questione solamente ideologica», afferma Federico Testa, ex presidente di Enea e professore ordinario di Economia e Gestione delle imprese all’Università di Verona, «Sappiamo che il solare e il fotovoltaico hanno ancora limiti legati alla necessità di poter accumulare l’energia prodotta quando sole e vento ci sono... e quindi non si può, come è successo fino ad oggi, disincentivare tutti gli investimenti sul gas, serve un equilibrio tra spinta alla sostenibilità e gestione della transizione, e poi i contratti di acquisto per la fornitura di gas dovrebbero avere una durata più lunga, se siamo in queste condizioni è anche perché si è acquistato troppo spesso sul mercato spot».•.

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