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L’economia veneta reagisce al Covid

L’economia veneta ha saputo reagire allo stress test del covid. Non appena i morsi della pandemia si sono allentati le imprese venete manifatturiere hanno fatto un enorme inaspettato balzo in estate. Parziale, non c’è dubbio: l’attività produttiva è calata in tutti i settori e con una riduzione media del 10,8%. Con uno slancio che dopo settembre si è attenuato, vista la continua batosta su turismo e terziario. E con gli imprenditori che stanno pigiando il tasto stop agli investimenti, basti pensare che da giugno a settembre c’è stato un aumento di quasi 4 miliardi di giacenze nei conti. Però il grafico elaborato nella sede regionale della Banca d’Italia, che ha creato da tempo il suo indice Ven-Ice (mette assieme 170 indicatori per fotografare la situazione reale) una nota di speranza vuole darla. Dopo aver toccato il fondo la linea del recupero si è messa a salire. «Nessuno si aspettava una risposta nel terzo trimestre così forte, vivace e robusta nel comparto manifatturiero tanto che le nostre previsioni di fine giugno evidenziavano cali più intensi». Così Paolo Chiades che ha illustrato ieri l’aggiornamento congiunturale dell’economia del Veneto con il responsabile Vanni Mengotto, Mariano Graziano e il direttore regionale Emanuele Alagna. RECESSIONE E INCERTEZZA. Il quadro non permette brindisi. Alagna nelle premesse si rifà alle parole del direttore generale di Banca d’Italia parlando di recessione di portata eccezionale, «la più grande della storia italiana contemporanea in tempo di pace». Eppure, dopo aver toccato il fondo con il lockdown, il recupero si è visto nel terzo trimestre diffuso, illustra l’indagine regionale, in tutti i comparti e in particolare nel manifatturiero anche se il livello di attività in regione è ancora molto al di sotto da inizio anno. E lo scenario è troppo incerto per parlare di ripresa. Infatti il sondaggio condotto tra settembre e ottobre dalla Banca d’Italia su un campione di imprese venete con almeno 20 addetti ha detto chiaro che se nei primi mesi 2020 si programmava una riduzione degli investimenti, ora la quasi totalità del campione sta fermando gli acquisti di beni capitali. «I programmi per il 2021», per essere chiari, «non prefigurano una significativa ripresa degli investimenti». LIQUIDITÀ NEI CONTI. Un congelamento con la mannaia della seconda ondata covid e il rischio di nuove chiusure che porta anche all’aumento delle giacenze nei conti. In Veneto i depositi hanno superato i 139 miliardi, di cui 95,3 delle famiglie consumatrici (+2,6 miliardi da gennaio a settembre) e 44,1 miliardi delle imprese (+7,1 da gennaio, +4 miliardi in tre mesi giugno-settembre). A Verona la liquidità tra famiglie e imprese ammonta 27,3 miliardi, a Vicenza a 25,7 entrambe in crescita. REDDITIVITÀ IN CALO. La crisi sanitaria poi ha determinato un drastico calo dei ricavi: il 57% delle industrie e servizi valuta di chiudere il 2020 in utile o in pareggio (erano l’83% quando un anno fa si chiedevano le prospettive per il 2019), addirittura più bassa di quella rilevata durante la crisi del debito sovrano. Del resto se il manifatturiero ha compiuto un balzo, moda e trasporti sono stati bastonati. E l’export che ha sempre fatto reggere i conti dell’economia veneta per tutti gli anni della crisi economica ora si è ridotto del 14,6%, cresciuto solo nel farmaceutico, ristagnato nell’agro-alimentare, ridotto in tutti gli altri settori. A vedere più roseo oggi risultano le imprese delle costruzioni: il sondaggio (imprese con almeno 10 addetti) indica che il 2020 sarà in calo, ma le prospettive per il 2021 sono «nettamente positive» per la maggioranza del campione, legate alle prospettive sugli effetti degli incentivi fiscali e anche sulla ripresa degli investimenti pubblici. PROTEZIONI E SPERANZE. C’è da dire che il Governo ha messo in piedi una serie di “protezioni” che si stanno prorogando. L’indagine mette in luce alcuni effetti legati ai prestiti garantiti e alle moratorie. Appare scontata la crescita dei prestiti alle imprese, accelerata nel corso dell’estate e associata «ad una maggiore domanda di credito per esigenze di finanziamento del circolante e a scopi precauzionali». Tra il 25 marzo e la fine di ottobre il fondo di garanzia ha accolto 107mila richieste di finanziamento ad imprese venete (il 9% del totale nazionale), pari a quasi 11 miliardi (l’11,5% del totale nazionale). E le richieste di moratorie sono un terzo dell’ammontare dei prestiti alle imprese venete. Protezioni per le quali si va verso la proroga, così come sarà prorogata la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti, così come si attendono nuovi fondi dal Recovery Fund. Su come reagirà il sistema bancario dopo la fine delle moratorie, con la possibile mannaia dell’aumento dei crediti deteriorati, è rassicurante il direttore regionale: le precedenti crisi e la supervisione, è il suo ragionamento, hanno rafforzato il sistema. Alla fine però un po’ tutti sono alla finestra. E lo sguardo cade sempre su quel grafico: «Il nocciolo è che con il covid siamo finiti in un laboratorio», è l’immagine del direttore Alagna, zma i mesi estivi ci hanno permesso di testare la capacità di reazione positiva dell’economia. Questa è la speranza». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Roberta Bassan

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