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Bauli: «Basta false promesse
Ai politici chiediamo serietà» / 2^ parte

Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona
Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona
Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona
Michele Bauli, presidente di Confindustria Verona

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Ma nello specifico cosa davvero non le piace?

Intanto non ho sentito nessuno dire che siamo un Paese manifatturiero, il secondo in Europa dopo la Germania, e che da questo presupposto deve partire qualsiasi visione per il futuro. Ma le imprese sono le uniche che possono creare lavoro e rendere disponibili le risorse da investire in uno stato sociale più equo. Sento tante promesse miracolistiche mirate solo ad illudere gli elettori. Dichiarazioni spot senza visione di lungo respiro.

E dunque che fare?

Credo che la politica, se rispetta gli elettori, debba indicare una direzione e proporre un ampio pacchetto di riforme in grado di cambiare il Paese. Cercare il consenso promettendo cose quali il reddito di cittadinanza e poi di cancellare o approvare singoli provvedimenti senza un impianto generale che tenga conto di possibili problemi di bilancio è poco serio.

Ci fa qualche esempio?

Esempi? Sono molti. Prendiamo la grande questione dei giovani. È indubbio che i lunghi anni di crisi abbiano creato molti squilibri: sacche di nuova povertà che vanno eliminate, posti di lavoro distrutti da ricostruire, tanti giovani disillusi e preoccupati per il loro futuro. A tutto questo si risponde con politiche di equità e di inclusione, che passano comunque dallo sviluppo della impresa che crea lavoro. E poi bisogna dare ai nostri ragazzi la fiducia che al centro ci sono il merito e le competenze.

Invece?

Invece si promettono piccoli contributi a pioggia, che non cambiano la vita delle persone, anzi le mortificano. Non si investe nella scuola, nell'università, nella ricerca. Se vogliamo una società sana e giusta dobbiamo parlare di sviluppo, lavoro e merito. Di lavoro, che è alla base della nostra Costituzione, rispettosa della dignità di ciascuno, a cominciare dai giovani.

Altri esempi?

Con un debito pubblico che supera il pil del 30% bisogna fare attenzione a come si amministra la cosa pubblica e soprattutto a quel che si dice. C’è chi vuol convincere gli elettoriche la soluzione ditutto è uscire dall’Europa. Come se anni di malgoverno, di sprechi e di spese folli fossero colpa dell'Europa. Ed oggi rinunciare al progetto europeo potesse d'un colpo migliorare la vita dei cittadini italiani. Chi sostiene questo è incompetente o in malafede.

D’altra parte Confindustria da sempre è europeista...

Non potrebbe essere altrimenti. In un mondo che si globalizza solo un’area ampia di consumatori, una moneta forte e riconosciuta al pari del dollaro, una politica coordinata su temi strategici può dare a ciascun Paese europeo unposto di rilievo nel panorama mondiale.

Però alcune decisioni dei cosiddetti burocrati di Bruxelles lasciano perplessi...

Guardi, l’Europa va riformata, sia chiaro. Ci sono tanti aspetti di funzionamento e di come vengono assunte le decisioni che devono essere rivisti. Ma tutto ciò va fatto dall’interno senza per questo mettere in discussione l’unico disegno possibile per il Vecchio Continente.

Dunque il futuro è l'Europa?

Alle Assise di Confindustria del 16 febbraio la presenza del Presidente Barroso è una chiara manifestazione di quale sia l’opzione indiscutibile cui è legato il nostro futuro.

Ma in questa agenda che presenterete il 16 febbraio cosa ci sarà?

Innanzitutto la visione un progetto per il Paese, un progetto dove al centro c’è l’impresa come entità sociale in cui dominano i valori del merito e del miglioramento continuo, ma anche comeluogo in cui si possono esprimere le persone e avere la loro dimensione di vita. A partire dagli imprenditori. Se l’Italia ha il suo posto tra i Paesi avanzati lo deve allo sviluppo del suo sistema produttivo.

Mi sembra che su questo tema però vi sia una sostanziale convergenza nella politica ...

Forse a parole. Nel fatti l'idea non trova un consenso diffuso. Diciamolo chiaramente, ancora oggi l’Italia è un Paese in parte anti industriale. E ci sono formazioni che se non ne fanno la bandiera comunque restano freddi. Una contraddizione che appartiene solo a noi. Invece bisogna mettere l'impresa al centro.

Cosa vuol dire in pratica?

Mettere le aziende al centro vuol dire riformare il sistema della formazione perché educhi i nostri ragazzi a confrontarsi sulle competenze; vuol dire ridurre il cuneo fiscale se si vuole creare lavoro stabile; vuol dire combattere l’evasione non per fare cassa ma per creare situazione di equità tra i contribuenti; vuol dire assicurare legalità; vuol dire avere un piano per accompagnare le imprese sui mercati esteri con una diplomazia economica uguale a quella che altri paesi sanno mettere in campo. Queste sono le priorità che abbiamo condiviso con i colleghi di Confindustria Verona ma sono priorità che riguardano tutti, imprenditori e lavoratori, cittadini.

Pensa davvero che il nostro Paese abbia la capacità per un salto del genere?

Siamo un grande Paese, le potenzialità ci sono tutte. Ma la società non può trasformarsi con la bacchetta magica ma attraverso impegno e serietà. Il nuovo governo avrà una grande responsabilità: quella di non vanificare i risultati timidi ma evidenti di una nuova stagione di crescita.

È ottimista?

Abbiamo vissuto anni difficili ma abbiamo anche visto avviarsi riforme importanti e la rinascita della politica industriale dopo 30 anni di oblio con la strategia 4.0 che ha ridato spinta agli investimenti industriali che sono poi reddito, entrate per lo Stato, insomma, un volano di sviluppo. L’appuntamento del 16 febbraio in Fiera serve proprio a ribadire la scelta responsabile verso le riforme. A partire anche da quelle istituzionali che dopo il referendum del 2016 nessuno ha più riconsiderato, come se non ce ne fosse più bisogno.

Guardi che per la riforma istituzionale Renzi ha perso la poltrona...

È un tema scottante, è vero, e affrontarlo è rischioso per i partiti ma non per questo è meno necessario.

Ma che appello si sente di fare a questa politica?

Che abbia il coraggio di dire agli italiani che farà ciò che serve e non lanciare promesse a vanvera. È una responsabilità scomoda, che forse premia poco nell'urna, ma che una classe politica matura deve assumersi. Noi alle Assise ci assumeremo la nostra

Maurizio Cattaneo

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