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Moltissimi anche a Verona

Artisti e lavoratori
dello spettacolo
Migliaia senza aiuti

Moltissimi anche a Verona
Lavoratori dello spettacolo
Lavoratori dello spettacolo
Lavoratori dello spettacolo
Lavoratori dello spettacolo

Non lavorano e non guadagnano dal 24 febbraio, da quando cioè il mondo degli spettacoli «live» si è fermato.

 

Sono musicisti, attori, ballerini, tecnici, fonici, fotografi, registi, insegnanti, addetti stampa, formalmente lavoratori dipendenti, benché lavorino e vengano pagati solo nei giorni in cui viene attivata la chiamata. Sono i cosiddetti «intermittenti» dello spettacolo: 200mila in Italia, diverse migliaia anche in provincia di Verona.

Basti considerare che Doc Servizi, la società cooperativa nata a Verona nel 2015, ne conta 3mila, seicento dei quali sono sul territorio scaligero. I suoi dipendenti diretti, 180, li ha messi tutti in cassa integrazione, ma da settimane si sta muovendo anche per aiutare questi lavoratori, che non hanno diritto a indennità né ammortizzatori sociali «e ci chiamano per chiederci aiuto, disposti a fare qualsiasi cosa», commenta Chiara Chiappa, presidente della Fondazione Centro Studi Doc, supportata da Doc Servizi. «Pur pagando i contributi tutti i mesi», spiega, «questi lavoratori intermittenti non possono usufruire degli ammortizzatori sociali, perché Fis e cassa in deroga si calcolano sulle future retribuzioni da contratto, ma per gli intermittenti non ci sono contratti dopo il 23 febbraio.

 

Non hanno diritto nemmeno all’indennità dei 600 euro, perché ne sono esclusi i titolari di rapporto di lavoro dipendente: quindi questa misura esclude tutti gli intermittenti, che al 23 febbraio risultavano assunti ma senza nessuna possibilità di lavorare oltre quella data». E ancora, non possono richiedere nemmeno la Napsi, perché il Governo ha introdotto il divieto di licenziare i dipendenti che erano assunti al 23 febbraio: ne segue che, non potendo esserci una cessazione del rapporto di lavoro, i lavoratori dipendenti dello spettacolo non possono nemmeno avere accesso all’indennità di disoccupazione. Infine, la malattia, della quale non possono usufruire se fossero costretti alla quarantena a causa del contagio: i lavoratori dello spettacolo possono accedervi solo dopo cento giorni di lavoro dal primo gennaio dell’anno precedente, «quindi sono pochissimi gli artisti e tecnici che possono averne diritto», conclude Chiappa.

Che sottolinea poi la situazione particolare nella quale si trovano gli insegnanti assunti part time, che svolgevano una ventina di ore di lezione a settimana: «La cassa integrazione prevede un tetto massimo di 5,90 euro lordi l’ora, a fronte dei 40, 50 euro che venivano pagati prima dell’emergenza, una cifra che teneva conto della professionalità ma anche del tempo investito per preparare le lezioni». Tutto il settore si è appellato nelle scorse settimane al Governo, e di questa situazione si è fatta portavoce la deputata veronese del Pd Alessia Rotta, che ha presentato un’interrogazione al ministro dei Beni, Attività Culturali e Turismo, Dario Franceschini. Ottenendo un risultato: «Nel prossimo decreto utile», spiega Rotta, «il Governo estenderà le misure di sostegno economico all’intera platea dei lavoratori dello spettacolo, a prescindere dalla tipologia di contratto di lavoro in essere, poiché si tratta di una delle categorie di lavoratori più colpite dalla chiusura delle attività dovuta all’emergenza». Poi servirà pensare al dopo. Chiappa lo sa bene: «L’industria dello spettacolo sarà necessariamente una delle ultime a ripartire. Il Governo sta dimostrando la volontà di non lasciare indietro nessuno, quanto assicurato dal ministro Franceschini ci dà conforto. Ma i tempi saranno ancora lunghi»

Francesca Lorandi

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