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La crisi idrica

Non piove più, piano di emergenza per i vigneti

Si rischia un altro calo delle rese del 15-20 per cento
Vigneti nell'Est Veronese
Vigneti nell'Est Veronese
Vigneti nell'Est Veronese
Vigneti nell'Est Veronese

I livelli delle acque del lago di Garda sono calati ai minimi storici, a Verona non piove da circa tre mesi e l’inverno ha temperature che strizzano l’occhio alla primavera. Così il mondo del vino, motore dell’economia agricola veronese, ha deciso di confrontarsi con la Regione e le istituzioni. 

 

Le preoccupazioni

«La situazione è preoccupante perché partiamo con metà acqua rispetto all'anno scorso, in cui abbiamo gestito bene la siccità grazie al Consorzio di irrigazione», lancia l’allarme Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio tutela vino Bardolino. 
«Stiamo dialogando con la Regione e il consorzio di irrigazione per affrontare l'eventuale siccità. Ci mancano tante riserve idriche, oltre alla neve in montagna. L'attività vegetativa della vite è in fase di quiescenza, per ora non ravvisiamo problematiche urgenti, ciò che conta è che da metà marzo si verifichino precipitazioni per fare partire la stagione in modo abbastanza uniforme».

Quali sono i rischi? «Un anno molto siccitoso può comportare la sovramaturazione delle uve e uno squilibrio tra acidità e alcol nei vini, oltre a basse produzioni per la mancanza di acqua. La vendemmia 2022 ha già registrato un calo rispetto al 2021 di circa il 10 per cento». In questo senso auspica collaborazione tra tutte le istituzioni per garantire il servizio irriguo ai produttori senza costi eccessivi. 
«Purtroppo, le spese irrigue sono aumentate del 40 per cento, cui va aggiunto un incremento del 30 nel 2022 dei costi di trasformazione», continua Franco Cristoforetti. «E se è vero che i prezzi di gas e corrente elettrica si stanno ridimensionando, la spesa per materie prime come la carta e, soprattutto vetro, in un anno è passata dal 40 al 100 per cento».

 

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Le speranze

Guarda al cielo Igor Gladich, direttore del Consorzio di tutela vini del Soave: «La situazione che si sta preannunciando sembra molto ricalcare quella della stagione scorsa». E precisa: «Da noi la siccità è un problema strutturale, in passato è stato investito poco per questa problematica e a pagarne maggiormente lo scotto sono le zone collinari». 
Il dialogo con tutti gli enti interessati alla gestione della risorsa idrica, consorzio dell’alta pianura in primis, è fervido dopo un emergenziale 2022. «L’obiettivo è riprendere in mano insieme a loro progetti di dieci anni fa per portare l’acqua in alcune zone collinari del Soave che comportavano allora, in cui le stagioni erano piovose, un investimento di oltre due milioni di euro che oggi andrebbe adeguato. Occorre realizzare una rete di pozzi condivisibili dai produttori con piani irrigui e turnazioni. La prima fase comporta il monitoraggio dei pozzi esistenti, poi occorre condividere la risorsa idrica in micro-bacini». Le aziende oggi attendono la pioggia per dotare le viti di acqua con cui riempire falde e le riserve, soprattutto nei periodi fenologici più delicati della vite, per affrontare futuri rischi fitopatologici e stress. E incrociano le dita per i prossimi mesi, quando ripartirà l’attività vegetativa. 

 

Cosa si può fare?

Chiuso da poco il progetto Soilution System per ridurre il rischio erosivo dei suoli, ora Igor Gladich auspica precipitazioni prolungate. E ipotizza con il prossimo Programma di sviluppo rurale di proseguire il progetto con un taglio improntato più direttamente alla gestione della risorsa idrica. Sul fronte vitivinicolo valpolicellese, Matteo Tedeschi, direttore Consorzio tutela vini Valpolicella dichiara: «Da noi è presto per fare bilanci perché la stagione vegetativa non è così avanzata, se la situazione si protraesse potrebbe però incidere del 15-20 per cento sulla resa. Statisticamente dovrebbero verificarsi precipitazioni significative tra fine aprile e i primi di maggio». E aggiunge: «La vite risponde molto bene al caldo eccessivo, l’anno scorso, nonostante la siccità prolungata, abbiamo ottenuto produzioni apprezzabili e qualità medio-alta. Comporta però maggiori costi di gestione agronomica per portare acqua dove non ce n’è. Il calo produttivo del 2022 ha interessato soprattutto le zone di alta collina». 
Tuttavia, non nasconde che anche in Valpolicella due anni di siccità creerebbero problemi. Intanto il consorzio fa quadrato con il mondo accademico per trovare tecniche più funzionali a fronteggiare il cambiamento climatico. «Speriamo che la stagione abbia un andamento normalizzato quanto a precipitazioni medie, in linea con gli anni prima del 2022», conclude Matteo Tedeschi. E invita tutti a razionalizzare le risorse idriche, evitando sprechi.

 

Monica Sommacampagna

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