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WEISS, POESIA DELL’ISTANTE

Il celebre scatto dei bambini sorridenti alle Porte de Saint-Cloud a Parigi
L’attrice Brigitte Bardot nello scatto di Sabine Weiss
Il celebre scatto dei bambini sorridenti alle Porte de Saint-Cloud a Parigi L’attrice Brigitte Bardot nello scatto di Sabine Weiss
Il celebre scatto dei bambini sorridenti alle Porte de Saint-Cloud a Parigi
L’attrice Brigitte Bardot nello scatto di Sabine Weiss
Il celebre scatto dei bambini sorridenti alle Porte de Saint-Cloud a Parigi L’attrice Brigitte Bardot nello scatto di Sabine Weiss

È dedicata a una delle maggiori rappresentati della fotografia umanista, Sabine Weiss, l’ampia retrospettiva in corso a Venezia fino al 23 ottobre alla Casa dei Tre Oci. Scomparsa all’età di 97 anni a Parigi lo scorso 28 dicembre, Sabine Weiss è stata tra le maggiori rappresentanti di una fotografia che sapeva entrare nella quotidianità e nella vita delle persone: dai reportage in giro per il mondo, ai ritratti di artisti, dalla moda agli scatti di strada, ritraendo in particolare i volti dei bambini. Franco-svizzera, era nata il 23 luglio 1924 a Saint-Gingolph, Sabine Weiss è l’ultima rappresentante della fotografia umanista francese, una storia condivisa con Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis, in un originale percorso. L’esposizione veneziana, curata da Virginie Chardin, e promossa dalla Fondazione di Venezia, Marsilio Arte in collaborazione con Berggruen Institute, e l’Atelier Sabine Weiss, raccoglie oltre 200 fotografie, che ripercorrono, il lavoro della fotografa, dagli esordi nel 1935 agli anni 2000. Vi risaltano soprattutto le foto di bambini e passanti, su cui Sabine Weiss diresse il suo obiettivo, immortalando emozioni e sentimenti. «Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto». Raccontava così l’artista franco-svizzera. E «Sabine Weiss. La poesia dell’istante», è il titolo della rassegna veneziana, dagli anni Cinquanta del ‘900 - quando la sua carriera ha una svolta decisiva entrando nell’agenzia Rapho, su raccomandazione di Robert Doisneau – al 2000. Ma le sue fotografie – già dal 1953 - figurano su grandi giornali internazionali come «Picture Post», «Paris Match», «Vogue», «Le Ore», «The New York Times», «Life», «Newsweek». Al Museum of Modern Art di New York (MoMA) prima e nel 1954 all’Art Institute di Chicago che le dedica un’importante personale, e nel 1955 tre dei suoi scatti sono scelti da Edward Steichen per la storica antologica «The Family of Man», al MoMA. La rassegna veneziana si snoda in una serie di suggestive sezioni: dai bambini, spesso al centro dei suoi reportages come i ragazzi gitani di fronte al Palazzo dei Papi ad Avignone, a un giovane mendicante a Toledo, ai bambini sorridenti alle Porte de Saint-Cloud a Parigi. E quasi da contrappunto sono le immagini dedicate ad anziani, ad Asnières nel cimitero dei cani, ripresi con espressioni un po’ malinconiche e un affrante, oppure in una comunità a Dun-sur-Auron davanti a un tavolo spoglio, e a fianco di una brocca. O nel ritratto di un’anziana signora dallo sguardo smarrito e dal volto profondamente segnato dalle rughe del tempo, o in un’altra intenta nella lettura durante la pausa del pranzo. La città nei suoi aspetti umani e quotidiani: con la venditrice di patatine fritte, un gatto in piedi che scruta un bidone a Lione, la Gare Saint-Lazare a Parigi, due bambini a raccogliere l’acqua dalla fontana in Rue de Terres-au-Curé a Parigi, una donna alla finestra ma la sorpresa è nei due gatti che si affrontano, un clochard in Place de Breteuil a Parigi, per uno sguardo discreto ma di grande attenzione sugli umili e gli ultimi, su di un’umanità che lei può far sortire dal suo occhio per raccontare storie e vicende di un mondo tutto da scoprire. E poi, amici e scrittori, attrici e personaggi con cui ha attraversato nuove storie per altri racconti. Ecco la scrittrice Françoise Sagan, dolce e per nulla sorpresa davanti alla sua macchina da scrivere sul tappeto persiano (1954). Alberto Giacometti nel suo studio parigino mentre ritrae la moglie Annette (1954), Romy Schneider nel camerino per le operazioni di trucco, una splendida Brigitte Bardot, sorridente e seducente con un vestitino a quadretti. E fortemente espressivi sono i musicisti Ella Fitzgerald – in primo piano – e Charlie Parker, o Niki de Saint Phalle, quasi una statua di perfetta bellezza senza il minimo trucco. André Breton nel suo studio tra gli oggetti da collezione, Robert Rauschenberg alla Biennale di Venezia, e la sequenza sulla moda con Ives Saint Laurent in una prima collezione Dior per «Life», e poi per «Vogue». Ma è ancora l’Italia, l’Europa e il mondo a scandire gli scatti di Sabine Weiss. Dalle calli di Venezia, alla processione di San Vincenzo a Valencia in Spagna, dai lavoratori, in pausa, a sorseggiare il tè nel Regno Unito, ai venditori di pane ad Atene, un matrimonio gitano a Tarascon in Francia, e un musicista di strada a Monaco, fino ai ritratti di uomini e donne a Budapest, Praga, in Birmania e a Sofia in Bulgaria, dove vive l’anima di Sabine Weiss, o la poesia di un momento decisivo in cui ritrova il mondo.•.

Enrico Gusella

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