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«VAN GOGH, NO PAZZO MA EROICO»

I ritratti dei cinque amici di van Gogh “convocati” a PadovaAutoritratto con cappello:  prezioso prestito dal van Gogh Museum Francis Bacon, Studio per ritratto di van Gogh IV, 1957, olio su tela
I ritratti dei cinque amici di van Gogh “convocati” a PadovaAutoritratto con cappello: prezioso prestito dal van Gogh Museum Francis Bacon, Studio per ritratto di van Gogh IV, 1957, olio su tela
I ritratti dei cinque amici di van Gogh “convocati” a PadovaAutoritratto con cappello:  prezioso prestito dal van Gogh Museum Francis Bacon, Studio per ritratto di van Gogh IV, 1957, olio su tela
I ritratti dei cinque amici di van Gogh “convocati” a PadovaAutoritratto con cappello: prezioso prestito dal van Gogh Museum Francis Bacon, Studio per ritratto di van Gogh IV, 1957, olio su tela

INVIATO A PADOVA Concepita due anni fa, sopravvissuta alla prima ondata di pandemia che ha sepolto il 95 per cento dei progetti d’arte nel mondo, la mostra “Van Gogh.I colori della vita” si apre sabato 10 ottobre al centro San Gaetano di Padova, (via Altinate, fino all’11 aprile, sette giorni su sette): un atto di coraggio che sfiora la follia. Ma dissennata non è. Non lo era nemmeno Vincent van Gogh (1853-1890), il pittore più amato, il più disperato, il più soggetto a clichè. Li smantella Marco Goldin, storico dell’arte con 400 mostre all’attivo, che sull’artista olandese accende la scommessa: lo propone monograficamente per la sesta volta, convinto che c’è ancora molto da raccontare, a partire dal suo senso «profetico, umile, consapevole» di fare pittura. Come liquidare, del resto, con un generico “pazzo” un uomo capace di scrivere così: «Ho un debito nei confronti del mondo e anche l’obbligo di lasciargli in segno di gratitudine qualche ricordo in forma di disegni o di quadri che non sono stati fatti per piacere all’una o all’altra tendenza, ma per esprimere un sentimento umano sincero». Per sostenere la tesi geocronologica degli snodi fondamentali, Goldin in otto sale allestisce 82 opere - 70 arrivano dal Kröller-Müller Museum - e altre 14 di autori che ha proficuamente conosciuto (Millet, Signac e Seraut, Gauguin, le xilografie di Hiroshige) o che lui stesso ha ispirato, come le versioni di Francis Bacon di un quadro scomparso. Si tratta de “Il pittore sulla strada di Tarascona”, piccolo autoritratto di van Gogh distrutto nel 1945 nel bombardamento di Magdeburgo: una sua foto ispirò undici anni dopo l’irlandese Bacon che ne trasse sei versioni, oscurando il volto e accendendo il paesaggio, per accentuare il tormento e la fatica del mestiere d’artista. Dopo una prima sala che fa risuonare il messaggio nel Novecento, dalla seconda sezione in poi si percorrono gli anni della formazione tra Belgio e Brabante, quelli all’Aia con il primo amore- la prostituta Sien con la cui madre e la figlioletta tenta prove tecniche di famiglia -, il trasferimento a Neueun di nuovo dai genitori e la via solitaria di cantore del mondo contadino. Quindi l’irrompere dell’arte moderna col soggiorno a Parigi, dove imparerà non tanto dalle accademie ma ancora una volta dalla strada, finendo col rifuggire dalla frenesia cittadina per scegliere Arles e il cielo di Provenza sotto il quale matureranno i capolavori. Sono ancora una volta le oltre 800 lettere del pittore, tre quarti delle quali scritte al fratello Theo, ad aver accompagnato Goldin nel suo poetico catalogo per Linea d’Ombra che lo ha portato a tradurre e far ritradurre i testi per dare ragione di «un uomo sempre in cammino, danzando, come sul filo mai interrotto di un vulcano». La sua vita fu cenere, fuoco e lapilli: dieci anni in tutto assorbiti dall’arte, sui 37 vissuti. Una parabola che evolve da disegni quasi imbarazzanti nel 1880, riprodotti da manuali elementari, verso forme sempre più personali: grige e cupe come gli orizzonti di Neunen e la nostalgia di una chiesa sotto la quale è sepolto il padre ma che verrà smembrata; e poi lentamente affiatatesi col colore, che è solo una linea arancione in “Autunno, paesaggio al crepuscolo“, 1885, e diverrà esplosivo in “Paesaggio con covoni e luna nascente” nel 1889. Malato sì lo era van Gogh, egli stesso cerca il ricovero a Saint Rémy, ma non da alcolizzato, non da maledetto come anche gli ultimi film lo hanno raccontato. Lo testimoniano i cinque amici ritratti e convocati in una magistrale parete: il sottotenente Milliet, i Ginoux, i Roulin, l’Arlesiana. Dalla finestra della stanza dove era recluso ritrae il contraltare gioioso della sua sofferenza psichica: e sono alberi, grano, fiori, nuvole. In chiusura una fotoparete consegna all’eternità le tombe di Vincent e Theo. La mostra nasce sapendo che farà un terzo dei potenziali visitatori: potrebbero arrivare a 130 mila, gli ingressi sono prenotabili, cadenzati ogni 10-20 minuti, tempo massimo di visita 70 minuti. Spazi distanziati. •

Nicoletta Martelletto

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