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MARCO MISSIROLI

«Una vita tra oscenità e tumulti, alla McEnroe»

Lo scrittore Marco Missiroli (foto VASI)
Lo scrittore Marco Missiroli (foto VASI)
Lo scrittore Marco Missiroli (foto VASI)
Lo scrittore Marco Missiroli (foto VASI)

Rimane impresso nella mente, Libero Marsell — le Grand Libero, come chiamano a Parigi il ragazzo italiano che si è trasferito in Francia con la famiglia — protagonista di Atti osceni in luogo privato (Feltrinelli, 249 pagine, 16 euro) di Marco Missiroli, il riminese trentaquattrenne, già vincitore del Campiello opera prima 2006, e che con questo suo quinto romanzo è stato incoronato dalla critica («habemus un nuovo grande scrittore italiano», Antonio D'Orrico, «Sette» del «Corriere»). Romanzo di formazione, sentimentale ed erotica, ci porta nella vita e nei sentimenti di Libero, che incontriamo dodicenne e che diventa adulto in corso di narrazione, conoscendo il mondo delle donne e leggendo libri fondamentali. Un romanzo che ha la leggerezza dei film di François Truffaut e sensibilità poetica.

L'oscenità come provocazione che libera, in nome dello stupore di esistere. A partire dall'inizio del romanzo: Marco Missiroli, vuole descrivercelo?
Il viaggio del mio protagonista comincia da una ferita: quando, dodicenne, scopre la madre inequivocabilmente inginocchiata di fronte al migliore amico di famiglia. Il ragazzo rimuove la scena, ma si trova a un bivio: rimanere la persona invisibile che è — senza amici, senza particolari passioni — o diventare se stesso, quello che promette il suo nome. Libero. Lo diventerà, seguendo l'istinto erotico (che non è mai di conquista, ma di conoscenza: non mi interessa la carnalità) e attraverso la lettura di libri.

I romanzi da leggere sono in parte consigliati dal padre, che Libero chiama Monsieur Marsell: un genitore distaccato?
No, è amatissimo. Ha chiamato il figlio Libero e cerca di ispirargli un gran senso di libertà. È adorata dal ragazzo anche la madre, che pure gli ha complicato edipicamente la vita, come ho già spiegato. Libero impiegherà tutto il romanzo a capire la figura materna, ma ci riuscirà. Il padre viene a mancare quasi da subito, ma rimane nel libro, importantissimo: è la coscienza morale, politica e sentimentale di Libero.

Qual è l'altro personaggio, oltre ai genitori, che inizia il ragazzo felicemente alla vita?
La bibliotecaria, Marie. È il grande cuore del romanzo. Costituisce il legame tra il protagonista e i lettori. I lettori in generale, anche coloro che non stanno leggendo il mio romanzo. Marie sa educare Libero attraverso i libri: non con testi che hanno solo il compito di acculturarlo, ma con libri che sono, invece, legati al sentimento che lo anima al momento. Dapprima gli consiglia Albert Camus, che folgora il ragazzo: Lo straniero gli comunica il senso di spaesamento e lo invita a rifiutare la freddezza e a meravigliarsi del mondo. Da Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari, accoglie l'allarme a evadere dal trantràn. Il poeta Walt Whitman gli insegna l'arte di aspettare e quella della seduzione, come affrontare i lutti e come godere delle piccole gioie, che sono quelle che fanno andare avanti. Ma chi gli entra proprio nella pelle è William Faulkner con Mentre morivo. È il romanzo che lo compenetra durante la perdita della madre. Gli insegna che la morte è anche e soprattutto rigenerazione. Avrebbe dovuto intitolarsi Mentre vivevo perché, in realtà, è un libro sulla vita. Come avevamo deciso per il mio romanzo, in un primo momento, il titolo Mentre amavo. Poi ho preferito Atti osceni in luogo privato.

Libero abita in due città: la Parigi degli anni Settanta, poi la Milano degli Ottanta. Come le vive?
Parigi è la città dell'adolescenza e della primissima giovinezza. È un luogo di sogno. Milano rappresenta la scoperta della consapevolezza, la consistenza dolorosa che lo fa uomo. Per la prima volta Libero si sente nel mondo. A Parigi lascia una ragazza amatissima, la sua prima vera passione, Lunette. Un passaggio difficilissimo, per lui, perché Lunette non va dimenticata, ma introiettata. Avrà una bulimia di donne, prima di incontrare quella giusta: ciascuna importante, mai strumento, perché a me, come ho detto, non interessa il sesso in sè. L'universo femminile rappresenta la vita. Le donne rimettono tutte al mondo Libero, a cominciare dalla madre.

C'è un altro tema, più lieve, che attraversa il suo romanzo: il gioco del tennis. Campeggia da protagonista John McEnroe: ma perché, con una delle sue «oscenità», lo fa diventare raffigurazione della madre morente?
McEnroe è un personaggio dal molto talento, dalle molte bizze, inimbrigliabile: come Madame Marsell, la madre di Libero. Il campione poteva urlare cose irripetibili al pubblico, come perdere con classe signorile. Madame Marsell decide di uscire di scena così: con incanto, gioiosamente, come fece anche Frida Kahlo. È il più grande atto d'amore. La madre fa mostra di grande dignità perché ha vinto molto, anche se adesso perde. È il McEnroe di Parigi, del Roland Garros. E lascia una grande eredità: tutti i tumulti che ha vissuto con grande libertà. Perché esser vivi significa esistere tumultuosamente.

La morte della madre coincide con la formazione di una nuova famiglia. La compagna di Libero partorisce un figlio: Alessandro. Il suo protagonista è diventato, finalmente, all'altezza del proprio nome?
Nel lettone con la moglie Anna, il pensiero a Madame Marsell appena scomparsa, stringendosi al petto il figlioletto neonato, Libero può assaporare per la prima volta una sorta di completezza e serenità. Sta per compiere trentasei anni, la pienezza lo attenderà in futuro a cinquanta, sessant'anni. Per ora deve accontentarsi di un sentimento non ancora gestibile. Ma può, finalmente, generare il suo nome, che accenna a cieli sconfinati, attraverso il figlio.

Alessandra Milanese

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