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CENTRO CAMPOSTRINI.

Un genio che parlava 70 lingue «Fu mio maestro, un clochard»

Haim Baharier, psicanalista matematico e studioso d'ebraismo racconta monsieur Chouchani figura mitica nella Parigi del 1950
Haim Baharier, oggi alle 18 al centro studi Campostrini
Haim Baharier, oggi alle 18 al centro studi Campostrini
Haim Baharier, oggi alle 18 al centro studi Campostrini
Haim Baharier, oggi alle 18 al centro studi Campostrini

Haim Baharier, grande studioso del pensiero ebraico, psicanalista e matematico francese, si vanta di appartenere alla schiera di intellettuali cresciuti sotto l'egida di monsieur Chouchani. Chi era costui? Un clochard. Baharier, lo descrive nel suo ultimo libro, La valigia quasi vuota, (Garzanti, 143 pagine, 15 euro), che presenterà oggi, alle 18, al centro studi Campostrini, in via Santa Maria in Organo. Con l'autore ci saranno lo psichiatra Vittorino Andreoli e Davide Assael, filosofo.
«Il savio maestro Chouchani di benedetta memoria. La sua nascita e la sua vita sono chiuse in un enigma»: l'epitaffio sulla lapide funeraria fu composto da un altro allievo, lo scrittore Elie Wiesel, testimone dell'Olocausto, premio Nobel per la pace. Come ricordava il filosofo Emmanuel Levinas, «Monsieur Chouchani è un genio assoluto; un uomo che può tenere insieme un numero vastissimo di idee senza essere soggetto alla costrizione di condurle a un esito conclusivo. Io non so che cosa sappia. Ma tutto quello che so io, lui lo sa».
Eppure del barbone che parlava 70 lingue non si conosce nulla di preciso, nemmeno il nome. Chouchani, o Shushani, significa originario di Shush, l'antica Susa, capitale del regno di Elam, ed è probabilmente un puro riferimento allegorico: questo riporta, su di lui, Wikipedia, l'enciclopedia del terzo millennio (se il maestro l'avesse saputo…) Baharier lo conobbe da ragazzino, nel ghetto di Parigi pieno di smunti reduci dai lager. Anni Cinquanta, immediato dopoguerra. Monsieur Chouchani compariva all'improvviso, zoppo, con il suo cappotto nero e sdrucito e l'inseparabile valigia di cartone legata con lo spago. Figura misera e al contempo autorevole, in poche parole dimostrava un sapere illimitato in qualsiasi campo.
Quando ricapitava a Parigi, dopo il suo ampio girovagare, le menti migliori della città se lo contendevano: accademici, scienziati, medici, filosofi, rabbini volevano essere illuminati da lui. Si favoleggia che il vagabondo talvolta li sostituisse pure sulle cattedre universitarie. Durante lo Shabbat, monsieur Chouchani veniva ospitato saltuariamente in casa Baharier: un angusto appartamento dove il piccolo Haim viveva con il fratello minore e i genitori, entrambi polacchi, scampati ad Auschwitz. Il ragazzino temeva il vecchio clochard, e ne aveva repulsione, ma ugualmente ne intuiva la straordinarietà
Chouchani peregrinò claudicante per tutta l'Europa, fece la sua comparsa nel neonato Stato di Israele, e infine attraversò l'oceano per sbarcare in Sud America, dove morì nel 1968, lasciando di sé solo una tomba, a Montevideo in Uruguay, pagata dall'allievo Elie Wiesel. Prima di sparire, però, il maestro lasciò in casa Baharier la sua valigia. Dentro, solo pochi fogli di economia sottolineati a mano, un libro in ebraico, forchette e cucchiaini di latta. Ma in quell'involucro, Baharier ritrova molto di più, un'eredità che l'apolide per scelta ha lasciato a lui e alla generazione di intellettuali che lo conobbe. Un modo di pensare e perforare la realtà in senso critico. Molto di più di una semplice identità, per sempre celata all'indiscreta e inevasa domanda: Monsieur Chouchani, qui êtes-vous?

Lorenza Costantino

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