<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Fino al 25 giugno a Rovigo

Pierre-Auguste Renoir e la ricerca dell'eternità in mostra a Palazzo Roverella

Si apre oggi la mostra «Renoir: l’alba di un nuovo classicismo». Il curatore Bolpagni: «Abbiamo cercato di mostrare Renoir sotto una nuova luce»
Renoir in mostra a Palazzo Roverella (Rovigo) fino al 25 giugno 2023
Renoir in mostra a Palazzo Roverella (Rovigo) fino al 25 giugno 2023
Renoir, il curatore Bolpagni (Cozzolino)

Una dedizione totale alla bellezza e all'arte. Perché «la sofferenza passa, ma la bellezza resterà». È così, infatti, che Renoir rispose al collega Matisse quando quest'ultimo gli chiese perché, nonostante il dolore causato dall'artrite, lui continuasse a dipingere, persino facendosi legare i pennelli alle dita. 

Ed è grazie a quella dedizione smisurata che da oggi, 25 febbraio, e fino al 25 giugno, a Palazzo Roverella (Rovigo), si potrà ammirare una originalissima istantanea di Pierre-Auguste Renoir, uno dei massimi esponenti dell'Impressionismo.  «Renoir: l’alba di un nuovo classicismo», è infatti la mostra promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, il contributo di Intesa Sanpaolo, e produzione diSilvana Editoriale.

Mostra di ricerca: 48 opere di Renoir dai musei di tutta Europa

Una esposizione pensata e curata da Paolo Bolpagni che, insieme ai colleghi Francesca Castellani, Giuseppe Di Natale, Francesco De Carolis, Michele Amedei e Francesco Parisi, ha portato avanti un autentico lavoro di ricerca per arrivare a mostrare quarantasette opere di Renoir, provenienti da musei francesi, austriaci, svizzeri, italiani, tedeschi, danesi, olandesi e del Principato di Monaco (anche un capolavoro di proprietà personale del principe Alberto di Monaco, la “Baigneuse s’arrangeant les cheveux” del 1890 circa), sotto una nuova luce.

Quello che il curatore ha voluto mostrare non è infatti il Renoir maestro dell'Impressionismo, ma quel Renoir preda della continua insoddisfazione e famelico di conoscenza che lo portò, nella fase più matura, a intraprendere un avventuroso viaggio in Italia alla scoperta della tradizione. «È un'operazione difficile quella di mostrare Renoir sotto una luce nuova», spiega Bolpagni, «abbiamo indagato aspetti che non erano sufficientemente approfonditi come ad esempio la fortuna italiana, opere di artisti italiani che al tardo Renoir si sono ispirati. C'è quindi uno sguardo profondamente italiano in questa mostra, non in senso nazionalistico, ma per mettere a fuoco dei temi finora poco toccati. Speriamo di aver apportato un contributo di conoscenza e sono grato di aver trovato una committenza così illuminata che vuole mostre in cui comunicazione e divulgazione si sposano con la ricerca».

La maturità e lo studio della tradizione

Bolpagni ripercorre infatti la fase matura di Renoir. «Mai appagato, Renoir solo verso la fine della sua vita disse "forse adesso comincio a capire qualcosa". Sentiva il bisogno di studiare la tradizione», racconta Bolpagni «e a Venezia scoprì Tiepolo, a Roma gli affreschi di Raffaello e lì trovò quello che aveva sempre cercato: la luce all'interno della pittura. Fu poi a Napoli e al museo archeologico tentando di carpire i segreti dei grandi anonimi pittori pompeiani».

E prosegue: «Un viaggio nel quale Renoir trae un insegnamento fondamentale: la tradizione non è qualcosa di vecchio né superato, né qualcosa che va copiato, ma va compreso. E così cominciò a sperimentare: "La Baigneuse blonde", la 22enne francese che è l'immagine della mostra non è più la giovane modella parigina, ma è una ricerca di assoluto, di eternità. È proprio, infatti, nella fase matura che Renoir viene considerato un grande creatore».

Non solo Renoir

Accanto alle opere di Renoir, sono così esposti i capolavori dei grandi maestri dell’arte del passato cui egli s’ispirò nella fase matura della sua carriera: Vittore Carpaccio, Tiziano, Romanino, Peter Paul Rubens, Giambattista Tiepolo,Jean-Auguste-Dominique Ingres, ma anche di suoi contemporanei come lo scultore Aristide Maillol e gli “italiens de Paris” Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis, Federico Zandomeneghi e Medardo Rosso.

Vi sono poi i confronti con artisti italiani di una o due generazioni successive, i dipinti di Armando Spadini, che Giorgio de Chirico definì «un Renoir dell’Italia», dello stesso de Chirico, di Filippo de Pisis, Arturo Tosi, Carlo Carrà, Enrico Paulucci, Bruno Saetti, e le sculture di Marino Marini, Arturo Martini, Antonietta Raphaël Mafai ed Eros Pellini.

In totale ottantatré opere, cui si aggiunge l’edizione storica della traduzione francese del “Libro dell’Arte” di Cennino Cennini, con la prefazione di Renoir, unico suo testo pubblicato in vita.

E nell’ultima sala c’è una chicca, anche per i cinefili: il secondo figlio dell'artista, Jean Renoir, uno dei più grandi registi della storia. In un suo film del 1936, «Una gita in campagna», rese omaggio al padre quasi ricreando, nelle eleganti inquadrature, le scene e le atmosfere dei suoi dipinti. In mostra è possibile vedere, in versione restaurata, alcuni spezzoni significativi della versione originale del film, con sottotitoli in italiano.

Undici tappe per undici sfumature diverse di Renoir

Una mostra che si sviluppa in undici tappe fondamentali: dal Renoir impressionista agli italiani attivi a Parigi durante la stagione impressionista per poi muoversi verso i primi ripensamenti di Renoir sull'impressionismo (con un approfondimento sull'incontro tra il pittore e il grande compositore tedesco Wagner).

Si passa poi al mito antico con la Petite Vénus debout, del 1913, in cui la classicità mediterranea la fanno da padrona, fino alle meravigliose bagnanti che sono il fulcro della mostra.  In questa sezione si trova anche un approfondimento su un'opera di Renoir collezionata da Pablo Picasso.

E poi si passa ai suoi paesaggi, messi a confronto con quelli di artisti italiani, e alla natura morta. E sul finale il ritratto femminile dove la bellezza viene esaltata, fino a Gabrielle, cugina della moglie e loro bambinaia, che divenne la modella preferita del pittore. Infine uno sguardo sul Renoir incisore e litografo e per concludere le immagini del film del figlio Jean Renoir, "Partie de campagne".

Giorgia Cozzolino

Suggerimenti