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Letteratura

«Randagio» di Fulvio Valbusa e Serena Marchi conquista il Premio Gianni Mura

Un nuovo riconoscimento per l'autobiografia del campione olimpico. Il premio è promosso e organizzato dal Salone Internazionale del Libro di Torino
Fulvio Valbusa
Fulvio Valbusa
Fulvio Valbusa
Fulvio Valbusa

Sempre più in alto. Dopo aver conquistato lettori di tutto il Paese "Randagio", l'autobiografia scritta a quattro mani dal campione olimpico di Bosco Chiesanuova Fulvio Valbusa e dalla giornalista e scrittrice veronese Serena Marchi, edita da Fandango, ha conquistato il premio "Miglior libro di letteratura sportiva" promosso e organizzato dalla Città di Torino e dal Salone Internazionale del Libro di Torino, dedicato a uno dei più apprezzati giornalisti sportivi, Gianni Mura, scomparso nel 2020.

La colazione del campione: Valbusa

La premiazione sarà sabato 12 novembre alle 15 a Casa Tennis - Palazzo Madama a Torino, con un appuntamento aperto a tutta la città (ingresso libero fino a esaurimento posti). 

 

La giuria del premio

La giuria, che ha valutato le opere pubblicate tra il primo maggio 2021 e il 31 marzo 2022, era composta da Giuseppe Smorto (giornalista, La Repubblica), Nicola Lagioia (scrittore, direttore Salone Internazionale del Libro di Torino), Emanuela Audisio (giornalista, La Repubblica), Aligi Pontani (direttore Il Venerdì) Alessandra De Stefano (direttrice Rai Sport), Giancarlo Baccini (Federtennis), Mauro Berruto (già commissario tecnico della nazionale di pallavolo maschile italiana). La votazione, oltre alle valutazioni della giuria selezionatrice, ha coinvolto anche il pubblico con i lettori che hanno potuto esprimere il loro voto online fino a fine ottobre. Le due giurie hanno decretato così il vincitore. 

 

C'è un prima e un dopo nella vita di Valbusa

La storia di "Randagio" inizia dal 1969, quando Fulvio nasce, insieme al fratello Silvio, in una famiglia molto numerosa, sei figli in tutto: perché serve partire da lì per capire quelle verità, mai rivelate prima, che lo hanno reso un campione prima e, oggi, l'uomo che ulula ai lupi. C'è infatti un prima e un dopo, nella vita di Fulvio Valbusa. Un prima fatto di perdita e sofferenza, di un dolore che si è tramutato in sfida, quella di diventare un campione di sci, di quello sci che è il più faticoso, sfinente, stremante, e cioè il fondo. Campione olimpico, ha vinto la medaglia d'oro a Torino nel 2006 e la medaglia d'argento alle Olimpiadi di Nagano 1996, un altro argento e quattro bronzi in diversi campionati del mondo, 36 medaglie ai campionati italiani. Insomma, uno dei più grandi fondisti a livello mondiale

 

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E poi, c'è un dopo. Che comincia nel 2008 quando, raggiunta la vetta, Valbusa torna là dove tutto era iniziato, a Bosco Chiesanuova, tra le sue montagne, gli animali selvatici, la solitudine, la neve e il suo sapore «l'unica cosa che nella mia vita non è mai cambiata». Ed è nel cuore della Lessinia, dove l'ex campione fa la guardia forestale - o il «guardacaccia» come ama definirsi per sottolineare quel filo rosso che lo lega, forte, al papà, che faceva quello di mestiere - è lì che conosce il lupo. 

Francesca Lorandi

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