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Quirico e Secci «Ricordiamoci l’Afghanistan»

Bitani  L’ultimo lenzuolo biancoIl libro di Jason ElliotQuirico e Secci la copertina del libro Guantanamo di Youssef Ziedan
Bitani L’ultimo lenzuolo biancoIl libro di Jason ElliotQuirico e Secci la copertina del libro Guantanamo di Youssef Ziedan
Bitani  L’ultimo lenzuolo biancoIl libro di Jason ElliotQuirico e Secci la copertina del libro Guantanamo di Youssef Ziedan
Bitani L’ultimo lenzuolo biancoIl libro di Jason ElliotQuirico e Secci la copertina del libro Guantanamo di Youssef Ziedan

«Da venti anni l’Occidente perde tutte le guerre, ogni tipo di guerra: guerriglie tradizionali, terroristiche, conflitti per procura o combattuti direttamente. Sconfitto da armate di fanatici in ciabatte ed eserciti con gli scarponi, l’Occidente mostra di essere del tutto incapace di affrontare il nuovo tipo di violenza organizzata del XXI secolo, in cui la distinzione tra guerra, crimine organizzato e violazione dei diritti umani si è diluita. Dal Nord Africa all’Africa Nera, dalla Tunisia alla Nigeria musulmana, dalla Siria all’Iraq all’Afghanistan, i luoghi dove fino a qualche anno fa un occidentale poteva muoversi, visitare, commerciare senza problemi, sono diventati terre del silenzio e dell’odio”. Ecco che cosa scrivono dell’Afghanistan i giornalisti Domenico Quirico e Laura Secci nel libro “La sconfitta dell’Occidente”, pubblicato da Neri Pozza editore. Passando in rassegna i numerosi conflitti che hanno visto soccombere negli ultimi decenni l’Occidente, i due giornalisti mostrano il pericolo più grande di questa sconfitta: la sua rimozione dal discorso pubblico. Si preferisce parlare di economia, di moda, di musica, di generi, mentre «l’indifferenza che è una forma della viltà ronza nei cuori come un motore». Un altro scrittore Farhad Bitani ne “L’ultimo lenzuolo bianco” edito da Neri Pozza inizia scrivendo «Sono tante, forse troppe, le cose che ho visto nei miei primi trentatré anni di vita. Adesso le racconto. Ho lasciato le armi per impugnare la penna. Traccio i fatti senza addolcirli, senza velarli. Dopo aver vissuto l’infanzia, l’adolescenza e la prima giovinezza nell’ipocrisia, ho un tremendo bisogno di verità». Bitani, è un ex capitano dell’esercito, un giovane uomo che ha attraversato da osservatore privilegiato la storia dell’Afghanistan: dal potere dei mujaheddin ai talebani fino al governo attuale (almeno fino ad una settimana fa). Narrando di un giovane arabo rinchiuso senza colpa nel campo di prigionia di Guantanamo da cui prende il titolo il libro (Neri Pozza), negli anni immediatamente successivi agli attentati dell’11 settembre, Youssef Ziedan affronta uno dei temi fondamentali del nostro tempo, in cui la lotta al terrore col terrore finisce inevitabilmente col minare i fondamenti stessi della democrazia e della dignità dell’uomo. “Una luce inattesa” (Neri Pozza)è il frutto di due lunghi soggiorni di Jason Elliot nella tormentata e meravigliosa terra dei pasthun, dei taliban e del generale Ahmad Shah Massud. Dopo aver tentato di attraversare il territorio Hazara, dove nemmeno un pollo può passare senza essere preso a fucilate, Elliot penetra all'interno dell'Afghanistan, a Faizabad nel nord e a Herat a ovest. Notevole la descrizione degli usi e dei costumi delle diverse etnie, dei paesaggi mozzafiato e del Sufismo.•.C.R.

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