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NEL MICRO MONDO DI API E SCARABEI

Jean-Henri Casimir Fabre (1823- 1915), entomologo e naturalista francese, padre dell'entomologiaIl libro edito da AdelphiLa Mantide religiosa, detta anche Mantide europea
Jean-Henri Casimir Fabre (1823- 1915), entomologo e naturalista francese, padre dell'entomologiaIl libro edito da AdelphiLa Mantide religiosa, detta anche Mantide europea
Jean-Henri Casimir Fabre (1823- 1915), entomologo e naturalista francese, padre dell'entomologiaIl libro edito da AdelphiLa Mantide religiosa, detta anche Mantide europea
Jean-Henri Casimir Fabre (1823- 1915), entomologo e naturalista francese, padre dell'entomologiaIl libro edito da AdelphiLa Mantide religiosa, detta anche Mantide europea

«Forse non siamo d’accordo sulle conclusioni da trarre dai fatti osservati; ma ciò che sarà sempre in perfetta armonia tra di noi è la profonda ammirazione per il comportamento degli insetti»: così scrive in una lettera del 3 gennaio 1880 Jean-Henri Fabre a Charles Darwin. In effetti Fabre, brillante naturalista autodidatta francese, non condivideva l’interpretazione evoluzionistica del celebre scienziato inglese: era piuttosto propenso a vedere nei meravigliosi adattamenti degli animali un disegno finalistico, secondo la nozione tradizionale. Ma tra i due naturalisti vi era una reciproca ammirazione e stima: Darwin in particolare aveva molto apprezzato la lettura degli scritti di Fabre sugli insetti, i suoi “Ricordi di un entomologo”, Souvenirs entomologiques, per le sue straordinarie, minuziose, appassionate descrizioni del comportamento di imenotteri predatori e scarabei sacri, mantidi religiose e formiche rosse. Quando tanti appassionati di insetti si dedicavano principalmente a classificarli e collezionarli, Fabre passò invece tutta la sua vita a osservarli attentamente, con infinita pazienza, nel loro ambiente naturale, e in particolare sotto il sole mediterraneo della Provenza dove negli ultimi decenni stabilì la sua residenza nell’Harmas de Sérignan, non lontano da Avignone. Oggi la sua casa è un museo, che può essere visitato con l’annesso giardino. Quella per gli insetti era una sua curiosità giocosa, si potrebbe dire infantile, anche se poi trasformata in una indagine scientifica; d’altra parte “fin dall’infanzia – scrive Fabre – mi ero appassionato a coleotteri api e farfalle e, per quanto risalga nel tempo, mi vedo in estasi davanti alla magnificenza delle elitre di un carabo e delle ali di un macaone”. Adesso i Souvenirs di Fabre vengono proposti, in una nuova edizione (Jean-Henri Fabre, “Ricordi di un Entomologo”, Volume primo, Adelphi, Milano, 2020) nella collana Biblioteca Adelphi, con una prefazione scritta a suo tempo per una edizione americana dell’opera da Gerald Durrell, il brillante autore de “La mia famiglia e altri animali”, libro ben noto che non a caso ha molto in comune con l’argomento e lo stile di Fabre. Durrell confessa senza mezzi termini che “Jean-Henri Fabre ha avuto un ruolo fondamentale” nella sua vita. E lo si può capire: leggere le pagine dei “Souvenirs” è molto coinvolgente, per la indubbia capacità descrittiva del mondo della natura e per la ammirevole qualità letteraria. Certo, all’efficacia della scrittura contribuisce anche una buona dose di “umanizzazione” delle curiose vicende e dei costumi degli insetti che si leggono nei diversi capitoli del libro, con la mantide che “dietro un’aria da santarellina, nasconde abitudini cannibalesche” e “l’idrofilo piceo e la sua orrida larva, pirati degli stagni”, giusto per fare un paio di esempi. Questa “umanizzazione” è stata considerata un tratto poco scientifico dell’opera di Fabre, ma può essere considerata un peccato veniale, o addirittura una apprezzabile concessione alla letteratura, se si considera quante straordinarie e attente osservazioni del comportamento degli insetti sono state comunque effettuate da questo colto naturalista, precursore dell’etologia del XX secolo. Ad esempio gli studi di Fabre sulla capacità di orientarsi degli imenotteri sfecidi sono stati ripresi ed approfonditi da Niko Tinbergen, lo studioso a cui, insieme a Konrad Lorenz e Karl Von Frisch è stato conferito il Nobel nel 1973, per gli studi sul comportamento animale. Tinbergen non mancò di riconoscere il valore del nostro personaggio, qualificando Fabre come “maestro di entomologia”. Indubbiamente Fabre è stato tra i primi a descrivere e indagare i meccanismi dei comportamenti istintivi, oggi diremmo anche geneticamente codificati, svelandone la raffinatezza e, insieme, la rigidità. Se percorrere i suoi scritti è appassionante per chi sia interessato al mondo della natura, tutti i lettori ne possono apprezzare la vena narrativa, che talvolta prende piacevolmente il sopravvento sugli aspetti scientifici, come nel racconto di una escursione al Mont Ventoux. Qui viene alla memoria e per confronto un altro celebre scritto, quello dell’ascensione al Ventoux, nel 1336, di Francesco Petrarca. Chi frequenta le montagne rivive, attraverso le parole di Fabre, la fatica della salita, le sensazioni trasmesse dall’atmosfera e dal paesaggio, gli imprevisti meteorologici, il piacere delle soste, le mille interessanti osservazioni. E non manca una buona dose di umorismo: “Il barometro, destinato a rilevare l’altitudine dei principali luoghi di sosta per l’osservazione degli organismi vegetali – racconta Fabre dal Ventoux – non tarda a diventare un pretesto per attaccarsi alla borraccia del rum. Non appena viene segnalata una pianta interessante: “Presto, il barometro!” esclama uno del gruppo, e subito ci diamo tutti da fare attorno alla borraccia, lasciando per secondo lo strumento di misurazione. L’aria fresca del mattino e la camminata ci fanno a tal punto apprezzare questi ricorsi al barometro, che il livello della tonica bevanda cala ancor più rapidamente della colonnina di mercurio”. Scienza e talvolta umorismo, quindi, nei “Souvenirs”, ma anche costantemente senso del dramma, con frequenti descrizioni di scene di predazione tra insetti che ripropongono, in miniatura, le lotte tra belve delle sculture di Antoine-Louis Barye, precedenti di pochi decenni e, in fondo, figlie di uno stesso spirito romantico. Ecco allora, nella campagna provenzale “l’aria è perfettamente calma, il sole violento, l’atmosfera pesante, indizi di temporale in arrivo ma condizioni particolarmente favorevoli al lavoro degli imenotteri, che sembrano prevedere le piogge dell’indomani e si gettano nel lavoro ancor più alacremente per approfittare del momento. Le api bottinano con fervore, le eristalis volano goffamente di fiore in fiore. Talvolta, fra quella popolazione pacifica che si riempie il gozzo di nettarei succhi, piomba improvvisa la vespa, insetto cacciatore attratto non dal miele ma dalla preda”. Nulla di diverso, a parte le dimensioni, di una scena con ghepardi e gazzelle in una savana africana. •

Francesco Mezzalira

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