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Luoghi e soldati nelle foto salvate al Don Mazza

Dirigibili in partenza per i rilevamenti del territorio COLLEZIONE DARRALe prime truppe di alpini sciatori sulle Alpi nella Prima guerra mondiale COLLEZIONE DARRA ARCHIVIO DON MAZZA
Dirigibili in partenza per i rilevamenti del territorio COLLEZIONE DARRALe prime truppe di alpini sciatori sulle Alpi nella Prima guerra mondiale COLLEZIONE DARRA ARCHIVIO DON MAZZA
Dirigibili in partenza per i rilevamenti del territorio COLLEZIONE DARRALe prime truppe di alpini sciatori sulle Alpi nella Prima guerra mondiale COLLEZIONE DARRA ARCHIVIO DON MAZZA
Dirigibili in partenza per i rilevamenti del territorio COLLEZIONE DARRALe prime truppe di alpini sciatori sulle Alpi nella Prima guerra mondiale COLLEZIONE DARRA ARCHIVIO DON MAZZA

Un ritrovamento casuale, un’intuizione decisiva e, infine, la scoperta di un «tesoro» storico. Una storia singolare, raccontata in anteprima da L’Arena nelle pagine che nei mesi scorsi ha dedicato alla Grande Guerra, quella della scoperta di 300 diapositive su vetro risalenti alla prima guerra mondiale che immortalano scene di vita militare, luoghi devastati dal conflitto, capitoli di guerra in trincea negli scantinati dell’istituto don Nicola Mazza, in via San Carlo. Ora quel ritrovamento, dopo un poderoso lavoro di catalogazione e ripulitura, si è concretizzato in un libro «1916 L’Italia impara a fare la guerra» della Casa editrice Mazziana, curata da Glauco Pretto, il docente a cui spetta il merito della singolare scoperta, e di don Domenico Romani. Un’anteprima del libro, in libreria in questi giorni al costo di 28.50 euro, è stata fatta a Povegliano nel teatro San Martino dal locale Circolo fotografico, i cui componenti, tra cui il professo Pretto, hanno per primi visionato e sistemato i «vetrini».

LA SCOPERTA risale a due anni fa, quando venne effettuata la ristrutturazione del magazzino del Don Mazza. Il professor pretto ebbe l’incarico di portar via tutto quello che c’era di cartaceo. Fu lui a notare alcune cassette di legno, dentro alle quali c’erano dei vetrini, grandi più o meno come un cellulare, ricoperti di bromuro d’argento. Si trattava di diapositive d’epoca, circa 300 immagini che per quasi un secolo sono rimaste chiuse dentro le cassette di legno nei magazzini del Don Mazza.

Per «leggere» le diapositive il professor Pretto va a Torino e, in un mercato dell’antiquariato, scova una fotocamera Le Glyphoscope, un lettore. Il primo grosso lavoro di digitalizzazione della immagini viene fatto da un altro socio del circolo, Osvaldo Sorio. Intanto viene contattato il Politecnico di Torino per risalire alla tipologia degli aereoplani fotografati. Infine, per ampliare le ricerche, vengono contattati anche gli Alpini della sezione Ana di Verona, che hanno contribuendo alle ricerche sui luoghi e sulle persone ritratte nelle diapositive.

SUCCESSIVE RICERCHE hanno permesso di scoprire che le casse in cui erano conservati i vetrini appartenevano all’ufficiale medico Vittorio Napoleone Darra, impegnato al fronte, il quale aveva raccolto i circa 300 vetrini intuendo, come spiega don Romani, «l’importanza della documentazione». Darra, già allievo del Don Mazza, dopo la morte della moglie scelse di diventare terziario francescano e concluse i suoi giorni nell’istituto religioso veronese. «Si tratta di un materiale chiaramente professionale», precisa don Romani. «Le foto, scattate certamente da una persona esperta, sono state ripulite e valorizzate. Il libro ne propone circa 200. Durante il lavoro di catalogazione e di identificazione, inoltre, si è scoperto che sono state scattate quasi tutte nel 1916. Solo una cinquantina, però, erano accompagnate da didascalie e le grafie identificate sono di almeno tre persone. Per capire dove erano state scattate quelle senza didascalia, sono state fatte diverse ricerche, anche andando nei luoghi dove si presumeva fossero state scattate. È stato un lavoro d’indagine che ha coinvolto diversi enti e studiosi».

LE FOTO descrivono la vita dei soldati in trincea, nel Vicentino, sul Podgora, nella zona di Gorizia, propongono le immagini delle montagne innevate dell’Adamello e della Carnia, i sentieri del Pasubio, dell’Altopiano dei Sette Comuni, di villaggi straziati dai bombardamenti, di paesaggi dell’Isonzo, di Caporetto, Tolmino e di altre località trentine, venete e friulane. Ci sono poi foto scattate in Albania e a Salonicco, una serie dedicate ai velivoli e un’altra agli ospedali da campo. Un affascinante viaggio per immagini dentro la realtà del primo conflitto mondiale, con le persone che ne furono protagoniste, le difficoltà, la crudeltà delle devastazioni. Fino all’ultima immagine del soldato che, vestito di tutto punto, forse sta per tornare a casa. Un messaggio di speranza alla fine di un cammino costellato di drammi.

IL TITOLO può sembrare curioso. Perchè nel 1916 «l’Italia impara a fare la guerra»? «Perchè dopo l’avvio incerto del primo anno del conflitto», spiega don Romani, «l’esercito comincia a capire come si deve organizzare, in che modo deve muoversi, quali tattiche adottare». E non solo. Come evidenzia il testo, «per potersi confrontare con un nemico già allenato alla guerra, l’Italia aveva bisogno di accelerare la produzione di armi, organizzare tutti i trasporti sul territorio nazionale, provvedere al vettovagliamento e garantire un servizio sanitario tale da assicurare la cura di feriti e malati provenienti dal fronte».

Elena Cardinali

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