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Lungadige Littorio quando San Giorgio stregava Dall’Oca

Lungadige San Giorgio in una foto d’epoca. Sullo sfondo Castel San Pietro: non c’era ancora la funicolare
Lungadige San Giorgio in una foto d’epoca. Sullo sfondo Castel San Pietro: non c’era ancora la funicolare
Lungadige San Giorgio in una foto d’epoca. Sullo sfondo Castel San Pietro: non c’era ancora la funicolare
Lungadige San Giorgio in una foto d’epoca. Sullo sfondo Castel San Pietro: non c’era ancora la funicolare

La zona di lungadige San Giorgio è al centro dell’attenzione, sia perché in questi giorni i lavori di scavo a Porta Trento stanno congestionando la zona, sia perché da alcuni mesi, il lungadige San Giorgio pedonale è tornato a risplendere, dopo i lavori di riqualificazione da parte di Agsm ed è stato anche utilizzato come ampliamento dei mercatini di Natale. E' questo il più panoramico dei lungadigi e, nel goderci questa splendida passeggiata, che ci porta anche a pelo dell’acqua se si percorre l’alzaia che andrebbe tenuta sempre pulita, non possiamo dimenticare come è stato creato questo angolo di Verona e i contrasti che, allora, nacquero tra gli intellettuali e gli amministratori. Occorre fare un passo indietro di oltre 80 anni fa, agli anni Trenta, quando, in età fascista, il Comune decise il completamento degli argini di difesa dell’Adige, sulla sponda di sinistra, da Parona al ponte Pietra. La costruzione dei muraglioni iniziò nel 1932, nel tratto da Parona a Castelvecchio e si concluse nel 1934. L’opera proseguì subito da Castelvecchio fino al ponte Pietra e venne ultimata due anni dopo. Ma il vecchio ed il nuovo si scontrarono, come avviene da sempre per gli interventi urbanistici della nostra città. Da una parte, c’era l’esigenza di rendere sicura questa sponda più volte sommersa dalle inondazioni dell’Adige e di “risanare” il rione di Santo Stefano, oltre a migliorare la viabilità. Si trattò di un’operazione urbanistica di notevole consistenza, che distrusse un ambiente assai suggestivo. In quello che oggi è il tratto di lungadige alberato, appena restaurato, infatti, vi era un rettifilo di casette con facciata sul fiume, nelle quali si entrava dalla stretta strada interna, via Sant’Alessio: si era nel cuore del popolare rione di Santo Stefano. La soluzione scelta fu lo sventramento di questo ambiente, ultima preziosa testimonianza dello stretto legame fra la città e l’Adige. Contro queste demolizioni si sollevarono il Consiglio superiore di antichità e la Sovrintendenza alle Belle Arti, oltre ad intellettuali ed artisti, guidati dal pittore Dall’Oca, ma, quando il 25 agosto del 1934, un violento nubifragio provocò il crollo di una di queste casette sull’Adige e si ebbero alcune vittime, come è stato riportato in una drammatica cronaca de L’Arena, ogni indugio venne rotto, anche se gli altri edifici erano in buone condizioni statiche. Il piccone demolitore, nei primi giorni del 1935, abbatté tutte le case, con incredibile rapidità: il 4 novembre del 1936, il lungadige, denominato Littorio, dal simbolo del fascismo, venne inaugurato. Poi, alla caduta del regime, venne dedicato a Paolo Caliari e successivamente si chiamò San Giorgio. Peraltro, è sotto gli occhi di tutti che il piano stradale del lungadige è più alto della vicina via Sant’Alessio e dunque in questo tratto abbiamo due strade che corrono parallele, ma su piani diversi, per effetto dei lavori per il lungadige. Il compianto professor Renzo Chiarelli, sovrintendente e storico dell’arte veronese, più volte ha segnalato come questo intervento fosse stato “discutibile” per “l’irriducibile biancore del materiale usato estraneo al delicato e sfumato paesaggio veronese”. Sarà l’abitudine, sarà che il luogo resta comunque molto bello, fatto sta che, oggi, non si è più così critici per la sistemazione di questo tratto di fiume. Anzi, è uno dei luoghi più suggestivi di Verona., con lo scorcio su ponte Pietra e sul colle di Castel San Pietro. Fra l’altro in questo angolo di Verona, Camillo Boito ha ambientato alcuni momenti di una sua popolare novella “Senso” che narra la storia d’amore fra una nobildonna veneziana e un giovane ufficiale austriaco, negli anni del Risorgimento: nel ’53, Luchino Visconti, il grande regista italiano del novecento, ha tratto uno dei suoi più famosi film, “Senso”, con una grandissima Alida Valli.

E.Cerp.

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