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LOGGIA P2 NOTTURNO ITALIANO

Licio Gelli (1919-2015), maestro della loggia massonica P2
Licio Gelli (1919-2015), maestro della loggia massonica P2
Licio Gelli (1919-2015), maestro della loggia massonica P2
Licio Gelli (1919-2015), maestro della loggia massonica P2

«Abbiamo capito davvero cosa abbia rappresentato la P2 per l’integrità dello Stato? Ora bisogna riportare quei fatti all’oggi: è necessario ripercorrerli chiedendoci perché è andata in quel modo, se poteva andare in un modo diverso e soprattutto perché c’è stata una generale impunità». Che l’Italia non abbia fatto i conti fino in fondo con la propria storia politica è convinta Stefania Limiti, autrice con Sandra Bonsanti di «Colpevoli. Gelli, Andreotti e la P2 visti da vicino» (Chiarelettere, pp. 250, 16 euro). Pubblicato in occasione dei 40 anni dalla scoperta della P2 (il 17 marzo 1981, a Castiglion Fibocchi fu trovata la lista degli appartenenti alla loggia massonica deviata di Licio Gelli), il libro costituisce un resoconto appassionato di uno dei periodi più bui della storia della prima Repubblica, grazie alla testimonianza di Bonsanti, cronista che in quegli anni seguì in prima persona le indagini, e al lavoro di approfondimento di Limiti, anche lei giornalista, che permette di «legare i fili» di una vicenda complessa anche dopo tanto tempo. «La storia della P2 è stata scritta a caratteri farseschi, come se quella fosse solo un’associazione malandrina, che abbiamo dimenticato e sconfitto. Invece no, è una storia seria, rimasta impunita: dopo la P2, associazione eversiva che agiva nel segreto, l’integrità dello Stato non è stata più la stessa», spiega Limiti, «gli uomini dell’associazione erano ovunque, nella politica, nella magistratura, nella pubblica amministrazione, nelle forze armate. Sono tutti rimasti lì e non sono stati isolati». Lo Stato «infedele e avvelenato», le trame della P2 e le stragi di quegli anni, e poi «Belfagor e Belzebù, ossia Gelli e Andreotti», come li soprannominò Craxi, il lavoro della Commissione Anselmi, accanto a tanti dettagli e ricordi personali, come il rinvenimento nell’agosto del ’74 assieme ai carabinieri di un deposito di tritolo sulla ferrovia dov’era appena avvenuta la strage dell’Italicus: nella prima parte del libro la testimonianza del lavoro sul campo svolto dalla Bonsanti è una narrazione che restituisce il clima di quegli anni. Poi, in un racconto che prosegue agile, da cronista, Limiti aggiunge la ricostruzione vera e propria dei fatti, per «offrire nella seconda parte del libro un blocco di informazioni utile per comprendere quello che resta tra le pieghe di un ricordo e di una scrittura personale, per consentire anche a chi non la conosce di leggere la storia della P2». Dopo 40 anni, a che punto siamo arrivati? «Siamo messi ancora male: il rischio è che si perda il senso dell’antifascismo della nostra Costituzione», afferma l’autrice, «dopo che è finita la Repubblica dei partiti, con la caduta del Muro di Berlino e l’ingresso nella nuova era, la frammentazione delle forze politiche e sociali è stata tale che si sono continuati a inserire negli affari pubblici gli interessi privati, economici e politici. Anche il berlusconismo con la sua dimensione affaristica ha frantumato il senso dello Stato. E oggi alcune inchieste della magistratura ci dicono che esistono gruppi della massoneria deviata e che il segreto massonico è ancora utilizzato. Se una democrazia è frammentata è più fragile». «Si dice spesso che la prima Repubblica sia morta con Aldo Moro», prosegue Limiti, «in uno dei passaggi del libro, Bonsanti scrive che in una conversazione a Piazza Navona con Craxi quest’ultimo le abbia rivelato che Licio Gelli partecipava alle riunioni “nelle stanze del Governo“ durante il sequestro Moro. L’omicidio di Moro è stato gestito dunque all’esterno del gruppo dei sequestratori dagli uomini della P2». Nel documentare potere occulto, omertà, connivenze i giornalisti avrebbero potuto fare di più? E oggi, si fa troppo poco? «I giornalisti hanno fatto molto. Ma anni fa c’era un modo di lavorare diverso, con più continuità. Ora invece la precarizzazione comporta la difficoltà a seguire gli avvenimenti con costanza e un rischio individuale di fronte a fenomeni con una carica di violenza occulta». Quanto interesse c’è oggi per una storia complessa come quella della P2? «Il tempo passa e riproporre le storie del passato è sempre più difficile. Oggi l’opinione pubblica non è più disinteressata o indifferente rispetto a ieri, ma è l'informazione a essersi ristretta. All'epoca c'erano più giornali: il pubblico è sempre disponibile ma lo è l'informazione?», si chiede Limiti, «i giovani hanno voglia di farsi un’opinione ma la scuola non è in grado di offrire una formazione in questo senso se queste cose poi non si studiano». •

Marzia Apice

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