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Teatro

«Le ultime lune» sul palco del Camploy: tono di voce (troppo) basso ma interpretazione intensa

Il critico teatrale Giuseppe Liotta ha introdotto lo spettacolo (Foto Pezzani)
Il critico teatrale Giuseppe Liotta ha introdotto lo spettacolo (Foto Pezzani)
Il critico teatrale Giuseppe Liotta ha introdotto lo spettacolo (Foto Pezzani)
Il critico teatrale Giuseppe Liotta ha introdotto lo spettacolo (Foto Pezzani)

È stato un gran peccato che il timbro di voce di due dei tre attori della commedia "Le ultime lune" fosse così basso da penalizzare l'apprezzamento del bellissimo testo di Furio Bordon, il cui contenuto invece grida. Al Teatro Camploy la compagnia La Cricca APS di Taranto ha portato a testa alta e intensa recitazione questo apprezzabile lavoro, quale terzo appuntamento della sedicesima edizione della manifestazione dedicata ai testi di autore italiani contemporaneo in memoria dell'uomo veronese di teatro Giorgio Totola scomparso nel 1987.

Il tema della vecchiaia e della risoluzione del vecchio professore vedovo di andare in casa di riposo per non essere di peso a figlio, nuora e nipoti, commuove e allo stesso tempo fa l'effetto dello stridìo del gesso sulla lavagna, ma invoglia lo spettatore ad andare a cercare "il racconto letterario omonimo, già denso di teatralità, da cui è tratta la versione teatrale e che è stato poi in palcoscenico cavallo di battaglia di grandi attori quali Marcello Mastroianni, Gianrico Tedeschi", come ha spiegato il critico teatrale e docente Giuseppe Liotta ad introduzione della serata stranamente poco affollata rispetto alle precedenti.

"Il teatro migliore è quello che si fa con mezzi semplici e naturalezza", ha aggiunto Liotta ed infatti la compagnia ha le carte in regola per ritagliare dalla quotidianità questo scampolo di realtà resa, al di là delle parti in sordina ma di sicuro migliorabili, con dignità, delicatezza e forza allo stesso tempo. Emerge veridicità dalla regia di Aldo L'Imperio, con punte intense nei dialoghi tra moglie defunta e marito in procinto di lasciare la casa, e padre e figlio "distanti dentro". Quel che abbiamo visto è uno specchio nel quale non ci si può non riflettere. Una delle più belle scene, poi, della commedia sottolineata dalla musica di Johan Sebastian Bach, è l'ultima del primo atto, quando l'anziano prende la valigia sollecitato poco prima dal figlio che gli dice di far presto, e abbandona la tana della sua precedente vita, esce e lascia il fantasma della moglie seduta sola in poltrona, a tutta luce mentre il resto della stanza scompare nel buio.

Michela Pezzani

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