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La necropoli della Colombara ai raggi X

Lo scavo Scheletro di giovane donna in posizione prona
Lo scavo Scheletro di giovane donna in posizione prona
Lo scavo Scheletro di giovane donna in posizione prona
Lo scavo Scheletro di giovane donna in posizione prona

Un volume che per la prima volta riunisce in modo dettagliato e completo tutte le ricerche archeologiche che si sono svolte a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso nella necropoli della Colombara a Gazzo Veronese, considerata tra le principali documentazioni funerarie dei Veneti Antichi nella pianura veronese. La pubblicazione, dal titolo «I Veneti Antichi a Gazzo Veronese, la necropoli della Colombara», è stata voluta dalla Soprintendenza archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza, con il sostegno del Comune di Gazzo e della Fondazione Fioroni di Legnago. A curarne le 400 pagine, edite dalla Società Archeologica srl (Sap) sono Luciano Salzani, già funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologica per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, oltre che ed uno dei protagonisti indiscussi dello studio della Protostoria del Veronese, e l’archeologa Marisa Morelato, responsabile del settore didattica del Centro ambientale archeologico di Legnago. L’importanza del volume, che si avvale dei contributi di Sabrina Masotti e Alessandro Canci, sta proprio nel fatto che restituisce agli studiosi la prima edizione completa delle ricerche, con documentazione grafica, fotografica e del catalogo di ciascuna delle 190 tombe e del loro corredo. La necropoli della Colombara, i cui materiali sono conservati tra il CAA legnaghese , il museo di Gazzo ed il nuovo Museo nazionale di Verona, rappresenta un caso-studio altamente significativo non solo sotto l’aspetto archeologico, ma anche dal punto di vista della storia degli scavi. L’intervento principale, ad opera della Soprintendenza Archeologica del Veneto, fu portato avanti nel 1999 quando per l’appunto vennero alla luce le 190 tombe che dovevano costituire il nucleo centrale di un’area cimiteriale molto vasta, separata dall’abitato protostorico di Coazze attraverso il corso del fiume Tartaro. La necropoli, che venne utilizzata in modo continuativo dal X al V secolo a.C., ed il vicino abitato, costituiscono un centro periferico nell’area dei Veneti Antichi, aperto a vasti scambi commerciali. Il rito funebre prevalente è la cremazione. Pochissime invece le tombe ad inumazione, sempre prive di corredo e spesso con defunti in posizioni anomale, probabilmente di basso livello sociale, come ad esempio la giovane donna p. «Durante la fase più antica, dal IX al X secolo a.C.- spiega l’archeologa Morelato - i materiali della necropoli attestano legami di continuità con la facies protoveneta della fine dell’Età del Bronzo. Nell’ VIII secolo a. C, invece, il polo di Gazzo inizia ad assumere il ruolo di centro periferico dei Veneti a controllo della direttrice fluviale di Tartaro e Mincio, ampliandolo poi nelle fasi successive quando gli Etruschi si insedieranno nel Mantovano». Il volume sarà presentato domani alle 17 nella sala conferenze del CAA. •. Elisabetta Papa

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