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Sabato 18 giugno al Teatro Romano

L'urlo di Tardelli, i gol di Pablito: emozioni da Mundial con Federico Buffa

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Federico Buffa
Federico Buffa
Federico Buffa
Federico Buffa

I gol di Pablito Rossi, l’urlo di Marco Tardelli, le parate di Dino Zoff, la pipa di Enzo Bearzot, la notte magica del Bernabeu, le braccia al cielo del presidente della Repubblica Sandro Pertini. «Adesso non ci prendono più», butta lì con un sorriso al re di Spagna Juan Carlos dopo il terzo gol di Altobelli alla Germania. Sono immagini che hanno fatto la storia e che sono entrate nel cuore degli italiani. Si chiama «Italia Mundial» lo spettacolo che Federico Buffa porterà in scena sabato 18 giugno al Teatro Romano nell’ambito del Festival della Bellezza.

Il giornalista di Sky, accompagnato al piano da Alessandro Nidi, racconterà l’indimenticabile impresa della nazionale azzurra che, contro ogni pronostico, conquistò la Coppa del Mondo nel 1982.

 

Perchè nasce Italia Mundial 82?

Tutto parte da Storie Mondiali, il programma che andò in onda qualche anno fa su Sky. Mi chiamarono tanti giocatori della Nazionale che conquistò il mondiale in Spagna, primo tra tutti Marco Tardelli, poi ne arrivarono molti altri. Da Zoff a Bruno Conti, da Graziani a Bergomi. Sono loro gli autori dello spettacolo, si sente quello che mi hanno detto, quello che hanno scritto.

 

Tante immagini di quel 1982, quella più cara?

L’urlo di Tardelli, dopo il gol del due a uno alla Germania. Potrebbe sembrare ovvio ma non è così. Marco mi ha raccontato che lui, nella parete davanti al letto, ha una gigantografia di quell’urlo, così si sveglia ogni mattina con quell’immagine. Sua figlia Sara, in più di un’occasione, aveva chiesto di poter avere quella foto ma lui faceva sempre finta di nulla. Quando Sara compì 18 anni, Marco Tardelli mandò alla figlia un corriere che portava un grande pacco. Lei capì immediatamente. Sulla foto aveva scritto «Tu, tuo fratello Nicola e questo gol sono le cose più belle che ho fatto nella mia vita».

 

I giocatori che fecero l’impresa... C’è un legame particolare con qualcuno di loro?

Difficile fare una classifica. Con Tardelli, perchè tutto è cominciato da lì, con Graziani, con Bruno Conti, con il povero Paolo Rossi, un signore, un gentiluomo fuori e dentro il campo. Un legame importante non solo con gli uomini ma anche con le loro storie.

 

Per esempio?

Giancarlo Antognoni, uno dei migliori di quel Mondiale, che cerca di recuperare fino all’ultimo per giocare la finale dopo l’infortunio alla caviglia in semifinale con la Polonia ma non ce la fa e quando deve rinunciare, in lacrime, fa coraggio a Graziani che lo dovrà sostituire. Ripenso a Bruno Conti, lui che non dorme mai, che viene messo in camera con Giovanni Galli che va a letto alle nove. Una notte Bearzot, anche lui dormiva poco, lo trova di notte in giro per l’albergo. Si confrontano, capisce e decide di dargli una stanza singola. Bruno Conti cambia marcia e diventa uno dei migliori giocatori del Mundial.

 

In Storie Mondiali racconta anche la vittoria in Germania, cosa c’è di diverso tra il 1982 e il 2006?

Più analogie che differenze, diciamo che le vittorie scaturiscono da due scandali legati al calcioscommesse. L’Italia tende a fare gruppo in momenti di grande sofferenza, quando è sotto pressione. In effetti sia Bearzot che Lippi lavorarono molto su questo aspetto psicologico, passò il messaggio che si giocava in difesa di tutta la categoria. Poi la forza del gruppo fece il resto, come è successo anche nell’ultimo Europeo con Mancini.

 

A quarant’anni di distanza dall’impresa del 1982 l’Italia non va ai Mondiali, esclusa dalle ultime due edizioni.

Purtroppo questa è la triste realtà. Se per la seconda volta consecutiva non ci qualifichiamo per i Mondiali vuol dire che il problema è strutturale. Sono convinto che l’Italia del 1982 - almeno per i Mondiali che ho vissuto in prima persona visto che non c’ero negli Anni Trenta - sia la più grande squadra azzurra di tutti i tempi. Come hanno giocato loro non ha mai giocato nessuno nella nostra storia calcistica: hanno battuto l’Argentina, la Germania Ovest, il Brasile, e se vinci battendo tutte le squadre più forti hai davvero vinto il mondiale e te lo sei meritato. Senza dimenticare che quell’Italia era formata da un gruppo di giocatori che erano cresciuti giocando sempre con altri italiani, solo nel 1980 erano tornati gli stranieri in A, uno per squadra. C’era una grande condivisione di intenti e il fatto di partire da sfavoriti ci ha caricato ancora di più.

 

Anche questa storia insegna che, alla fine, vince la squadra e non il grande campione...

Ci sono delle eccezioni, vedi nel 1986 l’Argentina di Maradona, ma queste favole non esistono. Il gruppo fa sempre la differenza. Per esempio, Enzo Bearzot, il grande condottiero di quella squadra diceva ai suoi giocatori «voglio vedere che cosa fai alla terza volta in cui scatti e il tuo compagno non te l’ha data. Voglio vedere come ti comporti in quelle situazioni lì, se la quarta volta scatti ancora o stai fermo, perchè a me interessa vedere queste cose». Tra l’altro quella squadra era costruita su un grande «azzardo», la sua idea di poter recuperare Paolo Rossi lasciando a casa Roberto Pruzzo, capocannoniere del campionato. Una scelta che gli costò l’odio dei giornali romani ma lui non fece mai un passo indietro. Pablito era stato assolto dalla giustizia ordinaria ma stava scontando la squalifica del giudice sportivo fino al marzo del 1982, quindi di fatto era un giocatore fuori forma e implicato nello scandalo ma Bearzot lo aspettò e si rivelò una pedina fondamentale.

 

Cosa vorrebbe raccontare ai più giovani, a chi non ha visto la vittoria del 1982?

Attenzione non dobbiamo credere che i giovani non ricordino nulla. Ne vedo tantissimi a seguire lo spettacolo, gran parte sono nati dopo quel 1982, quindi non hanno vissuto in prima persona quell’impresa. Ma quando appare sul video il gol di Tardelli e la sua corsa folle parte l’applauso spontaneo. Riconoscono quel grande momento emotivo, sanno di cosa si parla, chissà quante volte se lo sono fatti raccontare dai genitori o da amici più grandi.

 

Appassionato di sport, grande esperto di basket. La domanda è d’obbligo. Verona è tornata in A1. Cosa dovrà fare per restarci?

Seguire l’esempio di altre realtà che rappresentano città più piccole, penso a Trento, o Brescia, o Tortona. Conti a posto e idee, così anche Verona può raggiungere la salvezza in A1.

 

L'urlo di Marco Tardelli finale Italia-Germania, Mondiali 1982
L'urlo di Marco Tardelli finale Italia-Germania, Mondiali 1982

Luca Mantovani

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