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In quel nodo metallico sono intrecciate le follie del Novecento

MONUMENTI. Oggi in piazza Isolo si ricordano le vittime della Shoah
È lo «Spino di filo spinato», opera di Pino Castagna
Il monumento di Pino Castagna in piazza Isolo. È stato inaugurato nel 2009 FOTO BRENZONI
Il monumento di Pino Castagna in piazza Isolo. È stato inaugurato nel 2009 FOTO BRENZONI
Il monumento di Pino Castagna in piazza Isolo. È stato inaugurato nel 2009 FOTO BRENZONI
Il monumento di Pino Castagna in piazza Isolo. È stato inaugurato nel 2009 FOTO BRENZONI

In un mondo sempre più distratto e smemorato, la sorte dei monumenti deputati a tramandare la storia, anche quella che per dolorosa vicinanza dovrebbe ancora parlare ai nostri cuori, non è certo facile né felice, e sempre meno sono le persone in grado di udire il messaggio affidato al marmo o al bronzo di quei silenziosi testimoni. Proprio perché in rara controtendenza rispetto a questo progressivo svaporare di significati, merita dunque particolare interesse e apprezzamento la manifestazione celebrativa voluta per ricordare le vittime della Shoah e tutti i deportati, internati e caduti nei campi di concentramento e sterminio che si terrà oggi, alle 17, al monumento di piazza Isolo. Patrocinata dal Comune di Verona, la cerimonia, oltre all'intervento di autorità e associazioni, di Dario Basevi, vicepresidente del comitato per il monumento, e dello storico Carlo Saletti, vedrà la partecipazione in tre distinti momenti musicali di Angel Harkatz, cantore della sinagoga, del violinista Paolo Buconi e del coro del liceo Montanari diretto dal maestro Pagnoni. Inaugurato nel 2009 nella ricorrenza della giornata della memoria, lo «Spino di filo spinato» opera dello scultore Pino Castagna, ha saputo dare con potente eloquenza una forma plastica al tragico destino di quanti subirono la barbarie nazifascista e, più in generale, alla tragedia novecentesca di un'Europa a stento riemersa dal gorgo di ferro e sangue in cui sfrenate volontà di potenza e deliranti sogni di supremazia razziale l'avevano sprofondata. Nella sua semplicità diabolicamente efficace, quel piccolo nodo metallico dalle punte acuminate espanso a dimensione monumentale e poggiato al centro di un bianco lastricato, inquietante meteora piovuta dal passato, imperituro monito per le coscienze presenti e future, è a tutti gli effetti l'icona del lato oscuro su cui ogni civiltà, anche la più colta e sviluppata, deve costantemente vigilare. Dopo due guerre mondiali costate decine di milioni di morti, il «secolo breve» mostruosamente ricamato da un filo spinato che unisce senza soluzione di continuità il mattatoio delle trincee all'inferno dei lager, avrebbe visto uno dei suoi atti conclusivi con la liberazione di Mauthausen, l'ultimo campo di concentramento/annientamento a venire raggiunto dagli alleati il 5 maggio del 1945. A pochi giorni da quella ricorrenza, nel suo sessantottesimo anniversario, la Verona che non dimentica, la città decorata di medaglia d'oro al valor militare per il contributo dato alla lotta di liberazione, il crocevia che vide transitare verso nord tutti i convogli dei deportati italiani condannati a un destino di morte e schiavitù, potrà essere un modello di come la storia può vivere nella contemporaneità e accrescerne la coscienza civile. L'auspicio è che sia solo la prima di molte altre occasioni.

Stefano Biguzzi

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