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Il vescovo Zenti non ha dubbi:
«Don Pedrollo sarà beatificato»

Il pubblico alla presnetazioen del libro: in prima ila il vescovo Zenti, gli imprenditori Pedrollo e Rana
Il pubblico alla presnetazioen del libro: in prima ila il vescovo Zenti, gli imprenditori Pedrollo e Rana
Il pubblico alla presnetazioen del libro: in prima ila il vescovo Zenti, gli imprenditori Pedrollo e Rana
Il pubblico alla presnetazioen del libro: in prima ila il vescovo Zenti, gli imprenditori Pedrollo e Rana

Il vescovo Giuseppe Zenti non ha dubbi: «È tempo di avviare la causa di beatificazione di don Luigi Pedrollo. L’ho conosciuto», rivela, «era una di quelle figure straordinarie che sanno trasmettere un’anticipazione del paradiso».

Con questo impegno si è aperta, ieri, nella casa madre dell’Opera calabriana a San Zeno in Monte, la presentazione della biografia ufficiale di don Luigi Pedrollo (1888 – 1986). Il volume, che esce a trent’anni dalla morte del primo successore di San Giovanni Calabria, è frutto del lavoro di ricerca di Giuseppe Perazzolo: docente di Storia del cristianesimo alla Fondazione Toniolo e di Storia ecclesiastica alla Pontificia Università Gregoriana, oltre che profondo conoscitore della Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza. L’auditorium, gremito, ascolta anche il saluto di padre Miguel Tofful, superiore generale dell’Opera calabriana, la relazione di Gian Paolo Marchi, docente emerito dell’Università di Verona. E la testimonianza commossa del pronipote di don Pedrollo, Silvano: «Era un uomo di una dolcezza infinita». Voci che si alternano con la sapiente orchestrazione della giornalista Maria Teresa Ferrari.

In prima fila, oltre al consigliere comunale Rosario Russo, siede l’imprenditore Giovanni Rana: «Sono stato un “buon fanciullo”. E lo sono ancora!», spiega, riferendosi all’attività di cura dell’infanzia che don Calabria, insieme al suo braccio destro don Pedrollo, sviluppò a San Zeno in Monte.

Come il santo, don Luigi era nato in una famiglia modesta, a San Gregorio di Veronella, e in un’epoca storica non certo florida: «Suo padre era mugnaio ai tempi della tassa sul macinato», ricorda Marchi, «l’imposta, introdotta per risanare le finanze statali, colpiva la macinazione dei cereali, facendo impennare il prezzo del pane e sfiancando le classi sociali più umili».

Nel 1902, Luigi entrò ragazzino in seminario a Vicenza. Sei anni dopo, ventenne, incontrò per la prima volta don Calabria, che lo prese con sé nell’Opera nel 1914, subito dopo l’ordinazione sacerdotale. Da allora, don Pedrollo divenne sempre più la «colonna» di don Calabria: grande amico, collaboratore fidato e anche sostituto quando, spesso, il santo era impedito dalla sua salute cagionevole.

Nel 1929 don Pedrollo fu nominato vicario e contribuì a preparare le regole della futura Congregazione. Alla morte di don Calabria, nel 1954, e fino al 1969, fu superiore generale dei Poveri Servi della Divina Provvidenza. Sotto il suo mandato si concretizzarono molti sogni del fondatore: l’attività missionaria, avviata in America Latina nel 1959, il Centro Don Calabria di via Roveggia (poi spostato in via San Marco), e l’ospedale geriatrico a Negrar.

I brani del diario del sacerdote, inseriti nel libro di Perazzolo, fanno emergere tutta la sua umanità. Il dinamismo e la fiducia nella provvidenza, infatti, si accompagnavano a momenti di sconforto, in un «alternarsi di luci e ombre», come diceva lui stesso. «Scriveva “Non sono capace di governare”. Oppure: “Sento la solitudine nel cuore”. E ancora: “Avrei voglia di piangere”. Tuttavia», spiega Perazzolo, «nel governo non era privo di polso, come quando batté i pugni sul tavolo contro l’accusa di un religioso secondo cui “in Italia non c’è più mordente per l’apostolato”. Don Pedrollo ribattè: “Ognuno si lamenti di sé e non degli altri. Il vero mordente è tendere alla sanità”».

E proprio lui, negli anni a venire, potrebbe essere elevato agli onori degli altari.

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