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L'intervista

Igor Sibaldi: «Dante? Un eretico come San Francesco. Entrambi ricercano la verità al di là dei dogmi»

Igor Sibaldi
Igor Sibaldi
Igor Sibaldi
Igor Sibaldi

È filosofo e filologo, drammaturgo e studioso di teologia. Ha scritto libri dedicati al valore dei ricordi e dell’immaginazione, alla scienza e ai misteri, ma anche agli adolescenti, agli angeli e ai gatti. Sarebbe impresa impossibile incasellare in precise categorie Igor Sibaldi, pensatore eclettico e provocatore, intervenuto nell’ambito del Festival della Bellezza, nell’incantevole scenario dell’Isola del Garda. Oggi ci racconta come ha vissuto questi mesi di pandemia, tra riflessioni e letture.

Igor Sibaldi, durante il suo intervento al festival, dedicato a «Dante e l’espressione poetica» per ricordare il Sommo Poeta a 700 anni dalla morte, lei ha evocato anche la figura di San Francesco, che ha soggiornato nell’isola del Garda di ritorno dall’Oriente. E come le succede spesso, ha lasciato il pubblico un po’ sorpreso. «A scuola ci insegnano che Dante è un cristiano rispettoso, con un forte senso del dovere, e a nessuno verrebbe in mente di associare a lui il concetto di libertà. Di Francesco, invece, gli storici dicono che era un tipo ingenuo, semplice, anche un po’ ignorante se vogliamo, che rispettava alla lettera ciò che imponeva la Chiesa. Nulla di più assurdo. Dante e Francesco erano due grandi eretici, che hanno manifestato la loro eresia in modo non aggressivo. Il primo è andato di persona a vedere chi è Dio, il secondo ha pronunciato parole bellissime: "Non ho imparato niente da nessuno, non trovavo maestri". È questa, a mio parere, l’espressione che definisce al meglio la parola eresia. Essa deriva dal greco antico haìresis, e significa "scelta". Una scelta personale: l’eretico quindi è colui che sceglie e ricerca la verità, al di là dei dogmi. Non dimentichiamo, poi, che Dante è stato sepolto col saio francescano».

Insomma, a lei piace scompigliare le carte, non è un mistero. «Mi sembra di non avere mai fatto altro, in realtà. Una volta in Svizzera mi dissero, al termine di una conferenza: il nostro collega ha messo tutto in disordine. E se lo dice uno svizzero…»

Di certo la sua interpretazione di queste due grandi figure della nostra storia si allontana notevolmente da quanto si apprende a scuola. «Anche se ho fatto studi classici mi rendo conto di un aspetto drammatico che riguarda chissà quanti altri studenti: quello che mi hanno insegnato al liceo è stato un danno. Non è certo facendo la parafrasi che si impara a capire Dante. E poi, lui ha impiegato 20 anni per creare versi meravigliosi e perfetti, e arriva il prof che chiede ai ragazzi di smontare tutto? Il problema sono i dantisti, che non vedono, sono come ipnotizzati da alcune idee su Dante cattolico. Dante invece era incontenibile, così come lo è stato Francesco. So che quello che dico può scandalizzare. Ma è necessario reinterpretare i testi, i pensieri, e quindi anche la realtà».

E come vengono accolte queste sue riletture, di Dante e non solo? Fino a qualche anno fa le persone avevano grande bisogno di qualcuno che mettesse in disordine, ossia facesse riflettere sull’importanza di mettere da parte l’ordine che si ha in mente, perché spesso questo ordine fa perdere troppa vita. Quello che stiamo vivendo adesso, invece, è un periodo difficile. Dopo due anni di lockdown, con la paura e le incertezze che si sono impossessate di noi, la stragrande maggioranza delle persone ha bisogno, malamente secondo me, di qualcosa che rassicuri. Facciamo un esempio: il vaccino fa bene o il vaccino fa male?, si chiedono tutti. E ancora: cosa devo pensare, di chi mi devo fidare? Eppure le cosiddette idee chiare sono sempre delle fregature tremende. Quando un’idea è chiara significa che è una semplificazione, e semplificare vuol dire togliere le cose scomode e mettere le cose che fanno comodo. Se penso alla storia d’Italia, cent’anni fa esatti, nel 1921, la gente era spaventata e desiderava un padrone che comandasse tutti. E poi è arrivato Mussolini. Adesso c’è un problema fisiologico e in secondo luogo anche politico. Una volta esisteva una cosa bellissima: la democrazia, che trova spazio quando si hanno pareri diversi, ci si confronta e ognuno è libero di esprimere la propria opinione. Senza escludere di cambiare idea: nel dialogo si colgono altri stimoli e poi magari ci si riflette un po’ su. Adesso siamo in un periodo totalmente dominato dall’aggressività: se la pensi diversamente ti attacco con violenza perché questo mi fa sentire di avere ragione. Un meccanismo terrificante».

Lei scrive, studia, viaggia facendo conferenze e seminari. Quali attività assorbono maggiormente la sua energia? «Adesso mi dedico soprattutto alla scrittura, ritengo che questo sia un periodo propenso per la riflessione, anche se tutto potrebbe far pensare al contrario. E in un momento storico in cui tante persone si rifugiano nel web, dove si scrive e si reagisce sempre d’impulso, urlando senza filtri le proprie opinioni, anche la dimensione della lettura diventa fondamentale. Per leggere bisogna fermarsi, scegliersi un posto comodo e isolato senza interferenze esterne, trascorrere diverse ore nel silenzio e nella concentrazione. Quelle ore sono feconde: mentre stiamo seduti a leggere succedono tante cose, vanno a posto una serie di paesaggi interiori che adesso sarebbero estremamente utili a ogni individuo, in questo tempo così complesso della nostra storia».

Silvia Allegri

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