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I sentieri della tempesta a dieci mesi da «Vaia»

L’Agordino è stata una della zone più colpite dalla tempesta dell’ ottobre 2018: a Gosaldo un sentiero attraversa i boschi flagellati da Vaia
L’Agordino è stata una della zone più colpite dalla tempesta dell’ ottobre 2018: a Gosaldo un sentiero attraversa i boschi flagellati da Vaia
L’Agordino è stata una della zone più colpite dalla tempesta dell’ ottobre 2018: a Gosaldo un sentiero attraversa i boschi flagellati da Vaia
L’Agordino è stata una della zone più colpite dalla tempesta dell’ ottobre 2018: a Gosaldo un sentiero attraversa i boschi flagellati da Vaia

¬ Una cosa mai vista. Dopo quel 29 ottobre, lo dicevano persino quelli che avevano vissuto l’alluvione del 1966. E così, a dieci mesi esatti di distanza, la tempesta Vaia resta indelebile nella memoria degli abitanti delle terre alte, mentre la sua impronta devastante rimane nei boschi decimati dalla furia del vento e delle piogge. Nel Veronese la zona più colpita è stata quella della foresta di Giazza, anche se in modo meno drammatico rispetto ai boschi del Trentino e del Bellunese. Secondo le stime, si erano persi circa 1.200 metri cubi di abeti rossi: al momento, come spiega Giustino Mezzalira, direttore della sezione ricerca e gestioni agroforestali di Veneto Agricoltura, ne è stata portata dai boschi fuori circa la metà e il resto verrà estratto entro settembre. Gli alberi tagliati sono accatastati lungo i tornanti che portano al rifugio Revolto e verranno utilizzati per un progetto di economia virtuosa e sostenibile fra la foresta e l’industria veneta. Il progetto prevede una «filiera solidale» condivisa fra Veneto Agricoltura, Consorzio Legno Veneto e Pfec, l’associazione che promuove la gestione sostenibile dei boschi,

L’ALTO ADIGE. Dureranno sensibilmente di più i lavori di pulizia dei crinali laddove Vaia ha colpito con più forza: centinaia di migliaia di alberi caduti o strappati dal vento, sentieri cancellati e paesaggi cambiati per sempre. In alto Adige ad oggi sono stati sgomberati 800.000 metri cubi di legname (la metà del totale) di alberi schiantati, mentre dai vivai stanno arrivando oltre un milione di nuove piante. 1,5 milioni di metri cubi di legname schiantato su 5.918 ettari di territorio, pari all’1,7% della superficie boschiva totale dell’Alto Adige. Gli oltre duemila proprietari dei boschi, distribuiti sugli 86 comuni colpiti dalla tempesta, da fine ottobre sono al lavoro senza sosta. Ciò anche grazie alle 463 teleferiche temporanee realizzate sul territorio, 300 delle quali nel frattempo sono state smontate. La più lunga, in Val d’Ultimo. Per svolgere i lavori in massima sicurezza, la scuola forestale Latemar ha tenuto tra gennaio e maggio venti corsi di formazione ai quali hanno partecipato oltre cento persone. I due terzi degli alberi schiantati sono concentrati nelle stazioni forestali di Nova Ponente, Nova Levante, Fontanefredde e San Vigilio di Marebbe.

UN SENTIERO PER NON DIMENTICARE. Anche nell’Agordino intere montagne mostrano chiare le ferite della tempesta. In uno dei comuni più colpiti, quello di Gosaldo, al confine con il Trentino, la distruzione ha resto la maggior parte dei sentieri impraticabile e aveva messo in discussione una delle manifestazioni più sentite del territorio, la «Passeggiata ai Pie’ della Croda Granda», una non competitiva fra i boschi del parco delle Dolomiti Bellunesi che quest’anno doveva festeggiare la decima edizione. Ma la devastazione non ha fermato gli organizzatori. Un manipolo di volontari si è rimboccato le maniche, dedicando intere giornate a un sogno: riuscire a ricostruire un sentiero che aiuti anche a non dimenticare la tragedia ambientale di dieci mesi prima. E così, armati di motoseghe e buona volontà, hanno dato vita ad un incredibile percorso di poco più di sette chilometri che, partendo dalla frazione Don e salendo fino al «Pra’ della Forca“» scende verso ovest aggirando le piante schiantate e per lunghi tratti passando attraverso uno stretto corridoio aperto fra i boschi crollati. La gara sarà il 3 agosto: sono stati costruiti ponticelli in legno e scale per attraversare le zone franate e posizionata una nuova segnaletica per orientarsi fra il paesaggio cambiato. Il passaggio proprio al centro della distesa di alberi caduti impone il silenzio: in piedi, fra i giganti di legno abbattuti dalla tempesta, si colgono appieno, forse ancor di più che dalle immagini scattate dall’alto, le dimensioni del disastro. Un sentiero nella memoria che si conclude dopo un percorso ad anello e che resterà così com’è oggi soltanto pochi mesi: a ottobre una ditta trentina comincerà l’immane lavoro di pulizia dei versanti. Che al termine delle operazioni resteranno nudi come nessuno li ha mai visti. Fino a che la natura riprenderà il suo corso riappropriandosene di nuovo.

Riccardo Verzè

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