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Garcìa Lorca, Dalì e Buñuel, l'amicizia di tre artisti raccontata con sobrietà

SCHERMI D’AMORE. L’ultima giornata del concorso ha proposto due titoli di diversissima ascendenza e qualità

«Little Ashes» dell’inglese Morrison è un’opera godibile, talora didascalica «Luna caliente» rappresenta il delirio erotico-senile del veterano Aranda

 Una scena del film &#171;Luna caliente&#187; del regista Vicente Aranda
Una scena del film &#171;Luna caliente&#187; del regista Vicente Aranda

 Una scena del film &#171;Luna caliente&#187; del regista Vicente Aranda
Una scena del film &#171;Luna caliente&#187; del regista Vicente Aranda

Nell'ultima giornata di concorso, Schermi d'Amore ha proposto due titoli di diversissima ascendenza e qualità, chiudendo una gara interessante ed equilibrata anche se priva di offerte fulminanti. Little Ashes, dell'inglese Paul Morrison, racconta l'amicizia giovanile di tre grandi artisti spagnoli: il poeta García Lorca, il pittore Salvador Dalì e il regista Louis Buñuel.
Un triangolo che vede i primi due soffrire per un amore omosessuale represso dalle convenzioni sociali, dall'odio razzista di una monarchia asservita al futuro regime e dai terrori irrazionali dello stesso Dalì. Buñuel, escluso dal gioco degli affetti e delle trasfusioni di ispirazione, si proclama omofobo trasferendosi a Parigi. Dalì, in fuga dalle proprie pulsioni, raggiunge il regista nella capitale francese, dove i due producono il capolavoro Un cane andaluso e Lorca, che interpreta il titolo del film come un insulto ai suoi natali, finisce fucilato nel 1936.
Difficile trovare il modo giusto di raccontare una storia così gravida d'arte ed emozione. Morrison, nonostante la bravura dei suoi tre protagonisti (si fa apprezzare l'idolo delle teenager Robert Pattinson ma il più bravo è Javier Beltrán, Lorca fragile e intenso), mezzi e tecnica adeguati, gioca di sobrietà.
Ne esce un film assai godibile, a tratti un po' didascalico, graziato solo raramente da quelle impennate di provocazione esistenziale che avrebbero potuto elevarlo all'altezza dell'argomento trattato. Impossibile, però, non concedergli il merito di aprire uno spiraglio su un momento chiave nella vita di artisti la cui eredità è tutt'oggi vivissima.
Di tutt'altra materia è fatto Luna caliente, delirio erotico-senile del veterano Vincente Aranda (criticato in patria per alcune ambigue affermazioni riguardanti le violenze sessuali): sequenza sconclusionata di stupri, omicidi e politica, ambientata negli anni ‘70, sullo sfondo dei processi sommari perpetrati ai danni dei terroristi baschi dal moribondo regime franchista. Aranda prende le mosse da un romanzo di Mempo Giardinelli privando i suoi personaggi di qualsivoglia credibile motivazione.
Ne risente soprattutto il protagonista Eduard Fernandez, attore di gran caratura del tutto abbandonato a se stesso. È il cinema iberico al suo peggio: aggrappato a sensualità di dubbio gusto, tecnicamente antico, falsamente provocatorio. Per fortuna, il cinema spagnolo contemporaneo può contare su una nuova generazione di autori finalmente liberatisi da queste "calienze" d'antiquariato.

Adamo Dagradi

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