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«Everything Everywhere» Un trionfo agli Oscar 2023

Con ben sette Oscar la notte degli Oscar 2023 è andata a «Everything everywhere all at once». Miglior film, miglior attrice (Michelle Yeoh), migliori registi e migliore sceneggiatura originale (Daniel Kwan e Daniel Schenert), e poi miglior editing, miglior attrice non protagonista (Jamie Lee Curtis) e miglior attore non protagonista (Ke Huy Quan): il film dei Daniels, arrivato alla vigilia degli Academy Awards con undici nomination, ha fatto da asso pigliatutto in una serata senza particolari incidenti e all’insegna della commozione. È stato un trionfo per gli attori asiatici: mai nella storia dell’Academy due di loro avevano vinto nello stesso anno. L’unico potenziale rivale di «Everything Everywhere» era il tedesco «Niente di nuovo sul fronte occidentale», apprezzato da giurati più anziani a cui le vertiginose avventure nel multiverso della lavandaia Evelyn Wang potevano esser sembrate troppo eccentriche: il film pacifista di Edward Berger tratto dal romanzo di Eric Maria Remarque ha ottenuto quattro premi (cinematografia, miglior film internazionale, set e colonna sonora), ma ha perso per l’adattamento cinematografico contro Sarah Polley del potente film femminista «Women talking Il diritto di scegliere». La serata trionfale era cominciata tra le lacrime - quelle di Ke Huy Quan - e finita nell’abbraccio finale con Harrison Ford con cui Ke, fuggito in barca da bambino da Saigon in fiamme e che per un anno aveva vissuto in un campo profughi, aveva recitato in «Indiana Jones» e il «Tempio della Paura», ma poi, una volta cresciuto non aveva finora più trovato una parte. Commossa anche la Curtis che ha dedicato il premio ai genitori, Tony Curtis e Janet Leigh. Michelle Yeoh alla fine ha battuto Cate Blanchett di Tar: «Un faro di speranza», ha definito il film che l’ha rimessa in gioco a 60 anni, «per tutti i bambini e le bambine che mi assomigliano. E a tutte le donne: non lasciate che nessuno vi dica che hai passato i tuoi anni migliori. Le crisi non sono solo momenti di catastrofe: mettono a nudo profonde diseguaglianze preesistenti. Chi vive in povertà, specialmente donne e ragazze, ne portano il peso». L’Academy anche quest’anno aveva negato al presidente ucraino Volodymir Zelensky di inviare qualche parola da Kiev. Il messaggio politico è arrivato quando Navalny, il film di Daniel Roher sul tentativo del Cremlino di avvelenamento di Alexei Navalny, l’arcirivale di Vladimir Putin, ha conquistato una statuetta per il miglior documentario: «Mio marito è in prigione per aver difeso la democrazia. Sogno il giorno in cui sarai libero e sarà libero il nostro paese. Stai forte, ti amo», ha detto sul palco la moglie del dissidente. Delusione per l’Italia: «Le Pupille» di Alice Rohrwacher è stato battuto da «An irish goodbye» nella categoria dei corti live action, e così anche Aldo Signoretti, candidato per le acconciature di Elvis. Brendan Fraser come migliore attore per «The Whale» ha portato a quota otto il numero di Oscar conquistati da film sotto l’ombrello di A24, lo studio di produzione indipendente che prende il nome da una autostrada italiana: un record assoluto. «Ringrazio l’Academy e la produzione A24 e il regista Aronfoski per la possibilità che mi ha dato di salvarmi con The Whale - ha detto -. Avete un cuore da balena, solo le balene riescono ad andare così in profondità. Ho cominciato 30 anni fa a lavorare nel cinema e le cose non sono state sempre facili per me, tornare in superficie non è stato facile ma ci sono persone che me lo hanno permesso come i miei figli, il mio manager, sono molto grato all’Academy». È stata invece una brutta serata per «Gli Spiriti dell’Isola» di Martin McDonagh che all’inizio della stagione dei premi sembrava avviato verso una vittoria a valanga. Due premi sono andati a film che hanno riportato gli spettatori al cinema: «La via dell’acqua» ha vinto per gli effetti speciali e Top Gun Maverick per il sonoro. «Pinocchio» di Guillermo del Toro secondo le previsioni ha preso l’Oscar per il film di animazione. Nonostante la presenza sul palco di superstar come Rihanna («Lift Me Up») reduce dal Super Bowl e Lady Gaga (rientrata a sorpresa a Los Angeles per «Hold My Hand» durante le riprese del suo nuovo film), l’Oscar per la miglior canzone è andato a Naatu Naatu dal film indiano «RRR». Grande assente Will Smith, vincitore dell’ultimo Oscar come migliore attore per «Una Famiglia Vincente». Senza nominarlo Jimmy Kimmel ha fatto accenno allo Slapgate (lo schiaffo in diretta al comico Chris Rock) che un anno fa ne ha provocato l’esilio decennale dalle cerimonie dell’Academy. La cerimonia si è chiusa senza incidenti, ma con qualche momento increscioso: quando Kimmel ha imbarazzato la premio Nobel per la pace Malala Yousafzai seduta tra gli spettatori o Hugh Grant ha paragonato a uno scroto la sua faccia avvizzita.•.

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