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ECCO L’INDIA DI KAMPANA

Salman Rushdie scrittore di origine indiana naturalizzato britannico
Salman Rushdie scrittore di origine indiana naturalizzato britannico
Salman Rushdie scrittore di origine indiana naturalizzato britannico
Salman Rushdie scrittore di origine indiana naturalizzato britannico

Ha nove anni Pampa Kampana quando la madre lascia la sua mano per gettarsi tra le fiamme, per andare incontro alla morte in un rogo, insieme ad altre donne, dopo che tutti i loro mariti sono morti come soldati in battaglia. Questa bambina distrutta dal dolore vivrà 247 anni e riceverà dalla dea dell’induismo Parvati, la moglie di Shiva, di cui è un’incarnazione, enormi poteri. Un dono che userà per creare una città immaginaria, un regno del fantastico di cui sarà più volte regina, chiamato Bisnaga, letteralmente «la città della vittoria». Un regno nato dal sangue e dal fuoco in cui gli uomini «iniziassero a considerare le donne con occhi nuovi». Nel suo nuovo attesissimo romanzo, «La città della vittoria» (Mondadori, pp. 357, 22 euro), Salman Rushdie torna all’India delle origini (è infatti nato a Bombay 75 anni fa), immagina di ritrovare l’immenso poema narrativo su Bisnaga scritto in sanscrito da Pampa, conservato in un vaso di terracotta sigillato con la cera e seppellito. Una storia in cui ci fa rivivere, in oltre 350 pagine, la straordinaria e lunga vita di questa profetessa nell’India del XIV secolo. Il romanzo è arrivato da pochi giorni nelle librerie italiane e in quelle degli Stati Uniti, pubblicato da noi per Mondadori nella traduzione di Stefano Mogni e Sara Puggioni, a sei mesi dall’agguato durante un evento letterario nei pressi di New York, in cui l’autore de «I versi satanici» e di «Figli della mezzanotte» (Booker Prize nel 1981) è stato gravemente ferito a coltellate. Poetessa cieca, artefice di grandi miracoli, Pampa Kampana passa molto tempo dopo la morte della madre senza dire una parola in una grotta, dimora di un monaco. Il compito che la dea Parvati le ha assegnato è quello di garantire alle donne un potere paritario in un mondo patriarcale e a Bisnaga le donne faranno quello che altrove nel paese veniva considerato inadatto a loro. La Regina Pampa Kampana ha apertamente mariti e amanti come il forestiero portoghese dai capelli fulvi e gli occhi verdi che sarà determinante per trovare il nome della città quando viene creata. Tra i forestieri compare nel libro anche un italiano Niccolò dè Vieri che viene dalla Serenissima, «più affascinante di qualsiasi altra città della terra, la cui vera bellezza e la cui natura più autentica sono invisibili». Pampa ad un certo punto ha anche la responsabilità di sovrintendere al progresso dell’architettura, della poesia, della pittura, della musica e delle questioni sessuali di quel regno scomparso che si estendeva in tutta l’India meridionale. Saga di amore, avventura e mito, ma soprattutto toccante testimonianza sul potere della narrazione «La città della vittoria» viene creata grazie a un sacchetto di semi magici ma ad un certo punto gli esseri umani devono imparare a vincere le proprie battaglie da soli. La regina che nella sua lunga vita avrà tre figlie e poi tre figli, questi ultimi ripudiati, fugge due volte dal regno, vive nella giungla, cade addormentata e viene risvegliata da un gesto d’amore, torna a Bisnaga tra cadute e gloria, fino alla tragica rovina provocata dall’arroganza dei potenti e il commovente finale. La longevità è un dono ma soprattutto una dannazione per Pampa per la quale il tempo scorre lento, è ancora giovane e bella mentre vede invecchiare e morire le persone intorno a lei, tutti quelli che ha amato e che hanno composto le sue famiglie. «Le parole sono le uniche vincitrici» come dice nel suo poema. Composta da quattro parti: Nascita, Esilio, Gloria e Caduta, la saga tra battaglie vinte e perse, governanti, donne guerriere, tesse una trama del tempo e del destino che è nello stesso tempo fuori e dentro la realtà, in cui la personalità dei luoghi e delle persone è intessuta sui ricordi e in cui spesso quello che è accaduto sembra non essere mai esistito se non nei sogni. E dove il trionfo e il fallimento alla fine si incontrano. «Ho sempre creduto che una donna potesse mettere radici in se stessa», dice Pampa Kampana nel romanzo, il tredicesimo di Rushdie, ancora convalescente per l’attacco del 12 agosto 2022, arrivato 33 anni dopo la fatwa lanciata dall’ayatollah Khomeini per «I versetti satanici», per cui non sono previste presentazioni del libro.•.

Mauretta Capuano

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