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Mostra al Palazzo della Ragione

Dante incontra Shakespeare, il mito di Verona in cento opere, con tre disegni di Botticelli

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La mostra alla Galleria d'arte moderna «Tra Dante e Shakespeare, il mito di Verona»
La mostra alla Galleria d'arte moderna «Tra Dante e Shakespeare, il mito di Verona»
La mostra alla Galleria d'arte moderna «Tra Dante e Shakespeare, il mito di Verona»
La mostra alla Galleria d'arte moderna «Tra Dante e Shakespeare, il mito di Verona»

Cos’hanno in comune Dante e Shakespeare vissuti a distanza di tre secoli? Verona, la città in cui l’uno è stato ospite per anni in esilio e l’altro ha solo immaginato, collocandola come sfondo della sua forse più famosa tragedia, «Romeo e Giulietta». Lo testimonia la mostra in corso al Palazzo della Ragione intitolata chiaramente «Tra Dante e Shakespeare. Il mito di Verona»; una mostra colta, che non schiera capolavori celebri e “attira folle” (a parte i tre disegni di Botticelli) ma un centinaio di opere che vanno accostate con consapevolezza, con interesse, con curiosità, con attenzione, e che ricompensano il visitatore con emozioni non consuete, non eclatanti, ma durature, talvolta inattese.

Sono dipinti, sculture, opere su carta, tessuti e testimonianze materiali dell’epoca scaligera, codici manoscritti, incunaboli e volumi a stampa in originale e in formato digitale provenienti dalle collezioni civiche, dalle biblioteche cittadine, da biblioteche e musei italiani ed esteri. L’esposizione, curata da Francesca Rossi, Tiziana Franco e Fausta Piccoli, si estende per un arco cronologico compreso tra Trecento e Ottocento e si articola in sei sezioni che sviluppano nuclei tematici tra loro connessi e bene spiegati nelle esaurienti didascalie.

Il percorso espositivo si apre illustrando la cultura artistica veronese nello snodo della rivoluzione figurativa giottesca, che Dante vide in presa diretta (sezione 1), e racconta il vincolo che unì il Poeta agli Scaligeri, in particolare a Cangrande della Scala (sezione 2). Una qualificata scelta di testi illustrati della Commedia, manoscritti e a stampa, dal XIV al XVIII secolo, testimonia la fortuna veronese e veneta del Poema attraverso i secoli (sezione 3). La mostra si concentra poi sul revival ottocentesco di un medioevo ideale tra Verona e il Veneto, di cui la riscoperta di Dante e della Commedia costituisce uno dei momenti fondanti (sezione 4). In questo contesto acquistano vitalità autonoma i personaggi della Commedia, che in mostra sono rappresentati da Beatrice, il conte Ugolino, Gaddo e dalla figure di Pia de’ Tolomei e Paolo e Francesca, con le loro tragiche vicende amorose (sezione 5).

Ciò consente di introdurre il mito di Giulietta e Romeo (sezione 6), nato dalla penna di Luigi da Porto e reso celebre da Shakespeare: esso risulta imprescindibile per cogliere il costituirsi dell’identità della Verona ottocentesca. Nella prima sezione spiccano una tempera del Maestro del Redentore, che lavorò a lungo a Verona; due sculture, una del Maestro di Santa Anastasia, l’altra del Maestro del San Zen che ride; due pitture murali del Maestro del Coro Scrovegni, che offrono del giottismo un’interpretazione originale e intensamente espressiva. Quanto al rapporto tra Dante e Cangrande, la fortuna iconografica dell’”amicizia” e dell’ammirazione che il Poeta nutrì per lo Scaligero è illustrata anche da una selezione di incisioni, pitture e sculture, databili tra Settecento e primo Novecento.

La sezione 3 presenta una scelta di bellissimi codici miniati che furono realizzati in ambito veneto tra il XIV e l’inizio del XV secolo; tra essi il Ms, 334 del 1431 della Biblioteca Diocesana del Seminario di Verona, riscoperto in occasione delle ricerche svolte per la mostra. Una selezione di incunaboli e cinquecentine illustrati introduce alle prime versioni a stampa della Commedia, mentre, per il Settecento, una Commedia della Biblioteca Capitolare attesta la continuità d’interesse suscitata dal Poema nella città scaligera. Fu all’alba dell’Ottocento che il mito di Dante esplose in tutt’Europa, dando l’avvio a una sconfinata produzione di opere letterarie e artistiche. Ma l’attenzione che Verona rese al Poeta nel corso dell’Ottocento, al di là della fama del monumento di Ugo Zannoni in piazza dei Signori (qui esposto il bozzetto) e dei nomi degli scultori cimentatisi con l’effigie di Dante e con l’iconografia del Poema, assunse anche intenzioni e declinazioni di segno diverso. Lo si coglie, da un lato, nel tono accostante e gustoso delle miniature e dei disegni di Pietro Nanin; dall’altro, nel lirismo dei sei acquerelli di Viscardo Carton con scene dell’Inferno, scoperti in occasione della mostra ed esposti per la prima volta. La traduzione visiva della terzina con cui Beatrice mostra a Dante il cammino verso le altre sfere celesti che li attende è magistralmente delineata nel disegno di Sandro Botticelli per Paradiso II, che apre la sezione 5 e costituisce il cuore del percorso di mostra.

Protagonista dei tre disegni botticelliani, eccezionalmente prestati alla città di Verona per la ricorrenza delle celebrazioni dantesche, è la figura di Beatrice: intorno a lei la sezione si allarga fino ad abbracciare il tema del femminile e dei personaggi della Commedia nell’interpretazione degli artisti ottocenteschi attivi all’epoca del Risorgimento. Il primo tema è introdotto dalla celebre Meditazione di Francesco Hayez, vertice del Romanticismo italiano, e dal gesso di Ugo Zannoni, qui presentato per la prima volta, in cui Beatrice si trasforma in un’immagine di luminosa bellezza. Il secondo si enuclea intorno ad alcune grandi figure tragiche dell’Inferno e a personaggi dalla trama esistenziale fragile ed emotiva. La storia di Paolo e Francesca, uno dei soggetti più cari all’arte dell’Ottocento, è rappresentata nelle tele leziose di Giuseppe Luigi Poli e Giuseppe Frascheri. Ma è Gaetano Previati che, affrontando per la prima volta il tema nel 1887, ne offre una interpretazione per molti aspetti inedita e sorprendente, potente e drammatica, una “acre autopsia” di un mito romantico, come è stata acutamente definita. La scena ha poco da spartire con le precedenti raffigurazioni dell’episodio: il momento prescelto non è quello in cui Gianciotto sorprende i due amanti ma quello più drammatico, in cui la tragedia si è già compiuta e sulla scena vediamo soltanto i cadaveri di Paolo e Francesca trafitti dalla spada, mentre il loro assassino si è dileguato. La sesta ed ultima sezione è dedicata a Shakespeare e il mito di Romeo e Giulietta a Verona e in Italia. Corposo catalogo da consigliare.

Lorenzo Reggiani

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